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Piccolo Teatro: Chi ha paura di Virginia Woolf?

Antonio Latella torna al Piccolo con Chi ha paura di Virgina Woolf? 

Antonio Latella torna dirige un cast straordinario nel capolavoro di Edward Albee.
«Non posso non partire dal titolo per affrontare questo testo: per sostituire il lupo della canzoncina “Who’s Afraid of the big bad Wolf?” Albee scomoda Virginia Woolf, una combattente per l’emancipazione femminile, una donna che insegnò alle donne ad uccidere le loro madri, o meglio un’idea di madre, “l’angelo del focolare”. Credo che tanto di tutto questo si trovi nel testo, la Woolf è presente nei due protagonisti che fanno da specchio alla giovane coppia scelta come sacrificio di questo violentissimo e disperato amore, questo: “jeu de massacre”». 

Un testo realistico, potente e visionario, in cui le risate vertiginose divorano e fagocitano i protagonisti. Albee, svelando i meccanismi di un linguaggio ormai vuoto di significato, quasi paradossalmente mostra anche come esso possa trasformarsi in un’arma efferata per attaccare e ridurre a brandelli l’involucro in cui ciascuno di noi nasconde la propria personalità e le proprie debolezze.

Antonio Latella sceglie un «un cast non ovvio, non scontato, un cast che possa spiazzare e aggiungere potenza a quella che spesso viene sintetizzata come una notturna storia di sesso ed alcool. Un cast che avesse già nei corpi degli attori un tradimento all’immaginario, un atto-attore contro il fattore molesto della civiltà, che Albee ha ben conosciuto, come ci sottolinea nella scelta del titolo. Chi ha paura di Virginia Woolf? Se c’è qualcuno alzi la mano».

 

Chi ha paura di Virginia Woolf?
Teatro Strehler dal 15 al 27 marzo

 

 

 

 

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L'orchestra di Padova al teatro dal verme

L’ORCHESTRA DI PADOVA E DEL VENETO OSPITE DELLA 77A STAGIONE DEI POMERIGGI MUSICALI AL TEATRO DAL VERME NEL GIORNO DELLA MEMORIA

Sul podio Yaniv Dinur impegnato in pagine di Mendelssohn, Saint-Saëns con la violoncellista Natalie Clein e Schubert

Teatro Dal Verme

giovedì 27 gennaio ore 20.00

Ci saranno l’Orchestra di Padova e del Veneto – diretta da Yaniv Dinur – e la violoncellista Natalie Clein, sul palcoscenico del Teatro Dal Verme giovedì 27 gennaio (ore 20), per l’unico concerto previsto questa settimana nel cartellone della 77a Stagione dei Pomeriggi Musicali intitolata “Racconti senza parole: la musica tra mito, letteratura e poesia”.

Come già accaduto nei mesi scorsi, mentre l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali è impegnata nella stagione di Opera Lombardia, il palcoscenico milanese ospita una compagine “sorella”, in questo caso l’Orchestra di Padova e del Veneto.

Nel Giorno della Memoria, per non dimenticare, il programma si apre con la celebre ouverture Die Hebriden (“Le Ebridi”) di Felix Mendelssohn-Bartholdy uno dei più illustri rappresentanti del Romanticismo tedesco che i nazisti rimossero e denigrarono insieme ad altri musicisti più moderni come Gustav Mahler o Arnold Schönberg, Alban Berg, Alexander Zemlinsky, Kurt Weil ecc, colpiti non solo dal pregiudizio raziale ma anche dal sistematico oscurantismo del regime.

Dalle coste scozzesi dipinte musicalmente da Mendelssohn negli anni Trenta dell’Ottocento, il programma presenta il Concerto n. 1 in la minore per violoncello e orchestra op. 33 di Camille Saint-Saëns, la più celebre pagina sinfonica del compositore francese, eseguito per la prima volta a Parigi nel 1873, autore di un catalogo però vastissimo e abilissimo «nell’individuare formule efficaci capaci di soggiogare le platee più vaste. Tale è il gesto violento e rapinoso con cui il solista apre il concerto, che trascorre senza soluzione di continuità dall’appassionato Allegro non troppo all’elegantissimo Allegretto con moto in punta di piedi, al conclusivo “Un peu moins vite”» (Raffaele Mellace).

In chiusura la Sinfonia n. 2 in si bemolle maggiore D 125 di Franz Schubert, pagina scritta a diciotto anni nell’inverno fra il 1814 e il 1825 – mentre Vienna ospitava lo storico Congresso – caratterizzata da uno spiccato dinamismo “giovanile”, quasi una frenesia che non perde mai la tipica compostezza della scrittura schubertiana.

Teatro Dal Verme

giovedì 27 gennaio ore 20.00

Direttore Yaniv Dinur

Violoncello Natalie Clein

Orchestra di Padova e del Veneto

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847)

Die Hebriden (“Le Ebridi”) ouverture

Camille Saint-Saëns (1835-1921) 

Concerto n. 1 in la minore per violoncello e orchestra op. 33 

Allegro non troppo 

Allegretto con moto 

Un peu moins vite 

Franz Schubert (1797--1828) 

Sinfonia n. 2 in si bemolle maggiore D 125

Largo

Andante

Allegri vivace

Presto

Yaniv Dinur direttore  

La personalità del direttore Yaniv Dinur è emersa nel corso di importanti affermazioni in concorsi internazionali per direttori d’orchestra. Nel 2009 ha ottenuto il secondo premio e il premio della giuria al Concorso Internazionale Eduardo Matha a Città del Messico. Nel 2005 aveva ottenuto il primo premio nella prima edizione del Concorso Internazionale per direttori dedicato alla memoria di Yuri Arhonovitch a Tel Aviv. Nell’anno 2011 è stato scelto dall’Associazione delle Orchestre Americane per esibirsi con la Louisiana Philharmonic Orchestra nel corso della rassegna dedicata ai futuri talenti della direzione d’orchestra, intitolata alla memoria di Bruno Walter. Yaniv Dinur ha ricevuto il sostegno della Fondazione Israelo-Americana Zubin Metha per un periodo di studio di tre anni negli USA con i professori Kennet Kiesler e Gerhard Markson, al termine del quale gli è stato conferito il dottorato in direzione d’orchestra dall’Università del Michigan. L’artista ha iniziato l’attività direttoriale all’età di 19 anni, su invito della Israel Camerata Orchestra di Gerusalemme: il più giovane direttore a salire sul podio di un’orchestra dello Stato d’Israele. Da allora l’artista ha diretto la National Symphony Orchestra d’Irlanda, l’Orchestra Sinfonica del Portogallo, l’Orchestra Giovanile Italiana, la New World Symphony Orchestra di Miami, l’Orchestra del Festival di Sofia, l’Orchestra Sinfonica di Stato di San Pietroburgo, la Sinfonietta di Cracovia, la NAC Orchestra di Ottawa, la Jerusalem Symphony Orchestra IBA, la Sinfonietta d’Israele, il Tel Aviv Solists Ensemble e recentemente la Israel Philarmonic, su invito di Zubin Mehta. Nel corso della stagione 2012/13 ha diretto negli USA le orchestre di Tallahassee, la Filarmonica della Louisiana e, in qualità di direttore principale, l’orchestra dell’Università di Washington. La formazione artistica del direttore si è andata consolidando grazie ai periodi di studio e di lavoro con personalità rilevanti del mondo musicale quali Lorin Maazel, Micheal Tilson Thomas, Pinchas Zukerman, Kurt Masur, Jorma Panula e Daniel Barenboim. Nato a Gerusalemme nel 1981, Yaniv Dinur ha ricevuto le prime lezioni di pianoforte dalla zia, Olga Shachar, all’età di 6 anni. Si è diplomato in pianoforte all’Accademia della Musica e della danza di Gerusalemme, ottenendo anche il diploma in direzione d’orchestra con Yevgeny Zirlin e perfezionandosi successivamente con il direttore Mendi Rodan.

Natalie Clein violoncello

Nata nel Regno Unito, si è imposta all'attenzione del mondo musicale internazionale all'età di 16 anni con la vittoria del premio BBC Young Musician of the Year e del Concorso per giovani interpreti Eurovision Competition. Si è perfezionata a Vienna con Heinrich Schiff. La sua attività discografica si è consolidata con l'etichetta Hyperion, con cui lavora regolarmente e per la quale ha inciso recentemente i concerti per violoncello di S.Saens e alcuni lavori di Bloch e Bruch con la BBC Scottish Symphony Orchestra, riscuotendo entusiastici consensi. Collabora con importanti orchestre e direttori a livello internazionale. Entusiasta musicista da camera e recital, ha eseguito recentemente le Suite per violoncello solo di Bach a Londra, Southampton e Oxford e ha curato una serie di 4 concerti per la BBC Radio3. È direttore artistico di un proprio Festival di Musica da Camera a Purbeck. Interpreta molte opere di compositori contemporanei, con cui lavora regolarmente, coinvolgendo anche in progetti interdisciplinari il ballerino Carlos Acosta, la scrittrice Jeanette Winterson e il direttore Deborah Warner. Dal 2015, è stata nominata dall'Università di Oxford Artist in Residence e Director of Musical Performance per un periodo di 4 anni, nel corso dei quali ha sperimentato inediti percorsi didattici. È docente al Royal College of Music di Londra e suona il violoncello 'Simpson' di Guadagnini (1777). 

Orchestra di Padova e del Veneto

Fondata nel 1966, l’Orchestra di Padova e del Veneto realizza circa 120 tra concerti e recite d’opera ogni anno, con una propria Stagione a Padova e concerti in Regione e per le più importanti Società di concerti e Festival in Italia e all’estero. La direzione artistica e musicale è stata affidata a Claudio Scimone, Peter Maag, Bruno Giuranna, Guido Turchi, Mario Brunello, Filippo Juvarra. L’OPV annovera collaborazioni con i nomi più insigni del concertismo internazionale, tra i quali si ricordano M. Argerich, V. Ashkenazy, I. Bostridge, R. Chailly, R. Goebel, P. Herreweghe, S. Isserlis, L. Kavakos, T. Koopman, R. Lupu, M. Maisky, Sir N. Marriner, V. Mullova, O. Mustonen, A.S. Mutter, M. Perahia, I. Perlman, S. Richter, M. Rostropovich, K. Zimerman. Dal 2015 il direttore musicale e artistico è Marco Angius. Su sua ideazione, l’OPV ha ospitato Salvatore Sciarrino come compositore in residenza realizzando il primo ciclo di Lezioni di suono, esperienza che si è poi rinnovata nelle Stagioni successive con Ivan Fedele, Giorgio Battistelli, Nicola Sani e Michele dall’Ongaro. L’Orchestra è protagonista di una nutrita serie di trasmissioni televisive per Rai5 e vanta una vastissima attività discografica che conta più di 60 incisioni per le più importanti etichette. È sostenuta da Ministero della Cultura, Regione del Veneto e Comune di Padova. 

Informazioni e biglietteria

Teatro Dal Verme

via San Giovanni sul Muro, 2 - 20121, Milano

Tel. 02 87 905 – www.ipomeriggi.it

Il servizio informazioni presso il Teatro Dal Verme è aperto dal martedì al sabato dalle 11 alle 19

I biglietti per i concerti della 77a Stagione hanno un costo da 20 a 9 euro.

La biglietteria del Teatro Dal Verme è aperta da martedì a venerdì ore 10:30 – 18:30; sabato ore 10:30 – 14:00

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. / tel 02 87905201

In ottemperanza alle normative vigenti, gli abbonamenti e i biglietti sono nominativi; all’ingresso viene controllato il Super Green Pass ed rilevata la temperatura corporea; è obbligatorio disinfettare le mani, indossare sempre le mascherine e seguire le indicazioni del personale e della segnaletica. In servizio bar è momentaneamente sospeso.

Vendita online www.ticketone.it

Floriana Tessitore

Ufficio stampa I Pomeriggi Musicali

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+ 39 3387339981

 

 

 

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L’importanza della memoria e di chiamarsi Mario.

“ … che noi qui, solennemente si prometta

Che questi morti non sono morti invano

Che questa nazione, guidata da Dio,

Abbia una rinascita di libertà;

E che l’idea di un governo del popolo,

Dal popolo,

Per il popolo non abbia a scomparire nel nulla.”

  1. Lincoln, dal discorso di Gettysburg, 19 novembre 1863

Scusatemi per l’assenza prolungata. Potrei addurre delle scuse: il lavoro, gli impegni, etc.

Non lo farò.

La verità è che, in questo periodo, ho provato, con alterne fortune, a dribblare le questioni di questo periodo. Gli unici motivi di distrazione gradevole dalla vita che tutti noi stiamo vivendo sono stati: le foto del pastore tedesco Maya sulla neve (è la meravigliosa creatura dell’immagine di questo pezzo) di una mia amica ed ex compagna delle scuole superiori e il cofanetto di Paolo Fresu di recentissima uscita.

Su Maya torneremo dopo. Paolo Fresu, per festeggiare le sue sessanta primavere, ci regala uno splendido lavoro tra classica, jazz e rock. Non meramente antologico, contiene due nuovi album e la ristampa dell’imperdibile Heartland (i cultori del jazz conoscono le difficoltà a reperirlo). Il cofanetto contiene anche un omaggio straordinario e partecipato al grande David Bowie. Il dubbio è se si consumeranno prima i cd o le mie orecchie … Ricordo, anche il documentario, interessante (e molto divertente) realizzato dal regista Roberto Minini Merot sul nostro grande jazzista.

Come ho detto, le fortune sono state alterne. Non sono completamente riuscito ad isolarmi dalle riaperture richiuse, dalle varianti del virus che sono molte di più di quelle dell’Autodromo di Monza, da crisi di Governo aperte da complici consapevoli e risolte con il solito uomo della Grande Finanza, del fatto che mentre il virus qui muta e diventa più cattivo, negli USA sembra stia indebolendosi, e, anche, che negli USA il Covid ha fatto più morti di due guerre mondiali e quella del Vietnam … su quest’ultima notizia sono trasalito. Per quanto non ho motivo per credere che l’addizione sia errata, cosa c’entra? Vuole essere una notizia?

In mezzo a questo periodo, ci sono stati due importanti Giorni della Memoria. Non tornerò su quei temi, tuttavia volevo anche io stimolare la memoria di tutti noi.

Cominciamo con le pandemie. Nel biennio 1918/1920 sono morte cinquanta milioni di persone. Se proprio volete fare dei parallelismi, non sforzatevi di fare gli acrobati, fateli mele con mele e pere con pere, come diceva mia nonna. Poi è chiaro che anche una sola vita umana persa è una tragedia, non una statistica.

Sempre a proposito di memoria, visti gli “Osanna” al nostro nuovo Presidente del Consiglio, ricordo i momenti maggiormente significativi vissuti dall’umanità quando la Finanza ha avuto maggior rilievo.

In primis, gli Anni trenta del Novecento (potrei cominciare dallo sterminio dei Templari o prima, ma l’articolo durerebbe come la Treccani), quando il crash della Borsa di New York ha messo in ginocchio l’economia dei Paesi più industrializzati. Ho ricordato il capolavoro di Steinbeck: Furore. Il racconto di come dei sereni e pacifici agricoltori vennero privati del sostentamento dalle banche che gli hanno pignorato le fattorie già provate da una serie di tempeste di sabbia che avevano rovinato i raccolti.

La decisone, dopo il crollo del Muro, che i mercati si sarebbero regolati da sé. Impostazione che ha dato vita ad una globalizzazione del capitalismo che rende a volte sudditi, a volte schiavi i popoli di Africa e Asia (quantomeno alcuni, altri sono diventati protagonisti del grande capitale). Eppure, potenzialmente, il globalismo poteva essere un vantaggio per tutti … Come sappiamo la strada per gli Inferi è lastricata di buone intenzioni.

Più vicina a noi nel tempo, la Grecia. Un Paese ormai completamente sussidiario che ha patito la mancanza di insegnanti nelle scuole, di medici e farmaci negli ospedali, dove si è esercitata una macelleria sociale impegnata e di livello. Cosa perpetrata, non nel silenzio ma con la complicità attiva dell’Unione Europea.

Parliamo del nostro default, quando gran parte del nostro tessuto produttivo e sociale è stato messo alla frusta (parte rilevante non è sopravvissuta) da un governo “tecnico” che aveva lo scopo di salvarci. Anche qui, capeggiato da un uomo della finanza.

Arriviamo ad oggi. Una crisi di governo esogena (chi pensa che sia stata l’iniziativa solitaria del leader di un partitello commette un errore marchiano) e 200 miliardi e rotti da spendere. Si può pensare che i peones che gli italiani hanno democraticamente eletto possano gestirli? No. Allora, a maggior garanzia della finanza mondiale si mette un illustrissimo banchiere. Per carità, non voglio giudicare prima di aver capito cosa farà. Voglio concedere a lui come a tutti gli altri il beneficio del dubbio.

I dubbi, però, sono molteplici. Le svolte, ad esempio.

La svolta green, in particolare. L’ecologista dell’ultima ora dei capitalisti nostrani è estremamente divertente. E’ l’ultima frontiera per fare operazioni di leva finanziaria prima che il sistema che è virtuale e che di reale ha solo la sofferenza di famiglie, imprese e popoli, schianti. Per carità, meglio su quello che sul cemento e le armi … scusatemi, come al solito sbaglio, cemento ed armi procederanno come se non ci fosse un domani, lo stesso.

Altro motivo di sorriso è la definizione del nostro nuovo governo: governo di unità nazionale. Davvero? A me, più che unità sembra accozzaglia, più che forze politiche responsabili mi sembra un’ammucchiata. E, parlando di ammucchiate, temo che godranno tutti tranne che noi.

Ma forse, sono ancora una volta, in errore. Forse, non bisogna essere uomini della grande finanza per salvare l’Italia (e/o il mondo), basta chiamarsi Mario.

Torno a Maya, di cui vi regalo una immagine che rubo a Milena (la mia amica di cui sopra) sperando che se non un piccolo senso di serenità, possa regalavi un momento di riflessione: per essere felici non basta poco?

di Paolo Pelizza

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