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IL RITORNO DEL/I VISIONARIO/I.

IL RITORNO DEL/I VISIONARIO/I.

 

Come sempre devo chiedere scusa della mia ennesima assenza. Questa volta più lunga, forse la più sofferta ma ora sono tornato. A mio parziale discarico, dobbiamo dire che tutto è rimasto uguale a prima. Abbiamo una guerra in Europa che rischia ogni giorno di più di dare vita ad un’escalation terrificante (la guerra lo è già, comunque), abbiamo in Italia un nuovo governo che sta facendo la Finanziaria come l’avrebbe fatta l’opposizione che per anni è stata al governo senza aver preso i voti, il riscaldamento globale preoccupa talmente tanto che siamo pronti a ripartire con il carbone, ci stiamo preparando per un’altra emergenza pandemica nel caso che il rischio di guerra termonucleare globale non basti a farcela fare sotto, in Afghanistan il regime opprime le donne (che strano! Non avevano giurato a Trump che avrebbero fatto i bravi? Vabbè, in Iran pure … mal comune…), stanno riesplodendo le tensioni etniche in Kosovo. Praticamente siamo nel 1991 … Altro che secolo breve il Novecento!

Insomma, niente di nuovo. Oddio, ripartendo due piccole novità le abbiamo. Dopo Ordinary Man, un paio di infezioni, il Parkinson, una frattura e il Covid è tornato il Principe delle Tenebre. Ozzy Osbourne (probabilmente) ispirandosi alle sue vicende sanitarie è uscito con un nuovo album: Patient Number 9. Il Nostro è pieno di coraggio, potrebbe aver pensato qualcuno in attesa del tonfo definitivo. Invece, Ozzy non crolla. L’album è dritto e impreziosito da collaborazioni pregiate. Semmai, si può dire che non sia proprio un album standard per lui. Più pop che hard o heavy, anche se vicino alla produzione più “sinfonica” e teatrale di altri suoi lavori negli anni Ottanta. Il suo produttore è Andrew Watt, un vero e proprio genio della popular music. Vero è che le chitarre ci sono e che chitarre. Le collaborazioni sarebbero incredibili se non fossero vere. Andiamo dall’ex socio storico Toni Iommi, a Jeff Beck, a Eric Clapton, a Zakk Wilde. Tutto certificato! Ma per suonare con l’Autentico Principe delle Tenebre c’è discreta fila. Così si alternano Duff McKagan, Robert Trujillo, Chad Smith, Josh Homme, Chris Chaney ed altri che probabilmente sto dimenticando. Non dimentico però che a battere sulle pelli c’è il compianto Taylor Hawkins. Qualcuno mi ha suggerito che dei roboanti chitarroni non bastino a fare un disco rock. Ha qualche ragione. Tuttavia, Ozzy è Ozzy. Non devi perdonarlo. E’ imperdonabile. Sembra morto? Finito? Eccolo sul palco dei Birmingham Games con Iommi al suo fianco a suonare Paranoid. Mister Osbourne è immortale perché è immortale la Storia che lui incarna. Spero che i “demoni” che lo proteggono, lo aiutino ad esaudire il suo ultimo (in termini cronologici, intendiamoci) desiderio: uscire di casa per un tour mondiale e non tornare mai più. A proposito di Visionari ….

Sempre a proposito di Visionari con la V maiuscola, qualche tempo fa, la nostra amica Graziella Ventrone di Rock My Life, mi manda una cartella stampa. Mi devo scusare con lei per averci messo così tanto. Mi chiede di leggere e ascoltare un album. Si tratta dell’ultimo lavoro da solista di Lester Greenowski. Il disco è un concept ispirato dalla filmografia del maestro del brivido John Carpenter. Carpenter’s Cult consta di tredici brani ispirati ad altrettanti capolavori del cineasta. L’album è uscito il 9 dicembre scorso per Rocketman Records. Il gruppo è così composto: Matteo Bassoli dei Me And That Man al basso, chitarre e synth, Davide Furlani alle batterie, SJ Aschieris ex Bad Bones alle chitarre. Greenowski oltre ad essere autore di musiche e testi, si adopera al basso, ai synth, al piano ed ovviamente alla voce. I tredici brani hanno tessiture sonore e songwriting abbastanza eterogenei. C’è una forte radice comune però: il punk rock dei club di New York dove Ramones, Heartbreakers, Dictators e New York Dolls hanno sfrattato gli hippies. Molte le escursioni e le ibridazioni con altri generi come goth, hard e heavy. Lester ha uno straordinario talento a evocare le pellicole di Carpenter mettendole in musica (quella che io ho trovato più interessante è Christine ed è uno dei film del regista che mi sono piaciuti meno). Complimenti a Greenowski che troverà spazio nella mia libreria e a Graziella per aver intercettato questo lavoro davvero suggestivo. Se lo ascoltaste, conoscendo la filmografia di Cerpenter farete sicuramente un’esperienza che non voglio spoilerare! Credetemi.

Ne approfitto per farvi i miei migliori auguri, sperando che l’anno prossimo si possa mettere la parola fine alle emergenze liberticide esogene, alle violenze e quel maledetto secolo scorso che non vuole finire mai.

di Paolo Pelizza

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