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Gli ascolti di maggio 2022. articolo di Roberto Bonfanti

 

Siamo creature strane, noi esseri umani. Celebriamo a parole la libertà ma la gran parte di noi, con la solita ansia di stare sempre sul carro della maggioranza, sembra andare in visibilio quando si trova di fronte a una presunta guida che gli ordina cosa pensare, chi considerare buoni o cattivi e persino a quale temperatura regolare il termostato del proprio appartamento. Chissà se prima o poi qualcuno pretenderà di imporci anche quale musica ascoltare. Aspettando di scoprirlo, in questo maggio dall’atmosfera sospesa, con qualche giorno di ritardo rispetto alle abitudini recenti, torniamo a parlare di musica.

Se c’è, in tutto il panorama musicale italiano, un artista a cui è impossibile non volere bene, questo è sicuramente Alessandro Fiori. La sua genuinità, la sua grande sensibilità e la sua visione del mondo estremamente limpida e poetica sono elementi che conquistano da sempre e il suo nuovo album intitolato “Mi sono perso nel bosco” è una bellissima conferma di ciò che già sapevamo di lui, per di più trasportato in un mondo musicale più compiuto e accessibile rispetto al passato. Un disco delicatissimo e poetico fra canzone d’autore tradizionale, pop e psichedelia.

È un progetto ambizioso, “Xenoverso” di Rancore: uno concept album che prova a portare il rap su un piano totalmente diverso rispetto a quanto va per la maggiore in questi anni lanciandosi in una narrazione distopica ricca di riferimenti filosofici. Un disco in cui le parole hanno più che mai un ruolo cruciale, sia nei contenuti che nella scansione ritmica, ma ancora di più una sorta di romanzo rap che prova a portare l’ascoltatore in un futuro fantascientifico in cui anche i concetti di tempo e spazio sembrano essere superati ma in cui l’essere umano continua ad affrontare i dilemmi di sempre.

Una dote che non si può non riconoscere a Giovane Giovane è quella di avere un ottimo gusto melodico. “I figli degli altri”, seconda prova discografica dell’artista toscano, è un insieme di canzoni pulite, intime e spontanee, venate spesso da una piacevole malinconia, che scorrono su tappeti sonori limpidi che sanno dosare minimalismo e orchestrazioni sintetiche delle atmosfere oniriche. Un disco sentimentale, malinconico e ben scritto che sa giocare in modo intelligente con l’it-pop contemporaneo.

Qualcuno ricorderà i Caravane De Ville, il progetto musicale fondato da Giovanni Rubbiani dopo la sua uscita dai Modena City Ramblers. Dopo quasi diciotto anni di silenzio, la band torna sulle scene con un nuovo album intitolato “Dietro la porta” che riprende in tutto e per tutto lo spirito delle origini del gruppo impastando blues, folk, rock e impegno sociale. Undici canzoni dirette, graffianti e sporche al punto giusto che riallacciano con inaspettata continuità il discorso interrotto troppi anni fa.

Pescare a piene mani dalla tradizione e dalle proprie radici senza però restare ancorati agli schemi del passato: sembra questo l’intento portato avanti da Beatrice Campisi con il suo “Ombre”. Otto canzoni dalle atmosfere scure ed evocative che, alternando italiano e dialetto siciliano, si addentrano nei territori folk d’autore più crepuscolari colorando il tutto con sonorità dallo spirito rock moderno. Un lavoro suadente e piacevolmente fuori da ogni moda.

Ama raccontare la sua visione del mondo in modo apparentemente disimpegnato ma in realtà estremamente lucido, il toscano Ance. “Ergonomia domestica”, nuovo album del cantautore, è un lavoro irriverente, fresco e ironico che, attraverso dieci canzoni immediatissime dall’indole giocosa e dall’anima intelligente, riesce a lanciare stoccate ben assestate al tempo presente (che, per citare lo stesso artista, “assomiglia a un fanta-thriller di serie b” ) e alle piccole o grandi manie di noi esseri umani moderni.

Roberto Bonfanti
[scrittore e artista]

www.robertobonfanti.com

blog www.rocktargatoitalia.eu

 

 

 

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IL TEOREMA DELL’IDIOTA.

IL TEOREMA DELL’IDIOTA.

E’ evidente che non capisco… Non riesco a staccarmi da temi che mi sono cari e che sono, perdonate la presunzione, universali.

Continuo a pensare (ingenuità mia!) che si debba tornare a una maggiore consapevolezza e partecipazione da parte degli artisti ai tempi dell’oggi. Sono con Damon Albarn a dire che (nella musica) si deve smettere con la selfie music.

E’ questo il punto. Non è che il rock ha smesso di parlare con le nuove generazioni. Non sarebbe possibile eludere i concetti e i temi che esprime: libertà, giustizia sociale (e rabbia per l’assenza di questa), autenticità e amore universale. Oggi, il mondo digitale e chi lo gestisce (e gestisce il mercato della cultura e dell’intrattenimento tra tutti gli altri) sono luoghi dove tutto si genera sulla base di quello che viene proposto come “popolare” o “per tutti” ma che è, in realtà,  una direzione più individualista, meno solidale, più gretta e più egoista. Se volete commerciale, in senso deteriore.

Chi pensi che sia giusto suonare la campana a morto per quel genere musicale, per quella cultura, dovrebbe fare i conti, intanto, con il presente e con quello che è stato ottenuto da quei movimenti e (anche, ma è più giusto dire soprattutto!) dalla loro musica. Se possono proteggersi di quella coperta di pochi e strapazzati diritti civili, di poche calpestate libertà, di un minimo di tutele sociali disattese lo devono a quei musicisti che hanno ispirato e sono stati ispirati da quei movimenti.

Semmai, sono i sedicenti artisti di oggi che parlano del loro ano, sostenuti dal marketing di queste multinazionali che hanno il solo scopo di trasformarci in merce da rivendere (molto scontata) e lo fanno anche senza competenza, senza grazia e senza arte.

E’ utile sentire parlare di amori non corrisposti a cazzo, quando tra Armenia e Azerbaigian è di fatto cominciata una guerra? E’ importante parlare di canne e scopate, quando la Turchia minaccia la Grecia? E’ fondamentale parlare del proprio taglio di capelli mentre in USA è di fatto latente una nuova guerra civile? Cantare di divertimenti negati dentro all’incubo della ripartenza della pandemia?

Abbiamo incontrato il Re degli Elfi in mezzo alla nostra disperazione e ci siamo arresi. Peggio, ci siamo consegnati a lui e l’abbiamo pure ringraziato per quanto ci ha portato via.

Il rock che non parla alla nuove generazioni è una boiata esogena, una narrazione scorretta.

Ma il teorema dell’idiota funziona: più si instupidisce la gente, più la si domina. Più si indebolisce la politica, più si perde sovranità, più ci si consegna ai poteri forti delle multinazionali del digitale e della finanza.

Non è il rock che è morto, è la nostra anima.

E trattasi di omicidio volontario.

di Paolo Pelizza

© 2020 Rock targato Italia

blog rocktargatoitalia.it

 

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MARCINELLE

COMUNICATO STAMPA

MARCINELLE 

il nuovo singolo di 

DARIO ARRABITO

dal 16 settembre 

in radio e nei webstore  

Il singolo è pubblicato dall’etichetta: Clou Edizioni  

Ancora una volta DARIO ARRABITO non delude: il cantautore toscano tira fuori dal cilindro “MARCINELLE”, il nuovo singolo contenuto nell’album “SPAZIO ALLE EMOZIONI”. Nel brano la voce dell’artista si sposa in modo eccezionale con la scioltezza della sua chitarra per creare un’atmosfera magica, una dimensione delicata ed eterea che accarezza l’ascoltatore. 

Con Marcinelle l’artista ripercorre, tramite la lettera di un padre al figlio, il tragico episodio del disastro di Marcinelle, in Belgio. L’8 agosto 1956 un incendio scoppiato nella miniera di carbone della cittadina belga provocò la morte di 262 lavoratori, in maggioranza immigrati italiani.  

Nello scenario grigio e cupo pennellato con maestria da Dario Arrabito, il protagonista trova comunque la forza di dare un ultimo saluto al figlio e gli ricorda che, ogni volta che lo vorrà, potrà guardare il cielo per rivedere il padre.  

“Una scintilla e il tempo qui/ in un istante si è fermato/ non ti vedrò più crescere/ ma non scordarti quanto ti ho amato” 

Tra i versi sembra quasi di sentire l’aria minerale e affannosa di Marcinelle, quell’aria che separa un padre dal figlio. La speranza che traspare nel testo fa da contraltare al senso di abbandono e alla malinconia dell’episodio. 

Dario Arrabito cerca di mantenere viva la memoria di quel giorno e lo fa anche nel videoclip di Marcinelle, dove, tra filmati d’archivio e ritagli di giornale, il cantante non smette mai di accompagnare il ricordo con la sua chitarra.  

“...c'è odore di fuoco quaggiù... [...] ...ed io che non ti vedrò più...” 

 

BIOGRAFIA 

Dario Arrabito nasce a Poggibonsi (SI) il 01/01/1989. 

Già a 12 anni comincia a conoscere il mondo della musica e ad appassionarsi intensamente a chitarra e canto. Predilige da subito il cantautorato italiano. 

A livello artistico, fonda i CORPO ESTRANEO, una cover band dei Nomadi, della quale è frontman e chitarrista. 

Entra inoltre a far parte dei WINGS FOR WHEELS (cover band di Bruce Springsteen) come tastierista e chitarrista. 

Dal 2014 comincia a scrivere e comporre brani propri, che farà conoscere nelle sue serate eseguite in acustico (voce e chitarra). 

Nelle sue canzoni, vengono affrontati temi che spaziano dall'amore al sociale, affrontando anche, in qualche caso, temi storici. 

Nel 2016 partecipa al PREMIO SPAZIO D'AUTORE a Livorno, dove presenta il suo brano UNA FOTTUTA BUGIA, composizione che tratta il tema dell'amicizia che può trasformarsi in amore. 

Il 6 Marzo 2020 pubblica il suo primo album SPAZIO ALLE EMOZIONI (Edizioni CLOU). 

L'album è composto da 11 brani inediti, arricchiti anche dalla presenza di una cover (THE HOUSE OF THE RISING SUN) eseguita dall'interprete e amica GIULIA CONTI. 

Il progetto artistico di Dario Arrabito vede come obiettivo principale la riscoperta del cantautorato, con metriche e rime che richiamano artisti degli anni passati, talvolta non molto conosciuti. Portare sulla scena testi dalle parole semplici, ma con significati plurimi ed intensi, nei quali le persone possano in un caso o in un altro rispecchiarsi e quindi sentirsi parte di essi. 

 

Facebook https://www.facebook.com/darioarrabitocantautore 
YouTubehttps://www.youtube.com/channel/UC3L225fuQXSfH2Tb4OaEaXA 
Spotifyhttps://open.spotify.com/artist/3WTDy1WpCmSf4iMo3ewrOC 

 

PIETRO BENEDETTI – FRANCESCO RATTI 

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