Menu

LA FINE DEL REGNO. IL NOSTRO.

Elisabetta II ci ha lasciato. La prima cosa che ci viene in mente è che questo è il momento del cordoglio, della vicinanza con la sua famiglia e i suoi amici. Poi ci viene in mente che siamo sempre stati abbastanza tiepidi con i nobili, le teste coronate, i loro amori, i loro figli, i pettegolezzi e tutto il circo che viene generato da tabloid e riviste di gossip e dagli idioti che seguono queste cose. Tuttavia, non possiamo dimenticare che da quando siamo nati Betty è sempre stata con noi. Abbiamo perso papi, sovrani (altri), capi di stato, tiranni, celebrità, talenti ma lei ci è sempre sembrata solida e invulnerabile.

Elisabetta c’è sempre stata, dicevo. E’ passata attraverso due secoli e due millenni. Ha visto guerre, miserie e scandali. Ha visto dissolversi l’Impero e assurgere al ruolo di grande potenza l’America, sua ex colonia. Li ha visti provare a governare il mondo in modo molto più maldestro di quanto avevano fatto i Britannici. Li ha visti giocare come bambini al Grande Gioco, gonfiandosi il petto come gli orango ma senza quel distacco, quel pragmatismo. Ha visto il suo Paese diventare alleato degli U.S.A., il primo e più fedele alleato. Ha visto la Partizione tra India e Pakistan che dopo la fine del colonialismo inglese, ha condannato i due paesi a guerra e odio  permanenti. Ha dovuto subire la freddezza dei francesi quando il Regno Unito (nel 1956) aveva dovuto incassare il veto che gli impediva di entrare nell’allora Comunità Economica Europea, nonostante il debito impagabile che questi avevano con gli inglesi per il loro sacrificio in guerra. Ha visto poi il suo popolo decidere di sfilarsi dall’Unione Europea, che non l’ha presa bene. Chi la fa, l’aspetti, no? Ha regnato sul popolo che ha inventato la finanza e che ha la piazza finanziaria più importante del mondo. Lilibeth ha sempre saputo che la democrazia, i parlamenti di cui tanto si gloriano altri, sono un’invenzione britannica e che, la monarchia li ha prima permessi e poi sostenuti. Considerati i diritti di cui godono i sudditi della Corona, c’è da chiedersi se non si sia più sudditi noi che dovremmo essere tecnicamente cittadini.

Ha visto accadere la più grande tragedia nella storia dell’umanità. Ha visto il suo popolo sacrificarsi e resistere per rivendicare il proprio diritto a esistere e, anche, per salvare l’Europa. Li ha visti cadere e rialzarsi. Ha visto dissolversi l’Impero e lo status di grande potenza, eppure ricostruire la nazione e un nuovo modo di vivere. Ha visto la leggerezza della Swinging London. Ha visto tre donne assurgere alla più alta carica dello Stato.

Elisabetta ha vissuto i primi fenomeni della musica popular. La grande isola senza musica diventa la più grande fucina di fenomeni, sperimentazione e artisti. Negli anni Settanta è il posto dove nascono le tendenze che ancora condizionano l’unica arte universale. Elisabetta ha visto ritirare da parte di beceri ben pensanti Never Mind The Bollocks dai negozi di dischi e poi l’ha visto tornarci per via di una sentenza di un giudice che, pur disprezzando i Sex Pistols, rivendicava il loro diritto ad esprimersi. Li ha anche sentiti suonare da una chiatta sul Tamigi mentre festeggiava il suo Giubileo e loro provocatoriamente eseguivano il loro personale inno “God Save the Queen”. Elisabetta ha cominciato ad assegnare onorificenze e parie agli artisti del Regno Unito. Ha anche chiesto a Clapton da quanto tempo suonasse la chitarra, non avendo idea di chi fosse.

Qualcuno ha detto che con lei finisce il Novecento. Io non credo. Credo che il Novecento stia proseguendo. Ancora (in Italia ne abbiamo un grande esempio: in questa campagna elettorale, nessuno contrasta gli avversari spiegando come cercherà di mitigare gli effetti della tempesta finanziaria/energetica che si prepara ma lo fa discutendo di quanto questi siano comunisti o fascisti con grande soddisfazione  di quelli che stanno affilando i coltelli pronti a fare un’altra bella operazione di macelleria sociale e, con noi, nella parte dei bovini) imperano le grandi vecchie chimere ideologiche, ancora ci si ammazza su logiche geopolitiche risalenti al XIX Secolo e, infine, ancora non abbiamo capito che per salvarci dobbiamo fare una pausa. Quello che nel Novecento è successo continua a succedere. Tutto quello che nel Novecento è stato pensato, lo pensiamo ancora o, quantomeno, fa parte di categorie che vengono percepite come attuali anche se chiaramente inutili.

Elizabeth II è stato un personaggio centrale della nostra storia. Non c’è alcun dubbio. Ma la storia continuerà a succedere finché non ci impegneremo tutti insieme per il progresso quello vero. Quello sociale, umano e artistico. Quello che attiene a rivoluzionare radicalmente il mondo: basta con l’obsolescenza programmata dei prodotti e dell’usa e getta, basta con questa orgia tecnologica, basta con la logica che dobbiamo vivere mille anni e performare per far prosperare le case farmaceutiche e per essere produttivi come bestiame, basta con le logiche da giocatori stupidi di Risiko di governanti che dovrebbero farsi curare e non governare i popoli, basta con gli affari con chi ha le mani lorde del sangue della gente (spesso la sua gente) e basta con questo modello di sviluppo non sostenibile, non più a nessun livello.

Riposa in pace, Betty. Noi staremo qui ancora un po’ ricordando una bella frase di Neil Campbell: “… Presente e Futuro non esistono. Esiste solo un Passato che continua ad accadere.”

Di Paolo Pelizza

© 2022 Rock targato Italia

blog www.rocktargatoitalia.eu

 

Leggi tutto...

Città di suono: per un incontro tra architettura e paesaggio sonoro

Image

Martino Mocchi

CITTÀ DI SUONO
Per un incontro tra architettura e paesaggio sonoro

 Image

Un uomo, una sera, vede una persona nei pressi dell’unico lampione della zona. «Cosa state cercando?» chiede. «Ho perso le chiavi». «Le sono cadute qui?». «No, ma questo è l’unico posto dove le posso cercare. Perché solo qui, nel caso, le potrei vedere». L’obiettivo del libro è quello di “accendere una luce”. Per illuminare un terreno che forse da troppo tempo si trova in ombra, e che separa l’affascinante ambito degli studi sul paesaggio sonoro da quello del progetto dell’architettura. Un “lampione” che possa permettere in primis all’architettura di dotarsi di nuovi strumenti per avviare delle forme di progettazione multisensoriale dei luoghi. E al contempo agli studi sul paesaggio sonoro di radicarsi a un solido sfondo, per favorire un effettivo cambiamento dei contesti reali. La contingenza storica per proporre tale riflessione è quantomai matura, vista la prossima imminente trasformazione del paesaggio sonoro urbano, dovuta all’introduzione delle auto elettriche, al diffondersi di nuove tecnologie sostenibili e silenziose, e al contempo di strumenti di riproduzione sempre più rumorosi e portatili. E vista l’ormai inarrestabile evoluzione del percorso del progetto di architettura, che sta determinando un ampliamento delle responsabilità, delle figure e degli ambiti disciplinari coinvolti.

Prendere posizione nel mondo significa mettersi in luce, esprimere dei punti di vista, introdurre delle visioni. Dentro a questo pregiudizio linguistico e percettivo, che fin dai tempi di Aristotele ha premiato la vista rispetto alle altre sensazioni, è andata affermandosi una differente modalità di interpretazione dei luoghi, a partire dai cosiddetti “sensi minori”. All’interno delle nostre città tradizionalmente visive, fatte di palazzi, luci, colori, si nascondono altrettante città popolate da suoni, sapori, odori, che influenzano profondamente la percezione dei luoghi, portando alla luce simbologie intime e complesse. Una dimensione svelata proprio dai recenti lockdown, che hanno fatto emergere elementi percettivi normalmente soffocati dal brusio quotidiano, risvegliando un’attenzione assopita. Conoscere questi riferimenti rappresenta un imperativo per coloro che praticano il progetto dell’architettura, nella prospettiva di realizzare in modo più consapevole ambienti adatti e sicuri per la nostra vita. “Città di suono” propone una lettura di questo tema, in una prospettiva multidisciplinare ricca di suggestioni.

Image

 

Blog: Rocktargatoitalia.eu

Di: Nadia Mistri

 

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Contatti

ROCK TARGATO ITALIA
c/o Divinazione Milano Srl
Via Palladio 16 20135 Milano
tel. 02.58310655
info(at)rocktargatoitalia.it

Log In or Sign Up

Password dimenticata? / Nome utente dimenticato?