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Alex Britti nella veste “one man show”: chitarra, voce e piede. (5/12/22)

Durante lo spettacolo organizzato da OTR Live sentiamo a tratti l'artista parlare: la sua voce si propone in chiave narrante, presentando qualche brano, aprendo lei stessa la serata con un breve monologo sul curioso rapporto tra l'uomo e l'immaginazione, la fantasia… i sentimenti che portano via la mente.
Giocando su una dolce Gibson Britti attacca a suonare e sin dai primi minuti instaura un dialogo tra l’acustica e il pubblico familiare, espresso bene dalla location che ha scelto per il tour: uno scorcio di salotto composto da un divano (dove siede), un tavolino con un paio di bicchieri e qualche lampada attorno dai colori caldi. Sulla scia di Mojo, ultima pubblicazione, la sua prima strumentale, Alex si racconta da solo, suonando funambolicamente lo strumento, trasmettendo la sua profondità e intensità. Bluesman dal talento fino, dolce e raffinato, preciso nelle sfrontatezze, originale nell’alternare gli arpeggi alle accelerate con il plettro.
Nella prima metà di show rimane di poche parole, lascia pieno palco alla musica: avvolgente, semplice, tutta performata da lui.

Al primo switch di chitarra imbraccia la resofonica ("dobro"), celebre presenza nella copertina di Brothers in Arms dei Dire Straits, eseguendo con lei un paio di brani, spingendo vigorosamente il suo robusto suono.
Tornato alla Gibson introduce il brano Jazz, una dedica d’amore al genere musicale cappello di un’altissima percentuale di tutta quanta la musica: chi suona primo o poi ci sbatte contro la testa. Insegna a improvvisare, allarga le idee, guida allo studio del suono; allo stesso tempo, però, isola dalla contemporaneità e ci porta su una nuvoletta, estraniandoci dalle innovazioni della musica contemporanea. Dunque lontano, ma fondamentale. Britti gioca a parlare di questo genere con simpatia, purezza, ammirazione.
È  la volta della chitarra a corde di nylon e del brano Immaturi, colonna sonora del film omonimo diretto dal suo amico Paolo Genovese: una rispolverata di un blues lasciato nel cassetto e ultimato grazie a questa proposta.

Imbracciata una E-ros nera a dodici corde si sofferma sulla sua passione per Bennato, su quanto tempo trascorresse da piccolo a suonare le sue canzoni, con il poster in camera e tutti gli album sul comodino. A sette anni ricevette in regalo la sua famosa 12 corde nera (anche se quella di Edoardo era una Eko). Suona quindi un successone del suo idolo, L’isola che non c’è, che grazie alla sua versione all’MTV Unplugged del 2007 una buona fetta del pubblico ritiene sia opera sua: Alex ed Edoardo, grandi amici e colleghi, ci scherzano continuamente su questo divertente incrocio delle loro carriere.
Durante il lockdown Alex non si è fermato: ha suonato sempre, studiando, migliorandosi, provando a fare qualcosa di bello per il suo pubblico. Produsse così Una parola differente, che ci suona con passione.
Il concerto vede accompagnare alcuni brani da un beat tenuto da lui stesso con il piede, appoggiando ogni tanto la voce su un lieve eco.
Scordata la chitarra attacca Una su 1.000.000 cantandola assieme a tutto il pubblico, dopo averci confidato di essere venuto a conoscenza dal figlio della fama del brano nelle scuole, proposto dalle maestre come canzone da far cantare ai bambini.
Ritorna sul palco la chitarra di ferro, questa volta quella arancio-marroncina, presente nella copertina del tour: ditale al mignolo sinistro e via, che blues sia. Arriva a proporre Mojo ed Esci piano, non dopo essersi nuovamente lasciato inebriare dal fascino di lasciare all’improvvisazione il compito di introdurre una canzone.  
Propone al pubblico Milano, brano dedicato alla città dove ha vissuto per tanti anni, dove torna sempre volentieri, dove conserva molte amicizie.

Tornato a riflettere sul jazz sottolinea nuovamente quanto l’essere immersi in esso e nel blues non permetta di arrivare al mainstream, alle radio, e come si debba cambiare un po’ abito a questi due generi per raggiungere il grande pubblico. Ma una serata come questa dimostra come l’essenziale, la semplicità, il puro amore per l’acustico declinato in chiave jazz e blues rimandino con fascino alle origini della musica contemporanea, ai grandi maestri americani.

Rientra la Gibson e battendo su di lei il cantautore chiude la serata. Ripropone un momento di virtuosismo lasciandosi andare con l’improvvisazione, giocando con il pubblico che batte le mani e lo invita ad accelerare, spingendosi a muovere sempre più velocemente le mani sulle pentatoniche finché non comincia a cantare insieme a tutto il teatro 7000 caffè, Solo una volta e Oggi Sono Io.

Divertente e sfrontato il suo commento su quella curiosa pratica che accompagna i concerti, i famosi bis, il momento nel quale l’artista conclude la scaletta ed esce dal palco per pochi istanti, raccogliendo l’acclamazione del pubblico e facendo rientro in scena per un paio di ultimi brani. Non una pratica applicabile a una serata come questa, una serata in confidenza. Ci siamo sentiti a casa, seduti sul divano di fianco a un amico musicista che ci presenta la sua arte.
Si alza in piedi e munito di microfono a guancia suona in proscenio La Vasca e Baciami (e portami a ballare), abbracciando il suo pubblico, festeggiandolo e festeggiandosi, celebrando il suo magistrale gusto per la musica e in particolare per l’atmosfera “spiritual chitarristica” degna di un vero bluesman d’altri tempi.

 

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Umberto Lepore

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‘BLUES. LA MUSICA DEL DIAVOLO’: TRENTA TRA I BLUESMEN PIÙ SIGNIFICATIVI DI SEMPRE NEL NUOVO LIBRO DI ANTONIO PELLEGRINI

Esce nelle librerie il 29 novembre per l’editore Diarkos il nuovo saggio ‘Blues. La musica del diavolo’, a firma del musicista e scrittore genovese Antonio Pellegrini. Il volume conduce il lettore in un viaggio nella musica blues, attraverso le biografie di trenta tra i bluesmen più significativi della storia del genere.

Il blues, fin dalle origini, veniva considerato la ‘musica del diavolo’: suonarlo era ritenuto, da predicatori e benpensanti, un peccato. In realtà, questo genere è una vera medicina dell'anima. Nato nel profondo Sud degli Stati Uniti dai discendenti degli schiavi neri, è un canto di liberazione urlato verso il cielo. Non solo una musica, ma uno stato d'animo immortale, capace di dare origine al rock, jazz e tanti altri generi, continuando a svolgere la sua opera taumaturgica. Il libro raccoglie le storie dei bluesmen più significativi per profilo artistico e storia personale, concentrandosi sulla transizione dal blues del Delta, e da quello delle metropoli americane anni Quaranta e Cinquanta, al blues rock inglese e statunitense degli anni Sessanta e Settanta.


Il volume è arricchito da un'intervista “perduta” a Muddy Waters (a cura della rivista “Il Blues”) e dai colloqui inediti che l'autore ha condotto con Paul Rodgers (leader dei Free e dei Bad Company) e con John Primer (chitarrista di Muddy Waters, Junior Wells, Willie Dixon, e Magic Slim). Questa pubblicazione ospita, inoltre, un saggio critico di Antonio Bacciocchi, un’intervista al musicista e produttore Lorenz Zadro e a Davide Grandi della rivista “Il Blues”, e i contributi di Fabio Rossi, Athos Enrile e Paolo Giunta. In appendice, il ricordo dei concerti di alcuni dei protagonisti del libro.

 

LINK PER L’ACQUISTO:
https://www.amazon.it/gp/product/8836161928/ref=dbs_a_def_rwt_bibl_vppi_i3

 

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Umberto Lepore

 

 

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Gli ascolti di ottobre 2021. articolo di Roberto Bonfanti

Dopo le riflessioni riversate nell’articolo dello scorso mese sul silenzio degli artisti di fronte all’attuale situazione del nostro Paese mi sono domandato se avesse senso continuare a portare avanti questa rubrica e per un po’ ho pensato concretamente di abbandonarla. Poi però ho ragionato sul fatto che questo spazio è servito spesso anche per lanciare spunti di riflessione, oltre che per parlare di musica, e che comunque non sarebbe giusto privarsi anche di quel pizzico di bellezza che questa volta non salverà il mondo ma che comunque può fare solo bene. Così andiamo avanti, almeno per ora, e torniamo a consigliare qualche bel disco da ascoltare in questo ottobre complicato.

S’intitola “Marghesarà” l’album d’esordio dei Maestral. Un lavoro affascinante che scorre sul filo di una malinconia sottile che scivola con grazia sotto la pelle dell’ascoltatore sulle note di un folk d’autore tanto minimale quanto raffinato impreziosito dalla scelta di usare proprio il dialetto veneziano per raccontare storie che sembrano realmente emergere come fantasmi uggiosi dalla nebbia della laguna.

“Emily studiava”, il nuovo EP dell’eclettica cantautrice Emily Breva, riesce a suonare immediato ma al tempo stesso ricco di sfaccettature e lontano dai cliché. Sei canzoni in cui pop, swing, blues e rock si mischiano in modo estremamente particolare, grazie anche alla produzione artistica di Max Zanotti, andando ad accompagnare una scrittura intrigante e sincera che sa fotografare diversi stati emotivi.

Affonda le radici nel rock alternativo di fine anni ’90, il suono dei Roseluxx che con “Grand hotel abisso” giungono alla terza prova discografica. Dieci canzoni dense di inquietudini, ombre letterarie e chitarre che sanno abbandonarsi a momenti dilatati oppure esplodere in tempeste di distorsioni. Un disco che riesce a trasportare nel tempo presente lo sguardo e l’approccio di quella che è stata l’epoca d’oro del rock italiano.

Possiamo parlare di post-rock sintetico, ascoltando “Unter” dei Krank. Quattro canzoni dall’anima new-wave in cui suoni sintetici, distorsioni, atmosfere ipnotiche e approccio alternative-rock spigoloso trascinano l’ascoltatore in un viaggio psichedelico profondamente inquieto. Un suono straniante che sembra accordarsi bene con i tempi distopici che stiamo vivendo.

Chiudiamo con “Basgi da l’intòrriu”, album d’esordio del giovane rapper Futta accompagnato dal beatmaker Isma Killah. Un lavoro che torna a farci sentire il profumo delle posse e del rap impegnato degli anni ’90 attraverso dodici brani piacevolmente grezzi, diretti e fuori moda che, alternando italiano e dialetto sardo, scaricano sull’ascoltatore una mole importante di rabbia e autentico disagio sociale.

“La libertà devi strapparla con i denti. O credi che sia scegliere fra Zingaretti e Renzi?”  rappa Futta. Eh già…

Roberto Bonfanti
[scrittore e artista]

www.robertobonfanti.com

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“TARGHE” Rock Targato Italia 2021

“TARGHE”  Rock Targato Italia 2021

  • MIGLIOR ARTISTA RIVELAZIONE
  • MIGLIOR ALBUM

Siamo ormai giunti alla seconda metà del 2021 e, come di consuetudine, Rock Targato Italia si attiva per organizzare i premi dedicati ad artisti e musicisti della scena musicale italiana, non solo rock, tramite l’assegnazione delle “TARGHE”:

la prima dedicata all’ARTISTA RIVELAZIONE, mentre la seconda volta a premiare il MIGLIOR ALBUM dell’anno corrente.

L’iniziativa è tesa a valorizzare la creatività, la fantasia, il progetto discografico originale e dare maggiore risalto promozionale a coloro i quali, nel mondo artistico, lavorano con serietà e professionalità assoluta.

Rock Targato Italia, da anni è attivo sul territorio nazionale, tramite i suoi social promuove eventi dando la possibilità, a chi segue le nostre attività, di poter votare ed esprimere un proprio giudizio a tutti coloro i quali si sentono in empatia con gli artisti.

#Vota dal sito www.rocktargatoitalia.eu #Partecipa e #Passaparola ai #Musicisti

Gli artisti candidati alla TARGA “Artista Rivelazione 2021” sono:

I FASTI KOKURAKUBLAI – MASSIMO PARADISO – MONTMASSON

“I FASTI capaci di parlare della nevrosi dell’uomo moderno in modo ironico e pungente uniti in un insieme di elettronica e distorsioni, KOKURA autore molto sensibile che, tramite l’indie, riesce a scavare a fondo nelle proprie emozioni e nella propria insicurezza, KUBLAI cantautore particolarmente raffinato che pone l’accento sulla letterarietà delle parole che utilizza per raccontare le sue storie, MASSIMO PARADISO capace di comporre canzoni che uniscono il rock notturno all’ambiente delle composizioni lo-fi, MONTMASSON in grado di creare atmosfere rarefatte che rispecchiano uno stile di scrittura malinconica e introspettiva.

Gli album candidati alla TARGA “Miglior Album 2021” sono:

RESET di Bachi da Pietra

SANT’ELENA  di Giancarlo Frigeri

VENTI di Giorgio Canali

PER RESISTERE AL TUO FIANCO di La Municipal

TILT di Pino Marino

Reset” di Bachi da Pietra, un album attuale che unisce il rock al blues primordiale, “Sant’Elena” di Giancarlo Frigeri che racconta le sconfitte della provincia emiliana tramite un utilizzo ad hoc del folk americano, “Venti” di Giorgio Canali, uno sguardo rock sul mondo contemporaneo che si muove tra rabbia e disillusione, “Per resistere al tuo fianco” di La Municipal, un album in grado di unire il pop alla canzone d’autore tramite l’utilizzo di una scrittura elegante e letteraria, “Tilt” di Pino Marino, uno dei pochi cantautori “old school” che lega immediatezza, sensibilità e raffinatezza in uno stile poetico.

Gli artisti candidati nel web:

“I Fasti”

http://www.ifasti.it/

https://www.facebook.com/ifasti

https://www.instagram.com/ifastiband/

 

“Kokura”

https://kokura.bandcamp.com/

https://www.facebook.com/k0kura

https://www.instagram.com/kokura_song/

 

“Kublai”

https://kublaismusic.bandcamp.com/

https://www.facebook.com/kublaismusic/

https://www.instagram.com/kublaismusic/

 

“Massimo Paradiso”

https://www.facebook.com/MassimoParadisoNonCantante

 

“Montmasson”

https://sites.google.com/view/montmasson

https://www.facebook.com/danielenavamontmasson

https://www.instagram.com/montmasson/

 

Gli album candidati nel web:

BACHI DA PIETRA – “Reset

https://www.facebook.com/bachidapietra

https://www.instagram.com/bachidapietra/

 

GIANCARLO FRIGIERI – “Sant’Elena

https://www.facebook.com/giancarlo.frigieri

 

GIORGIO CANALI – “Venti

https://www.facebook.com/profile.php?id=100044270234461&sk=about

https://www.instagram.com/giorgiocanali_lazlotoz1/

 

LA MUNICIPÀL – “Per resistere al tuo fianco

https://www.facebook.com/lamunicipalband

https://www.instagram.com/la_municipal/

 

PINO MARINO – “Tilt

https://www.facebook.com/pinomarinoOfficial

https://www.instagram.com/pino_marino_official/

 

#Vota. #Partecipa #Condividi #Passaparola

 

STEFANO ROMANO

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