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IL SILENZIO. articolo di Paolo Pelizza

IL SILENZIO.

Viviamo strani tempi. In un periodo così breve, abbiamo perso alcuni geni della musica. Quel Taylor Hawkins che con il suo collega David dei Foo Fighters, andava a perdere i pomeriggi nel negozio di strumenti musicali accanto al loro studio e che usciva di lì sempre a mani vuote ma pagava conti per migliaia di dollari … Stava lì a giocare, chiacchierare e suonare con i ragazzini e poi faceva loro qualche regalo. Neanche il tempo di superare il cordoglio e perdiamo Ricky Gardiner, una delle due chitarre di Low (insieme a Carlos Alomar), il primo album della trilogia berlinese di Bowie che cambia il paradigma della musica elettronica, della società ed è la prima picconata al Muro. Infine, ci ha lasciato anche  Vangelis, autore di indimenticabili capolavori come il tema di Momenti di Gloria e la colonna sonora di Blade Runner. Ormai da un paio di decenni ci stiamo rassegnando a proseguire la nostra esistenza senza molti dei nostri compagni di viaggio. Non so voi ma io mi sento sempre più solo e spaventato. Un po’ per quello che, per il mio sentire, questi grandi musicisti mi hanno dato, un po’ perché non vedo più un impegno, una coscienza critica negli artisti nuovi. Avevo scritto il primo pezzo di questa rubrica sui Grandi Vecchi, ormai molti anni fa, ora i maestri sono pochi, ancora meno i nuovi artisti che hanno il coraggio di esporsi. E’ un nuovo mondo con nuove tendenze: Demon Albarn l’ha chiamata la selfie music in una sua intervista oramai datata dove lamentava la scarsa responsabilità e coscienza sociale dei suoi colleghi artisti. Oggi si canta, si scrive, si blatera di facezie … Troppo pericoloso opporre a queste il dissenso e/o una coscienza critica. E’ l’era del silenzio. Zitti e buoni, dobbiamo accettare il fatto che Orwell era stato ottimista, che la distopia non era una proiezione fantastica ma una premonizione precisa. Dobbiamo tacere perché la critica ci pone immediatamente come idioti, terrapiattisti, coglioni, ecc. ecc.

Intellettuali di altissimo livello, anche qui in Italia dove ci vantiamo delle nostre libertà, sono stati dileggiati (quando non demonizzati) perché hanno osato eccepire. Studenti che hanno protestato sulla morte di uno di loro durante la geniale trovata della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro” sono stati prima massaggiati dai manganelli delle forze dell’ordine e poi perseguiti dall’antiterrorismo. A me in persona, per controllare il green pass in un bar, è capitato di assistere ad una retata in grande stile della Polizia… credevo che nel locale ci fosse un pericoloso latitante. Viviamo strani tempi, dicevo. Albert Bourla (CEO di Pfizer) al World Economic Forum di Davos ipotizza quanto sarebbe figo far ingerire a tutti un pillolone con dentro un chip per ottenere un’umanità obbediente. Se anche stesse scherzando (e così non è) dovrebbe avere contezza che in due anni, mentre lui fatturava fantastiliardi (ora il suo CFOR dice che i dividendi agli azionisti saranno sempre più a rischio man mano che si saprà la verità sul loro prodotto e sui trial; lo mette nero su bianco nella trimestrale comunicazione agli stakeholders ufficialmente e poi si dimette … praticamente si dimettono quasi contemporaneamente lui e il direttore finanziario di Moderna, suo omologo) gli umani sono stati sottoposti prima a terrorismo sanitario, ad arresti domiciliari e a trattamento sanitario obbligatorio, senza che un giudice imparziale li avesse giudicati colpevoli di alcunché.

Stranamente, dopo quello che abbiamo vissuto, nessuno ha aperto un dibattito su emergenze-limiti della libertà. Una riflessione su fino a dove ci si può spingere, ragionevolmente. Questo perché l’esperimento è riuscito e indietro non si tornerà mai.

Ora c’è la guerra. Zitti o niente condizionatore. D’estate fa caldo a Milano, sappiatelo. Mi raccomando non uscite dalla logica occidente-Nembo Kid-buono versus Russia-Lex Lutor-cattivo. Se lo fate, automaticamente siete filo-Putin (sui tiranni e su Putin in particolare sapete cosa penso e non mi dilungo), dei fascisti, dei negazionisti, dei guerrafondai, dei malati di mente e dovete essere denazificati/curati anche voi.

Zitti, ho detto! Perché riaprire un dibattito sulla libertà di espressione? Voltaire è morto da secoli… Poi è uno stronzo sopravvalutato: ma perché devi poter dire quello che vuoi anche se non siamo d’accordo? Io decido quale sia la verità e voi tutti zitti. Altri punti di vista, No, grazie! La logica hegeliana, ora, si ferma alla tesi, antitesi e sintesi sono state abrogate perché inutili. Non vi serve essere liberi se vi mettiamo a disposizione gli specialisti della verità: ascoltate e obbedite. Se li beccate a dire stupidaggini, a contraddirsi, a snocciolare dati falsi o obsoleti, obbedite lo stesso. Voi non avete le competenze per dire la vostra. Non siete “skillati” per essere liberi. Quindi dobbiamo potervi controllare e condizionare, se no il mondo va a rotoli. Lo facciamo per il vostro bene, ovviamente. Poi, cosa ve ne fate di libertà e diritti? Conta la salute e poter fare il pieno a due euro al litro!

Sapete cosa trovo incredibile? L’Occidente del pensiero unico, delle libertà e dei diritti sopiti quando non negati, l’Occidente della criminalizzazione del dissenso si permette di dare lezioni… Di moralizzare ed esportare, di propugnare quei valori che calpesta e dileggia continuamente opponendoli ai vari autarchi e dittatori che, alla stessa stregua, soffocano il dissenso esattamente come fanno loro, solo con strumenti diversi (non sempre, tra l’altro).

Vi chiedo scusa… parlavamo del silenzio e io ho fatto baccano.

di Paolo Pelizza

© 2022 Rock targato Italia

blog www.rocktargatoitalia.eu

 

 

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IMPRESSIONI DI NOVEMBRE, ANCORA.

IMPRESSIONI DI NOVEMBRE, ANCORA.

E’ un anno che non è più novembre. Eppure, combattiamo con gli stessi demoni dell’anno scorso, indulgiamo su questioni per cui siamo in ritardo di vent’anni e cazzeggiamo su sacrosanti diritti civili e libertà. Oggi, siamo alla transizione green perché la finanza ha deciso che lì c’è un’opportunità di indebitare le prossime dieci generazioni, quelle che non avranno ancora finito di pagare i debiti della pandemia. Tra l’altro, questa cosa ha poco a che vedere con la riduzione delle emissioni, con l’invertire la tendenza del cambiamento climatico e con la lotta all’inquinamento. E’ la solita storia: le strade dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni e di ottime scuse.

Chi governa il mondo, però, non fa bene i conti con la storia e con le storie. Per questo, nel mese di novembre che è uno dei miei preferiti (chi segue questa rubrica lo sa!) succedono cose interessanti o meglio, si possono raccontare cose interessanti tra i primi freddi e la bruma, tra i primi bolliti e le minestre calde, tra la storia e le storielle.

La prima storia di novembre inizia a giugno del 1987. No, tranquilli non mi sono bevuto il cervello, abbiate un po’ di pazienza e capirete. Siamo Berlino (Berlino Ovest per la precisione), davanti a quello che era stato il Reichstag a poche decine di metri dal più famoso ed infame Muro della Storia. Da un lato è stato allestito il palco per un concerto, dall’altra parte le forze di sicurezza hanno schierato uomini armati e cani contro chi avrebbe potuto organizzare delle proteste.

Da una parte su quel palco c’è David Bowie che tanto deve alla musica dei berlinesi e ai berlinesi, per la sua trilogia (registrata lì agli Hansa Studios), per aver ospitato i suoi musicisti come Carlos Alomar, Robert Fripp, Brian Eno, Iggy Pop e gli altri. Dall’altra parte uomini armati e preoccupati cercano di controllare una folla di persone determinate e pacifiche, decise a sfidare i propri oppressori.

Bowie, in lingua tedesca, saluta gli amici dall’altro lato del Muro. Poi parte Heroes. E succede l’imponderabile: tutti urlano “giù il Muro”. Serviranno altri due anni e uno splendido novembre perché quel simbolo divisivo, quell’orrendo orpello liberticida, quel totem dell’infamia venga abbattuto e che fratelli dai due lati possano tornare a vivere insieme, ad abbracciarsi.

Se siete convinti che la musica non serva a niente, fatevi curare perché avete un grosso problema.

Altra piccola storia. In questo novembre che chiude un anno terribile e che non fa sperare in un prossimo futuro migliore, il quarto album in studio dei Led Zeppelin (qualcuno lo ha battezzato IV, qualcun altro “the unnamed album”) è disco di platino. La stranezza è che è un disco di cinquant’anni fa ed è “solo” la ventiquattresima volta che succede. Forse, sbaglio ad avere così poche speranze nel futuro.

Terza ed ultima storia. Mi sono trovato a provare a spiegare il successo dei Maneskin varie volte a pubblici molto diversi. Una delle ultime volte che è successo mi è venuta in mente una metafora che poi ho riciclato altre volte con un discreto successo. Come ho detto, a novembre sono ispirato.

Ricordate i western? Intendo quelli epici, quelli di Ford. Ecco quei film avevano migliaia di cavalieri del Settimo Cavalleggeri e migliaia di Apache a cavallo pure loro, erano produzioni opulente che si permettevano di dare agli autori mezzi, tempi e uomini. Ora pensate agli spaghetti western. Produzioni povere, due pistoleri nella main street con gocce di sudore che scendono lungo la fronte dei contendenti per lunghissimi secondi, il dettaglio degli occhi semi serrati a contrastare la luce del giorno, nessuno in giro … un cespuglio di rovi secco che rotola davanti ai contendenti intenti a studiarsi negli attimi prima dell’evento fatale. Non mille cavalieri in divisa ma un poncho, un panciotto e due cinturoni. Certo … gli occhi di Lee Van Cleef e quelli di Clint Eastwood valgono da soli il prezzo del biglietto, così come quei pistoleri così sporchi, poveri, quei due poveri cavalli spelacchiati e quella tensione così palpabile, così reale. Infatti, così il genere western italiano conquista gli Stati Uniti, patria di cowboys e indiani, di fuorilegge, saloon e giocatori d’azzardo. Perché? Perché il nostro cinema è un cinema di trovate, di geniali soluzioni per sopperire alla mancanza di denaro. Un altro esempio? Per fare l’effetto cinemascope, il grande Sergio Leone modifica il pattino pressore di una macchina da presa 35mm perché non può permettersi di girare in quel formato 65mm.

E’ la stessa cosa dei Maneskin. Loro hanno ricordato che esiste un genere anglosassone di nascita agli anglosassoni: il rock. Hanno ricordato loro (e anche a noi) che è più utile e attuale oggi di quanto lo sia mai stato dai tempi della guerra del Vietnam. Oggi che si ragiona solo di vacuità, che si deroga su libertà fondamentali, che si misura tutto col metro del denaro, del potere e del sesso. Oggi che contano i catenoni d’oro, le auto di lusso e le fidanzate trofeo. I Maneskin, invece, ci hanno fatto tornare ai diritti civili e alle libertà, all’introspezione, alla musica suonata, ai palchi.

La cosa migliore che hanno fatto è stato spiegarlo ai giovani con il loro linguaggio passando dall’endorsement dei più grandi della musica. Lo hanno raccontato soprattutto a quelli che non hanno manifestato per il clima contro i potenti del mondo, a quelli che coltivano il sogno di essere vuoti e ricchi come l’ultimo rapper de noiartri o beceri come il più pomposo e inutile dei soloni.

Come diceva, l’immenso Jimi Hendrix: “noi facciamo della musica libera, dura, che picchi forte sull'anima in modo da aprirla”.

Lunga vita al rock ‘n roll e alle persone che partecipano e si impegnano per un mondo migliore. E’ vero, scusate … è la stessa cosa.

di Paolo Pelizza

© 2021 Rock targato Italia

 

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“IL SANGUE DI TOMMASO” alla libreria LaFeltrinelli

 Presso "LaFeltrinelli" di Corso Buenos Aires di Milano bene esposto e in compagnia di storici e classici scrittori di genere anche il libro  “IL SANGUE DI TOMMASO” di Paolo Pelizza.  

 -  Il Sangue di Tommaso è un romanzo noir di Paolo Pelizza. Tommaso, ex poliziotto diventato barbone, si trova coinvolto da un vecchio amico e collega nella ricerca di una ragazzina scappata di casa, Amanda. La ricerca ben presto si trasformerà in un’indagine che porterà Tommaso detto Tom dentro ad un infernale girone di corruzione e orrore. Alla fine scoprirà che nessuno è innocente o, almeno, che nessuno è più innocente di lui.

Paolo Pelizza, classe ’69, è docente al Centro Sperimentale di Cinematografia sede di Milano dove cura il corso di produzione all’interno del triennio di Cinema d’Impresa. Attualmente è curatore del I Master di Produzione Cinematografica della Scuola Nazionale di Cinema.

Pelizza è stato anche Presidente di Lombardia Film Commission ed è attualmente membro della Giuria dello storico Contest musicale “Rock Targato Italia”. Sempre sul sito di rocktargatoitalia.eu cura una rubrica "Le Visioni di Paolo" dove blatera di musica, società ed altre facezie.

Il Sangue di Tommaso è il primo della serie dedicata alle indagini di Tommaso Verani.

 

Francesco Caprini

Divinazione Milano S.r.l. 

Ufficio Stampa, Radio, Tv, Web & Social Network 

Via Andrea Palladio n. 16 - 20135 Milano 

Tel. 02 5831 0655  mob. 3925970778

e-mail:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

web: www.divinazionemilano.it 

 

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L’AVVENTO DEL SILENZIO.

“La musica aiuta a non sentire dentro

il silenzio che c'è fuori.”

  1. S. Bach

   Ora che persino #RAI2 ha (seppur solo in seconda serata) sdoganato voci “altre” rispetto alla pandemia, sull’origine di questa (era zoonosi e Montagnier era ormai un vecchio rimbambito!), sulla scelta “singolare” di privilegiare la scoperta di vaccini (come se fosse automatico che si sarebbero trovati) e non sulla cura e sulla gestione politica della cosa, sono molto più tranquillo e (quasi) certo che a settembre ci sarà un altro lockdown.

Fatevi coraggio. Almeno, non vivremo nell’incertezza, suvvia. Da parte mia, accetterò di buon grado la nuova ondata di arresti domiciliari anche perché, questa volta, so cosa fare.

Infatti, anticipati da due singoli, usciranno due album che aspetto da tempo con ansia.

Il primo è Senjutsu che segna il ritorno in studio dei Maiden dopo The Book of Souls, pubblicato sei anni fa. Il titolo del singolo è Writing On The Wall, espressione idiomatica che indica che un evento inevitabile sta per accadere (di solito brutto … cosa vi viene in mente?). Il brano della band britannica è, come abitualmente, pieno di riferimenti sia alla loro stessa storia ed iconografia (con Eddie di vari dischi che appare nel pregiato videoclip del pezzo in grafica animata) e con il nuovo Eddie Samurai dell’atteso album che dovrebbe uscire il 3 settembre prossimo, sia a mondi diversi (primo fra tutti il Libro di Daniele contenuto nella Bibbia). Pare che il disco sia accreditato di brani anche piuttosto lunghi dato che la durata complessiva dell’opera è oltre ottanta minuti.

Se l’immagine della cover del disco attinge al Far East, il singolo sembra ispirato da esperienze più tecnicamente country-western, soprattutto nell’intro per poi svilupparsi ed esplodere nel caro vecchio hard rock e blues più che nelle atmosfere prog metal, cifra stilistica del gruppo dai tempi di Powerslave.

Le dichiarazioni di Harris e Dickinson fanno presagire un disco diverso dai precedenti che sperano possa essere digerito dai loro fans, soprattutto dai più puristi. Staremo a vedere e, come al solito, ve ne renderemo conto.

Il secondo album, dal titolo The Quest, è un’inevitabile preziosissimo ritorno: quello degli Yes. La data è quella del 1 ottobre prossimo … già sembra troppo in là.

The Quest, registrato già nel 2019 e prodotto dallo stesso Steve Howie, vede al basso Billy Sherwood dopo la scomparsa del compianto Chris Squire  nel 2015.

Il singolo che apre l’opera è The Ice Bridge, singolo che parla del cambiamento climatico. La cosa che non stupisce, è l’orchestrazione curata. La stesura, da par loro, è naturalmente di assoluto livello. Il disco è accreditato di undici brani che non vediamo l’ora di ascoltare.

Se il buongiorno, si vede dal mattino, abbiamo di che far divertire le nostre orecchie, l’autunno prossimo e, comunque, avremo la scusa per evitare di ascoltare la prosopopea infinita di chi continua a sostenere tutto ed il contrario di tutto, di chi cavalca l’onda del momento, di chi starebbe meglio al Grande Fratello VIP  che in un laboratorio, di chi nega, di chi strumentalizza, di chi ha la verità in tasca (e poi viene regolarmente smentito dai fatti), del nuovo positivismo (il metodo scientifico non può essere fideistico) e, soprattutto, non impazziremo nel silenzio costretto delle nostre case e delle nostre solitudini.

di Paolo Pelizza

© 2021 Rock targato Italia

 

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