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BON IVER - COMPENDIO DI UN PROFETA DELLA MUSICA CONTEMPORANEA

Cari Visionari, ricevo da un giovane che mi legge e (spesso) mi suggerisce dei contemporanei da ascoltare questo articolo e sono felice di ospitare questo suo pezzo nella mia Rubrica.

Questa la Visione di Andrea!

BON IVER - COMPENDIO DI UN PROFETA DELLA MUSICA CONTEMPORANEA

Chi o cosa fa di un’artista un vero artista? Domande enormi su concetti le cui risposte molto spesso risultano banali e la società attuale può svilirne il significato. Penso che un vero artista sia colui che sa scavare dentro di sé, la propria sofferenza - senza di essa l’arte potrebbe non esistere - e riemergerne con una propria voce, chiara e tangibile. Ma soprattutto, una volta che quella voce è stata acquisita e fatta propria, distruggerla e costruirne una nuova innovandosi costantemente. Rimanendo ancora sé stessi.

Questo sono i Bon Iver: innovazione e contemporaneità. Ne ha fatta di strada Justin Vernon dal lontano 2007 quando, separatosi dalla sua compagna e affetto da mononucleosi, si ritira nella baita innevata di suo padre in Wisconsin dove partorisce quel capolavoro folk fino ad ora inarrivabile che è For Emma Forever Ago. Un esordio dove il candore è capace di sciogliere gli inverni più rigidi. Giornate scandite da legna accettata, cacciagione mattutina e litri di birra. Il ritorno all’essenzialità, l’abbraccio e la cura della propria anima partoriscono un lavoro trascendentale. Da lì il successo inaspettato e planetario, che lo consacra come nuovo Messia del cantautorato americano. Ma non ha mai voluto il successo come lo intendiamo noi, gli è capitato quasi per caso. Canzoni frutto del dolore e del non essere quello che tutti vorremmo essere a un certo punto della nostra vita lo hanno catapultato sulla scena internazionale.

Ma non era più lì. Nel 2011, diventata una vera e propria band, Justin Vernon pubblica l’autocelebrativo Bon Iver, Bon Iver; un album corale e ricco di sonorità che spazia dal folk al post-rock a ballads di ispirazione marcatamente anni ’80, che non sfigurerebbero in un disco di Peter Gabriel. Holocene, uno dei singoli trascinanti del disco, ha dentro di sé il ritornello/strofa simbolo di quello che è ora e di cui si vuole liberare:

And once I knew I was not magnificent

Lo canta con disarmante bellezza, in un crescendo emotivo. No, io non sono un Profeta, non sono un Messia, ma semplicemente Justin. Umano e quindi imperfetto. Il disco fa incetta di premi tra cui due Grammy, lanciando definitivamente i Bon Iver tra i grandi della scena mondiale.

Philosophize your figure

What I have and haven't held

You called and I came, stayed tall through it all

Fall and fixture just the same thing

Nel 2016, cinque anni dopo il disco omonimo, Justin Vernon pubblica 22, A MIllion il suo album più audace e sperimentale. A detta di chi scrive questo è l’album della svolta, il punto di non ritorno, nonché il loro capolavoro avanguardista come lo era stato Kid A diciotto anni fa per i Radiohead.

La voce di Justin Vernon rimane il perno, il fulcro da cui tutto deriva. Sono i Bon Iver, ma allo stesso tempo non lo sono più. La sua voce è filtrata da vocoder- il suo ingegnere del suono Chris Messina costruisce un prototipo che esalta il suo baritono/falsetto - glitchata, frammentata e ricomposta. I titoli delle canzoni talmente criptiche che anche un professore universitario di semiotica avrebbe difficoltà a comprendere: 22 (OVER SOON), 33 “GOD”, 29# Strafford APTS e 8 (circle) sono pezzi di rara bellezza. Destrutturando di nuovo sé stessi per creare un qualcosa di nuovo, i Bon Iver sono arrivati a un punto di non ritorno nella loro storia discografica.

Nel frattempo il progetto prosegue e si allarga, creando collaborazioni con chiunque il ragazzone proveniente da Eau Claire, Wisconsin si sentisse stimolato e ispirato: nomi che vanno da Kanye West (suo grande estimatore), Eminem, James Blake e molti altri. Ha creato i Volcano Choir, i Big Red Machine e la piattaforma PEOPLE, una community dove lui e i suoi colleghi musicisti possono condividere materiale inedito e collaborare a nuove produzioni.

Ho avuto la fortuna di assistere alla loro unica data lo scorso 17 Luglio al Castello Scaligero di Villafranca. La band mancava in Italia da sette anni e di strada ne è stata percorsa. Location suggestiva come poche al mondo, ha accolto diecimila persone dentro le sue mura medievali per un evento sold out da mesi. Puntuali alle 21:15, in pieno tramonto, il gruppo entra in scena. Il set up è essenziale, funzionante al mood che il concerto sta per creare, con uno schermo in fondo al palco a proiettare i video e luci con teste remotate sul palco. Si inizia con Perth, e meglio non si potrebbe iniziare. Vernon arpeggia la Gibson, trasportandoci nel suo mondo, con le due batterie che partono con il loro incedere marziale. Grande canzone post-rock. Vernon e soci dividono lo spettacolo in due atti, si ritirano nelle quinte per una ventina di minuti per poi riapparire solo lui con la acustica: è il momento di Skinny Love, una delle canzoni più coverizzate negli ultimi anni, cantata con l’abbacinate emotività che la caratterizza. Rientrano tutti, e la seconda parte della performance sarà un crescendo sempre maggiore, riuscendo nella non facile impresa di suonare tutto il meglio dei loro tre dischi. Mi giro attorno e tutto il pubblico attorno a me proveniente da mezza Europa è silenzioso e attento, coinvolto con catarsi al misticismo di ciò che stanno vedendo e sentendo. A fine esibizione tutti in visibilio, e Justin Vernon sentitamente ringrazia commosso. Concerto perfetto.

Meno di due settimane e a sorpresa i Bon Iver pubblicano il loro quarto album sulle piattaforme digitali e non il 30 Agosto (che rimane la data delle copie fisiche). A quest’opera i collaboratori si sprecano, da James Blake a Aaron Dessner dei The National, da Moses Sumney a Bruce Hornsby dei The Grateful Dead. Il gruppo si è allargato, e oltre alle collaborazioni esterne si può dire che i Bon Iver non sono più una band ma un vero e proprio collettivo. Questo quarto disco, “i,i” è il suo nome, non si allontana di molto dalle sonorità del suo predecessore, ma accorpa in modo fluido e linfatico tutte le sonorità che il gruppo ha ricercato in questi anni -folk, elettronica, post-rock, r’n’b e soul - facendolo diventare quindi il loro disco più completo e armonioso.

In una recente intervista, Justin Vernon ha dichiarato che “i,i” chiude un metaforico ciclo artistico in cui ogni disco è associato alle stagioni, partendo dall’inverno di For Emma Forever Ago e arrivando all’autunno di quest’ultimo. Una fine quindi, e probabilmente un nuovo disco. Non si sa se dopo quest’ultimo lavoro e il tour che segue il progetto Bon Iver finirà, ciò che però sappiamo è che la musica di Justin e soci è luce salvifica, raggi di purezza capaci di perforare qualsiasi nube si presenti nel mondo e nella nostra vita quotidiana. E sì, ne abbiamo davvero tanto bisogno.

di Andrea Giacchetta

©2019 Rock Targato Italia

blog www.rocktargatoitalia.it

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RADIO ITALIA ANNI 60 e SONY ITALIA, novità Rock Targato Italia nuova edizione

ROCK TARGATO ITALIA

Tra i collaboratori del contest

RADIO ITALIA ANNI 60 SONY ITALIA

 

APERTE LE ISCRIZIONI

Rock Targato Italia è uno scouting dedicato ad artisti emergenti e autoprodotti (gruppi o solisti). Per coloro che vogliono proporre, far conoscere, diffondere, promuovere e distribuire la propria la propria musica è un’opportunità perfetta. Rock Targato Italia passione musicale.

In occasione delle Finali Nazionali della 31/a edizione e del M.E.I. 25/a edizione, sono aperte le iscrizioni per partecipare alla 32/a edizione (2019/2020) di Rock Targato Italia.

Il regolamento del concorso è disponibile sul sito ufficiale al link: http://www.rocktargatoitalia.eu/regolamento.html.

Giunto alla sua XXXII edizione, il concorso, nel corso degli anni, ha contribuito al successo di grandi nomi della scena musicale italiana, garantendo la ricerca e la qualità artistica

Ma le novità non mancano in casa Rock Targato Italia, oltre al progetto di supporto stampa agli artisti, sta nascendo in questi giorni il polo di distribuzione online su tutte le piattaforme esistenti e su You Tube facilitando la comunicazione stampa, le condizioni operative e amministrative, la distribuzione discografica e una crescita economica indipendente ad artisti e gruppi musicali. Un mondo da scoprire e condividere

 

SONY ITALIA. Ultima ma preziosissima novità nata da un’iniziativa di Francesco Caprini e Andrea Rosi (presidente Sony Italia): la possibilità per i vincitori del concorso di incidere una demo presso gli studi storici della RCA a Milano acquisiti dalla Sony Italia

 

Info Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

  1. rocktargatoitalia.eu
    www.divinazionemilano.it
    fb Rock Targato Italia

 

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Visioni finali.

Visioni finali.

No, state tranquilli! Non sono “finali” nel senso che non le scriveremo più … Non vi voglio così bene da smettere! Come faccio, ormai, da qualche anno, dopo le finali nazionali del contest di musica Rock Targato Italia, vi rendo conto di vincitori e vinti, di giurati e organizzatori, di pubblico e curiosità. Non posso esimermi, nemmeno quest’anno.

Tra le novità di questa edizione, le date: di solito le finali venivano effettuate verso la fine di settembre. In questo appuntamento 2019 si sono disputate tra il 10 e il 12 settembre. Date, quindi, ancora balneabili ma che, tutto sommato, riportano già solo le eco dei racconti di vacanzieri e viaggiatori. Per ricordare a tutti che la pacchia è finita, il meteo si mette a sperimentare tre serate piuttosto fresche delle quali si pentirà subito dopo. Poco male, perché a scaldarci ci pensano pubblico e artisti che si avvicendano sul consueto palco del LegendClub a Milano. Il livello è sempre alto, alla faccia di chi vorrebbe musica e progetti culturali orpelli buoni, tutt’al più, per intrattenere un popolo sempre più portato all’analfabetismo umanistico e creativo.

Molto interessante il Convegno che si è organizzato a latere del concorso dal titolo: “Le Indies,  dai pionieri ai produttori di oggi, quale eredità e quale futuro? Quali spazi alla diversità della musica giovanile nei programmi e festival TV musicali del servizio pubblico?”

Il convegno ha visto intervenire personaggi del calibro di Giordano Sangiorgi (Presidente MEI), Iaia De Capitani (manager PFM e Etichetta Aerostella), Federico Montesanto (Presidente MIA), Giulio Casale, RCCM band, il nostro Roberto Bonfanti, il mitico Francesco Caprini deus ex machina di Rock targato Italia e Piero Cassano (Matia Bazar). Il dibattito è stato impreziosito dall’amichevole incursione del guru del giornalismo musicale Mario Luzzato Fegiz.

Altra novità di quest’anno i Premi Speciali: Francesco Di Giacomo vince il Premio Speciale per il Miglior Album (uscito postumo, purtroppo, e che ho recensito per voi quest’estate) “La Parte Mancante”, il Premio Speciale Artisti nel Mondo va a Giulio Casale che si aggiudica anche quello per il Miglior Singolo, Premio Miglior Tour alla Premiata Forneria Marconi mentre quello per miglior band a RCCM e Wallace Records vince quello per la Migliore Etichetta.

Grandi novità anche in Giuria: in questa edizione composta da sette membri: Claudio Formisano, Luca Gobbi, Alex Pierro, Roberto Bonfanti, Alberto Album Riva, Giovanni Poggio (ex direttore artistico Ricordi e nuovissimo membro) e il sottoscritto.

Cambia il Presidente della Giuria e, finita, l’”Era Pierro” comincia l’Era Formisano! Il nuovo Presidente che si avvicenda alla carica dopo un paio di anni in cui era stato, appunto, Alex Pierro a ricoprire questo ruolo, si dimostra subito serio e volenteroso. Dimostra anche una certa propensione ad essere realmente un “Presidente Operaio” quando con insospettabile agilità si lancia sul palco durante l’esibizione del Pesce Parla a raddrizzare un’asta di un microfono che si stava inesorabilmente ammainando.

Le tre serate hanno rappresentato anche una serie di rocambolesche esperienze per il nostro giovane giurato Luca Gobbi che, prima arriva con un treno che porta centoventi minuti di ritardo (praticamente il viaggio della speranza) poi a causa della rottura del cancello esterno del suo Bed and Breakfast si trova a dover scavalcare per andare a dormire ma, visto da una pattuglia dell’Benemerita Arma dei Carabinieri viene invitato senza tanti convenevoli a recarsi con loro in caserma! A nulla, valgono le insistenti proteste del giovane Luca che mostra anche di essere in possesso della chiave della stanza e del cancello esterno. E’ quasi l’alba quando l’equivoco viene chiarito.  Il povero Luca, poi si prenderà una fastidiosa influenza con febbre cavallina che pregiudicherà la sua partecipazione all’ultima serata e verrà rilevato più che degnamente da Filippo Milani frontman dei Nylon, vincitori della scorsa stagione.

Il lavoro della Giuria viene fatto con simpatia, competenza e umanità. Siamo lontanissimi dalle atmosfere tese e cruente dei talents show televisivi. Ci sta, in un concorso, anche a perdere, tuttavia la Giuria ha il massimo rispetto per tutti i partecipanti e, soprattutto durante le ultime edizioni e questa in particolare, il livello è alto e, quindi, si è davanti ad un lavoro particolarmente gravoso.

Tutti i nomi dei vincitori dei vari premi 

Alla fine vincono Educta Fais e Pesce Parla. I primi sono un duo romano con un progetto molto interessante che racconta con sonorità particolari foriere di qualche inquietudine, eventi di cronaca o attualità sociale con una tensione estremamente suggestiva sia per i testi, sia per la ricerca e i paesaggi sonori. I secondi sono (come l’anno scorso!) pavesi … Che ci sia un movimento che è sfuggito al mainstream a Pavia? Il progetto è contrario a quello degli altri vincitori: ironici e solari tra pop e punk ma, anche, con una grande verve teatrale.

Il Premio Città di Milano va ai Geyser, band autoctona e autenticamente rock. Il Premio compilation va a Anaconda, Educta Fais, Evolve Alba, Geyser, Il Pesce Parla, Mau Nera, Revolution 0, Riccardo Autore, Roofsize e TreRose che potranno pubblicare un loro inedito sulla compilation di Rock Targato Italia. I TreRose si aggiudicano anche il prestigioso Premio Ronzani.

Questa la cronaca. In conclusione, posso o devo raccontarvi cosa ho percepito e respirato. Intanto, partendo dai più vicini, al tavolo dei giurati c’è stato molto lavoro costruttivo ma, anche, tanta simpatia e comunità di intenti. Purtroppo, non possono vincere tutti ma, tra di noi, c’è molto rispetto per chi sale sul palco. Ma potrei raccontarvi anche della stima e della coesione che c’è con gli artisti e con gli organizzatori. Rock targato Italia è un happening dove, alla fine, ci si diverte tutti. Anche il pubblico, quest’anno più numeroso, è stato caldo e partecipe.

Infine, mi corre l’obbligo di dire che Rock Targato Italia è anche un’atmosfera, un punto di incontro … Un luogo ideale dove ci si scambiano esperienze, opinioni, tensioni creative e artistiche. Un luogo dove succedono cose che non ti aspetti come quando qualcuno a serata conclusa ha ancora voglia, imbraccia la chitarra e si mette a fare il cantante da spiaggia! Non denuncerò il soggetto in questione!!!

Ma è soprattutto una riserva! Lontana da quel mainstream omologato che ci vogliono cacciare nelle orecchie a forza come una cattiva medicina. Una medicina che ci curerà contro intelligenza, curiosità e critica. Rock targato Italia è il luogo dove l’unica cosa che accomuna e impedisce ogni conflittualità è un incrollabile e incontrovertibile amore per la musica e l’umanità.

di Paolo Pelizza

© 2019 Rock targato Italia

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L'emigrante nostalgico che portò l'"Italia" allo splendore mondiale : Mino Reitano

Italia, Italia, di terra bella e uguale non ce n'è. Italia, Italia questa canzone io la canto a te. Un giardino dentro al mare…

_____________________(da Italia, 1988)

Piazzatasi al sesto posto al Festival di Sanremo del 1988, scritta da Umberto Balsamo ed eseguita da Mino Reitano, “Italia” è divenuta a discapito del piazzamento uno degli evergreen della musica italiana, sebbene abbia portato non pochi problemi al cantante che ha calcato il palco della kermesse. Si, perché si sa, la gente apre la bocca e lascia andare, e allora un inno alla bellezza del nostro paese, semplice e genuino, diventa strumento di beffa verso la purezza di un uomo che, a discapito del mal parlare altrui, è uno degli artisti che più si è fatto conoscere nel panorama musicale oltreoceano.

Mino Reitano ha calcato i palchi americani, canadesi e latino americani, attraverso svariate tournée nel corso della propria lunga carriera, portando l’atmosfera partenopea per quei paesi dove dire Italia vuol dire parlare di bella musica, bel popolo, bell’arte. Un enfatico viaggio che ha posto i suoi cartelloni di fianco a quelli di Whitney Houston, Liza Minelli, Frank Sinatra. Non si parla di briciole, sebbene si parli di un uomo che, come ha riconosciuto egli stesso, era solo un “ignorante che si è fatto da solo”.

Partito da Fiumara in provincia di Reggio Calabria giovanissimo con una valigia di cartone piena di sogni, approda in Germania con il gruppo che vede la partecipazione dei fratelli Franco, Antonio e Vincenzo e l’amico Franco Minniti. È il 1961 e Amburgo è meta ambita e popolosa di artisti, tanto che in rotazione con loro sul palcoscenico del club dove i fratelli Reitano sono stati assunti si trova un altro gruppo straniero, inglese, un certo quartetto che sarebbe passato alla storia poco tempo dopo sotto il nome di The Beatles.

Non a caso, anni dopo, John Lennon ha parlato di Mino Reitano nella propria biografia, definendolo il "bambino" che gli ha fatto scoprire le melodie napoletane che hanno poi condizionato tutta la sua musica. 

È poi Ricordi con la Dischi Ricordi a scritturare per primo il cantante di ritorno dalla terra tedesca, promuovendo nel 1966 la cover del brano “It’s over” con il titolo “La fine di tutto”, che anticipa il suo primo ingresso sanremese l’anno successivo, con il brano di Mogol e Battisti portato in coppia con The Hollies: “Non prego per me”.

E poi in breve dal 1970 al 1975 partecipa a sei edizioni consecutive di “Un disco per l’estate”, piazzandosi sempre in ottimo modo (Cento colpi alla tua porta ’70 ; Era il tempo delle more ’71 ; Stasera non si ride e non si balla ’72 ; Tre parole al vento ’73 ; Amore a viso aperto ’74 ; E se ti voglio ’75), inizia le sue collaborazioni con altri gradi nomi, da Franco Califano ad Ornella Vannoni, da Nana Mouskouri in inglese a Silvie Vartan in francese, partecipa per svariati anni a Canzonissima, fin poi a produrre un album dal titolo “Dedicato a Frank” nel 1974, disco interamente in onore di Frank Sinatra che è ritratto in compagnia di Mino nella cover del progetto, essendosi i due esibiti insieme per quel capodanno nel concerto tenutosi a Miami.

Torna a Sanremo nel 1990, “Vorrei”, nel ’92, “Ma ti sei chiesto mai” e nel 2002, “La mia canzone”. L’ultima apparizione è però anticipata da due grandi eventi, quello del 1994, quando l’università Pro Deo di New York gli consegna una laurea ad honoris causa in sociologia per l’impegno umanitario dell’artista, che lontano dai riflettori è molto attivo in progetti benefici di svariato tipo, specialmente in onore degli italiani emigrati negli Stati Uniti, e quello del 2001, dove si esibisce in un grande concerto insieme a Little Tony, Mario Merola e Anna Calemme ad Atlantic City, all’interno dello storico casinò Taj Mahal.

La sua umiltà, la sua sincerità e la sua semplicità lo hanno portato nel cuore degli italiani fino ed oltre il giorno della sua morte, avvenuta esattamente sette anni fa ad Agrate Brianza, tanto da fargli “mettere la faccia” a pochi mesi dalla scomparsa su una serie di francobolli dedicati alla storia della musica italiana, al fianco di quelli ritraenti Luciano Pavarotti e Nino Rota.

I temi affrontati, sull’emigrazione, sull’amore, sulla vita di tutti i giorni, la semplicità, la purezza ed il patriottismo, il modo mediterraneo di affrontare la musica, hanno da sempre caratterizzato le sue sonorità, come anche la malinconia della lontananza dall’Italia, e hanno anche portato tanti in televisione a vederlo come un ospite difficile, un “poverino” a cui concedere spazio ma da frenare e fermare perché non si allargasse troppo. Quegli stessi che poi, successivamente alla sua dipartita, lo hanno invece elogiato ed elevato quasi santificandolo, riconoscendogli quelle capacità meritate che durante la vita gli avevano negato, per una sorta di senso di superiorità che, adesso, non può che sembrare ridicolo.

Rock Targato Italia ricorda così con nostalgia l’opera di un grande artista, un’icona che ha portato l’Italia nel mondo e l’ha resa agli occhi dello straniero e dell’emigrato, e forse anche del lamentoso autoctono, più bella, non di come sia, ma di come viene considerata.

Un saluto, Beniamino Reitano, con l’elogio al belpaese che tanto ha conquistato il pubblico: Italia

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