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Simmons, permette una parola?

Caro Gene,

spero tu voglia scusarmi se mi permetto di tornare sull'argomento. Lo so che ne abbiamo già parlato quando uscì The Battle At The Garden's Gate ... tuttavia ho alcuni elementi di novità da portare a supporto della mia tesi.

E' importante che ti dica che dopo averli visti all'Alcatraz nel novembre 2019 (ultimo periodo dopo il quale nulla è stato e/o sarà come prima), ho assistito al concerto dei Greta Van Fleet anche pochi giorni fa. La location scelta, questa volta, è l'Ippodromo SNAI sempre a Milano e i ragazzi hanno aperto la manifestazione degli I Days, happening musicale che (per ora) ha avuto il maggior numero di spettatori in Italia.

Sulle tue perplessità sull'originalità del loro sound, come sai, io ho un'opinione diversa. E' vero che la loro ispirazione è e rimane molto quella della musica degli anni Settanta. E' altrettanto vero che non ti ho sentito tuonare contro i Rival Sons che, fondamentalmente, fanno la stessa cosa o, anche, prendertela con The Strokes che dall'underground resuscitano il genere che stava diventando troppo di nicchia relegato in una riserva di indipendenti a cui il mainstream era precluso. Ancora, non ti ho sentito dire nulla dei War On Drugs che ripartono da folk rock e psichedelia rielaborando un genere che le orecchie sentono molto classico. Suppongo che tu non abbia nemmeno maledetto gli Imagine Dragons (65.000 spettatori due giorni dopo i Greta nello stesso posto) che fanno un pop rock che affonda le sue radici nell'alternative di ottima fattura e non particolarmente difficile. Se lo hai fatto io non ne ho notizia, quindi mi scuso. Leggo, financo, che il monumentale Mick Jagger (ormai mi sto rassegnando a sparate di questo tipo, anche se capisco meno quando a spararle così grosse siete voi, i grandi della musica...) parla di morte del rock. Gli risponde Damiano David (frontman dei Maneskin) che, pure ha aperto un concerto dei Rolling Stones, che non può morire un genere che non può essere ucciso perché nessuno lo mantiene in vita. Tutto è in divenire e si mescola, continua Damiano, e che quello di Mick è un modo vecchio di pensare.

Io la penso come lui, il rock è come la fisica: nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Sembra strano doverlo dire proprio a te ... A te che con i tuoi Kiss ha inventato un nuovo genere. Avete miscelato rock'n roll, hair, blues e metal creando uno dei più interessanti cocktail della storia dentro a quegli anni (gli stessi a cui guardano i Greta Van Fleet con grande ammirazione e a cui si ispirano). Io ho consumato Rock and Roll Over sulla piastra del mio giradischi, avendo un grande orgasmo tutte le volte. Ma forse, siamo noi a sbagliare. Siamo diventati o stiamo diventando come quei benpensanti che abbiamo combattuto cantando i nostri testi, picchiando sulle pelli e distorcendo le nostre chitarre. A parte, che questi quattro ragazzi del Michigan tengono testa chiunque per qualità della loro musica e delle loro esecuzioni. Mi sarebbe piaciuto averti lì accanto a sentire Danny Wagner posseduto dall’anima di Bonham esibirsi in un formidabile solo di batteria, a causa del quale sto ancora cercando la mascella. Avrei voluto farti sentire i vocalismi di Joshua in una serata in straordinario stato di grazia o, ancora, vedere Samuel che suona qualsiasi cosa (tastiere, piano e basso) con una maturità eccezionale. Tralascio sulle qualità di Jake come chitarrista di cui ho già detto nell’articolo di tre anni fa: se è umanamente possibile è ulteriormente migliorato. I Greta con solo due album all’attivo e poco più, non stanno entrando nella storia, ci sono già, devi fartene una ragione.

Avrei voluto anche farti vedere le persone che erano all’Alcatraz tre anni fa. Eravamo poche centinaia di cinquantenni … può darsi che fossimo solo attempati nostalgici ammirati. Non qui, non ora. E’ vero, noi c’eravamo ancora ma insieme a giovani e giovanissimi. Lo dice Joshua: tre anni fa era stato molto diverso. Guardate ora.

Qualcuno parla di effetto Maneskin e , secondo me, ha qualche ragione.

Gene, io non voglio pensare che tu stia sbagliando. Come ho detto, probabilmente, alcuni di noi sono diventati quelli che criticavano, quelli che non volevano che fossimo liberi, quelli che vogliono le guerre, quelli che lavorano per la fame, quei perbenisti per cui la libertà è un inutile orpello. In una parola, sono diventati vecchi.

Non siamo evoluti se guardiamo i concerti su YouTube, se abbiamo imparato a usare smartphone, tablets e tutte le app del cazzo che ci abbiamo scaricato sopra. Ricominceremo a vivere nel nostro tempo se saremo in grado di recuperare quei valori, se saremo in grado di sostenere chi vuole davvero cambiare il mondo. L’ho capito dal primo urlo di Joshua ad aprire una serata straordinaria: il rock è un linguaggio per giovani e alcuni di noi non lo sono più.

di Paolo Pelizza

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 blog www.rocktargatoitalia.eu

 

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“IL SANGUE DI TOMMASO” alla libreria LaFeltrinelli

 Presso "LaFeltrinelli" di Corso Buenos Aires di Milano bene esposto e in compagnia di storici e classici scrittori di genere anche il libro  “IL SANGUE DI TOMMASO” di Paolo Pelizza.  

 -  Il Sangue di Tommaso è un romanzo noir di Paolo Pelizza. Tommaso, ex poliziotto diventato barbone, si trova coinvolto da un vecchio amico e collega nella ricerca di una ragazzina scappata di casa, Amanda. La ricerca ben presto si trasformerà in un’indagine che porterà Tommaso detto Tom dentro ad un infernale girone di corruzione e orrore. Alla fine scoprirà che nessuno è innocente o, almeno, che nessuno è più innocente di lui.

Paolo Pelizza, classe ’69, è docente al Centro Sperimentale di Cinematografia sede di Milano dove cura il corso di produzione all’interno del triennio di Cinema d’Impresa. Attualmente è curatore del I Master di Produzione Cinematografica della Scuola Nazionale di Cinema.

Pelizza è stato anche Presidente di Lombardia Film Commission ed è attualmente membro della Giuria dello storico Contest musicale “Rock Targato Italia”. Sempre sul sito di rocktargatoitalia.eu cura una rubrica "Le Visioni di Paolo" dove blatera di musica, società ed altre facezie.

Il Sangue di Tommaso è il primo della serie dedicata alle indagini di Tommaso Verani.

 

Francesco Caprini

Divinazione Milano S.r.l. 

Ufficio Stampa, Radio, Tv, Web & Social Network 

Via Andrea Palladio n. 16 - 20135 Milano 

Tel. 02 5831 0655  mob. 3925970778

e-mail:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

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Il ritorno degli Üstmamò

Nati nei primi anni '90 sulle pendici dell'Appennino reggiano, gli Üstmamò hanno seguito un percorso che, giocando con spirito rock sul dialetto e sulla riproposizione di canti tradizionali di montagna, è arrivato fino al pop da classifica, molto spesso sotto l'occhio attento di Giovanni Lindo Ferretti, che ha creduto in loro fin dagli inizi.

Dopo lo scioglimento, avvenuto nel 2001, sono tornati oggi con un nuovo disco, “Duty Free Rockets”, stilisticamente molto diverso dai precedenti, e nel quale manca la loro voce storica, Mara Redeghieri.

Ne parliamo in anteprima esclusiva con Luca Alfonso Rossi, chitarrista e fondatore della band.


- Ciao Luca, grazie per la tua disponibilità.

Ciao, figurati, è un piacere.

- Iniziamo con le domande di rito, cosa ti ha portato a riprendere il percorso Üstmamò ?

Dunque... è cominciato con la mia voglia di riprendere a suonare insieme, ma senza un'idea in particolare. Da lì ho provato a sentire gli altri, per vedere cosa ne pensavano.

Ezio lo vedo abbastanza spesso, suona con me nel tour di Ferretti, ma ha rinunciato perchè è piuttosto impegnato con la sua professione di insegnante, un percorso intrapreso molto tempo fa anche da Mara. Lei aveva in mente di finire prima comunque il suo disco, sul quale sta lavorando ormai da 4 anni (ride).

Simone invece era disponibile e alla fine abbiamo deciso di fare il disco noi due. Non è detto però che nei prossimi dischi non ci possano essere anche gli altri, non c'è stato un diktat, nessuno ha fatto fuori nessuno, semplicemente al momento è così, anche se forse visto da fuori è più difficile da capire.

- Al di là della mancanza di Mara Redeghieri, nel nuovo disco ci sono un po' di cambiamenti rispetto a quanto fatto in passato dalla band. Come sta reagendo finora il vostro pubblico storico a tutte queste 'novità' ?

Non so dirti come sta reagendo il pubblico...ti posso dire cosa mi aspetto io, e cioè mi aspetto che qualcuno si possa anche incazzare (ride). In fin dei conti non è facile star dietro a questo tipo di cambiamenti, lo posso capire, però non mi andava di fare cose omologate sulla linea delle produzioni attuali. L'unica cosa che mi darebbe fastidio è che qualcuno pensasse che l'ho fatto come provocazione, perchè non è assolutamente così.

La scelta del cantare in inglese è stata per certi versi obbligata. L'italiano è una lingua complessa, che nelle canzoni va valorizzata in un certo modo, come avrebbe fatto Mara, ma io sono più un musicista, per me il testo ha un'importanza diversa. All'inizio ho provato ad usare l'italiano ma sembrava di sentire Nek (ride). L'inglese mi ha permesso di mantenere il contatto con quello che volevo fare musicalmente.

- Ricordo di avervi visto dal vivo la prima volta nel 1995 a Sonoria, sotto una specie di diluvio, in un pomeriggio che vedeva sul palco anche Yo Yo Mundi, Bersani, Fratelli di Soledad, CSI. Come vedi cambiata la scena musicale italiana rispetto a quei tempi ?

Si ricordo bene quella occasione ! In realtà non so dirti com'è cambiata la scena perchè adesso non la seguo più molto, sono uno che ha scelto di fare la sua vita un po' lontano, in montagna. E' però sicuramente cambiata l'intenzione con la quale si suona, la scena anni 90 era bella e per certi versi irripetibile, figlia del suo tempo.

- Ti senti sempre un "ribelle della montagna" ?

Più che ribelle della montagna mi sento un 'bidello' della montagna (ride, e io con lui). No scherzo, montanaro si, ribelle un po' meno.

- E la tua passione per il roots rock americano da dove nasce ?

Guarda, noi siamo partiti come un gruppo praticamente folk, che si esprimeva anche attraverso canti popolari, a modo nostro. La musica roots anni 50 e 60, con quei pezzi sui quali ho iniziato a suonare da ragazzino, era perfetta per un ritorno a quella fase.

- E così si spiegano le canzoni nate nella legnaia... (quella dell'abitazione di Luca, ndr)

Esatto !

- Il testo della prima traccia del disco,"I Play My Chords", sembra riassumere bene la filosofia del disco, è corretto ?

Si in effetti è così, è la filosofia del suonare con semplicità, senza la preoccupazione di dover fare un disco 'in particolare'. Al giorno d'oggi, è comunque molto difficile avere dei riscontri economici con i dischi, tanto vale fare qualcosa per il tuo piacere personale e cercare di divertiti a suonarlo in giro. Questo disco per me è stato molto immediato, ci ho messo meno tempo a registrarlo di quanto invece ce ne sto mettendo a scegliere un'ufficio stampa...

- A questo punto possiamo dire che se negli Ustmamò storicamente sono sempre esistite due anime, una legata al mondo della tradizione ed una legata all'attitudine un po' più punk, questo nuovo "Duty Free Rockets" è il modo per restare fedele alla prima (anche se non è ricollegabile all'Appennino ma alle praterie americane) ?

Si, sono d'accordo. Le tradizioni legate alla terra, le 'radici', per noi sono sempre state molto importanti. Il nostro periodo pop è stato bello, però lì c'era l'aspetto di aver fatto diventare la musica una professione, perdendo ovviamente in genuinità.

- Mentre invece l'esperienza in tour con Giovanni Lindo Ferretti è un modo per alimentare l'attitudine un po' più punk...

Mmm... questo in realtà no, perchè non c'è persona che sia legata alle tradizioni più di Giovanni. Anche se dal punto di vista musicale il repertorio è in gran parte quello dei CCCP/CSI, in realtà questo tour ("A cuor contento", che prosegue da più di 4 anni, ndr) è molto strano, molto spesso nemmeno io riesco a capire quale sia la linea (ride). Ma rappresenta il percorso di Giovanni, un percorso complesso e affascinante.

- In tutti questi anni con Giovanni, che vi ha incoraggiati fin dall'inizio, producendo anche i vostri primi dischi, come è cambiato il rapporto ?

Giovanni è quello senza il quale io non avrei nemmeno cominciato a fare questo mestiere, per cui la mia stima nei suoi confronti è immensa. Dal punto di vista musicale lui è uno che ascolta musica molto raramente e quindi è più difficile confrontarsi. Avere ripreso a suonare la chitarra con lui nel suo tour mi ha però fatto di nuovo venire la voglia di fare qualcosa di mio, quindi devo nuovamente dirgli grazie !

- Un'ultima curiosità: come è nato il titolo del disco, "Duty Free Rockets" ?

Una sera, sentendo una notizia relativa a un bombardamento su Gaza, un ministro israeliano parlava della striscia definendola una duty free rockets zone, riferendosi probabilmente al fatto che in quella zona fosse piuttosto facile procurarsi missili. Però mi piace pensare che potesse anche essere intesa come un futuro dovere (duty) di avere una zona libera dai missili. Questa possibile doppia interpretazione mi ha affascinato.

- Ok Luca, grazie nuovamente e a presto, attendiamo di vedervi dal vivo !

Con molto piacere, ciao.

Intervista a cura di Paolo Ciro (NowHereMan)

 

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