- Scritto da Francesco Caprini
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022 - Il Sacro della Musica

Questa volta scomodiamo l'Antropologia per rivelare quello che in realtà tutti nel nostro “Io” riconosciamo universalmente alla Musica: la Sua Sacralità.
Ognuno di noi sia che siamo chitarristi Heavy Metal o puristi della Musica Classica o Neomelodici o seguaci del Jazz o followers dell’ultima boy band coreana “sentiamo” quel trasporto emotivo che con carattere di urgenza ci promette che ci sentiremo meglio sé da lì a poco accettiamo “l'IDEA” di ricevere la nostra musica preferita.
Ci gira in testa come uno di quei desideri che somigliano alla fame o contestualmente ad altri momenti “confetto” della nostra vita. Quei momenti a cui proprio non vogliamo rinunciare.
Anzi stiamo male sé perduriamo in questo stato di negazione del desiderio.
Urge la voglia, il desiderio poi diventa necessità .. corriamo a comprare una radiolina sé davvero ci troviamo nella impossibilità del ricevere la “Nostra Musica”, il nostro pasto.
Tutto quello che facciamo senza porci troppe domande sulla sua natura è ancestrale. Come dice Alberoni .“ sé prima di fare un passo ci devi pensare .. allora è meglio che tu non lo faccia”. Bello ! Mi ha sempre colpito questa frase e per me suona come una dogana al di là della quale sì trova tutto quello che non mi deve riguardare, ma ( e questo l’altro lato della medaglia) mi dona la totale fiducia nella bontà delle mie azioni quando queste ricadano al di quà di questa dogana immaginaria.
Dunque il Sacro è alle radici della musica e non è la musica ed apparirci Sacra per la sua bellezza. Capite? Il ciliegio non prende il nome dalla ciliegia, dal suo frutto, ma è il frutto a prendere il nome dalla sua pianta. Dai che per una volta cominciamo a mettere le cose nel giusto ordine. In un mondo dove l’apparire contestualizza il senso è giusto che qualcuno ricordi come stanno le cose e da dove esse traggono la loro linfa ed esistenza; motivo per cui se non esistesse questo stato remoto non esisterebbe neanche l’apparenza.
Ed ecco che per chiarire questo ultimo concetto rievochiamo la Antropologia.
Durante un viaggio scientifico presso una tribù incontaminata vengono mostrati oggetti , foto e registrazioni audio e video che documentano la nostra società contemporanea. Quando viene fatta ascoltare la voce di Maria Callas il capo tribù sì emoziona perchè questa persona ed il suo canto sprigionano sacralità, la riconoscono e vi sì rispecchiano e per questo sì inchinano alla persona che stanno ascoltando cantare in quel momento.
Là in fondo , a distanza forse di millenni, facendo un balzo indietro nella nostra “evoluzione” ( aggiungo relativa) le vere verità sì manifestano. Fra esse il nome dell’albero che produsse la musica: Sacro.
Nel suono sì annidano le cause scatenanti esse stesse il suono[1] . Nel suono , l'apparato che costituisce nelle sue articolazioni e regole il suono stesso è ciò che noi necessitiamo tutti come nutrimento e che quando addirittura, siamo fra coloro che la coltivano (la producono) rispondendo ad un desiderio di cui non conosciamo la fonte, ci trasformano in sacerdoti e divulgatori di tali nutrimenti.
Perché la musica? Perché è una forma di energia e noi siamo, in quanto figli di questa energia, completamente dotati di ciò che ci serve per usarla, mostrarla e moltiplicarla. La nostra voce è lo strumento deputato a questo scopo. Molti significati sono traslati oltre la parola (oltre la necessità del valore semantico) e tradotti spesso con il suono dell’azione o del concetto che vogliamo rappresentare.
Un “verso” (un suono) è sufficiente e spesso più esaustivo di più parole concatenate insieme per esprimere un pensiero. Non parliamo poi di quando a dover essere espresse sono le emozioni ( direttamente connesse quindi al nostro “io” interno, alla nostra sacralità) perché in questo caso abbiamo addirittura coniato un modo di dire: vale più un “sussurro di mille parole”. Quando una persona è assolutamente nel panico delle emozioni non parla, non ci riesce , emette solo suoni.
Per noi che creiamo musica è imperativo ricordarci o pregare di trovare qualcuno che ce lo ricordi, che la musica è molto più di quello che ci sembra di stringere nelle nostre mani. La musica ha un potere che è talmente grande che non possiamo rendercene conto razionalmente, ma ci fa piangere, emozionare gioire o rattristare tenendoci al guinzaglio benchè fossimo dei Re. Questo perché proni al cospetto del sacro siamo tutti piccoli abbastanza da necessitare di quel nutrimento cosmico per continuare ad Essere.
La musica (il suono) è come l’acqua o l’aria, ascoltare ci fa sentire connessi, accoccolati e sicuri come fra le braccia di chi ci ama e da molto prima che chiunque possa mai ricordare.
Antonio Chimienti
29/01/2021
[1] lo ho scritto in un precedente articolo sulla “Teoria delle stringhe ”https://www.rocktargatoitalia.eu/k2/k2-categories/il-dubbio-delle-scimmie/item/3000-020-la-teoria-delle-stringhe-lo-spartito-di-dio.html