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IN CASO DI COSCIENZA …

IN CASO DI COSCIENZA …

 IN CASO DI COSCIENZA …

   E’ inutile che insistiate. Non parlerò di Sanremo 2021.

Non vi dirò che quest’anno le polemiche ci sono state dopo e non in anticipo. Forse, in questo periodo surreale, se ne sono dimenticati e sono corsi ai ripari in seconda battuta. Non vi dirò nemmeno che, in questa edizione, hanno riguardato la “copertura” di un seno femminile, alcune accuse di plagio (un paio di brani erano davvero un po’ più che liberamente ispirati da precedenti altri ma nulla di legalmente rilevante) e sul flop degli ascolti.

Non vi spiegherò che ci sono state altre questioni controverse. Ad esempio, uno speech un po’ “spericolato” su un illustre e tragico suicidio che ha fatto molto indignare famiglia e amici del tormentato artista. Un’altra sulla dimenticanza dell’omaggio previsto per celebrare Stefano D’Orazio. E ancora, la polemica innescata da una storica e stagionata interprete sul fatto che il (bel) canto non è per tutti e con l’aria di una saccente anziana zia, ha chiosato: “ho sentito molte stonature …”. Peccato che la storia della musica contemporanea è piena di “stonati”. Un esempio? Un tale Kurt Cobain non aveva nell’essere perfettamente intonato, il suo punto di forza, eppure ha portato i suoi Nirvana nell’Olimpo delle band più significative di sempre a livello planetario. Quasi, quasi viene voglia di chiedere alla signora se a Chiasso sanno chi lei sia.

Nemmeno parlerò dell’ospite fisso. Sapete cosa si dice degli ospiti … A dirla tutta, è stato interessante su vari piani. Quello più significativo è, indubbiamente, quello delle neuroscienze: tutti i cultori e gli studiosi della materia hanno dovuto rivedere le loro convinzioni sull’egocentrismo infantile. Infatti, ora sappiamo che non sparisce alla fine dell’età evolutiva ma può restare (o incarnarsi) in un marcantonio di quarant’anni e in modo manifesto, non latente. Tenere l’amico ipertrofico, tutte le serate, è stato un po’ di troppo, diciamolo francamente.

Non mi esprimerò sul fatto che mentre il mondo e il nostro Paese è in ginocchio per la pandemia (da cui, ormai, è noto che non si uscirà tanto presto) “fare” Sanremo (con quei cachet poi …) è uno schiaffo alla gente che langue, a cui hanno tolto il reddito, a quelli che perderanno il lavoro un secondo dopo che rimuoveranno il blocco dei licenziamenti (si stima più di un milione di persone), alle attività che hanno chiuso o che chiuderanno e, soprattutto, a quei lavoratori dello spettacolo che non hanno la fortuna di lavorare in grembo a mamma RAI. Se qualcuno avesse tenuto viva una coscienza, probabilmente, avrebbe soprasseduto e magari, quei soldi, pochi o tanti, li avrebbe fatti arrivare in qualche modo (che ne so … costituendo un fondo?) a quelli che non hanno la fortuna di essere protetti dal broadcaster di Stato.

Inoltre, non parlerò (nemmeno sotto tortura!) del fatto che, al di là dell’assenza di mascherine sul palco (comprensibile, peraltro) la kermesse, in assenza di pubblico, ci sia sembrata asettica, sottotono … No, è più corretto, sottovuoto. L’entusiasmo dell’orchestra che ha svolto, anche, la funzione di claque, ha sottolineato la forma di sterilizzata orgia onanistica che ha caratterizzato la manifestazione.

Non vi racconterò dei look e delle esibizioni di Achille Lauro. Bisogna stare attenti a non confondersi: questo ragazzo è un simpatico performer ma non è David Bowie e, purtroppo per noi e per lui, non lo sarà mai. Ma, diciamolo, per Sanremo è addirittura troppo bravo.

Tacerò sulle riesumazioni che il miracoloso Festival ogni anno compie. In questa edizione erano piuttosto tristi e una, addirittura, semi afona. Niente di preoccupante, magari stonava. Chi la sentiva, poi, la zia?

Infine, terrò la bocca chiusa sul fatto che ha vinto una giovanissima band con un bel pezzo rock. Per Sanremo è hardcore. Penso che sulla Riviera tutta, abbiano portato i bambini di corsa a casa, rimesso nella stalla gli animali e sprangato porte ed imposte. Non hanno fatto, probabilmente, molta fatica perché stavano già così per la pandemia. Dico io … ma il rapper che fa lo stesso pezzo che l’hip hop italiana ci propina da un decennio pur cambiando autori e interpreti, dov’era? Oppure, il melenso e/o la melensa super-impostati con la canzone triste e melassata sul fatto di essere stato o stata lasciata? Eppure, c’erano …

Perché non hanno vinto loro? Mah … Strano, perché chi ha vinto ha fatto il pieno dei voti del pubblico. Ci deve essere un errore, perché sono anni che ci dicono che il rock è morto, che non riesce più a parlare ai giovani …

Come Trump. Voglio anche io il ri-conteggio dei voti!

Acqua in bocca, anche sul sospetto di plagio … Sì. Quello era uno dei due pezzi incriminati.

Non vi dirò nulla. Quindi basta … state zitti e buoni.

di Paolo Pelizza

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