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Quattro chiacchere con Le Cose Importanti

Le Cose Importanti è una band nata nel 2017 divisa tra il Lazio e la Toscana: ieri hanno pubblicato il loro ultimo singolo, "Terra", scritto ed elaborato durante Sound Bocs, music farm a sfondo civile dedicata agli artisti emergenti. Il brano racconta il bisogno di emergere, di alzare la voce, affermarsi per ciò che si è realmente. 

La paura di essere sè stessi e di uscire allo scoperto è un argomento a cui siamo molto legati. Troppe volte, ancora, si parla di diversità nel modo sbagliato o ci si nasconde con la testa sotto la terra quando si parla di violenza.

Il loro progetto musicale ci è sembrato particolarmente interessante: abbiamo deciso di intervistarli per conoscerli meglio.

Come nasce “Le Cose Importanti”?

LCI nasce nel 2017 in camera mia (Giada), scrivevo per sentirmi meglio e per "esorcizzare" alcuni stati d’animo che mi tiravano giù in quel preciso periodo. Un giorno feci ascoltare qualche brano ad Ylenia (ci conosciamo da 12 anni) e la sua prima reazione fu quella di dirmi che sono una cretina, la seconda fu quella di spingermi ad "uscire" dalla mia camera. Organizzò, di nascosto, insieme ad una nostra amica, Lucia, le prime date dicendomi che non potevano essere cancellate, così mi convinsi e, con le gambe tremolanti, mi "lanciai" letteralmente sul primo palco.

Quali sono i vostri artisti di riferimento?

The Cure, Joy Division, Wye Oak, Verdena, Placebo, Bon Iver, John Frusciante, Josè Gonzalez, Sigur Ros, Tycho, ce ne sarebbero molti altri ma ci fermeremo qui.

Cosa significa per voi “Le Cose Importanti”?

Le cose importanti sono la vita di tutti i giorni, sono i traguardi che cerchiamo di raggiungere. Sono i piccoli gesti che ti cambiano la giornata, possono essere tante cose.

E le vostre quali sono?

Com’è stato partecipare al progetto Sound Bocs?

È stata un’esperienza incredibile, abbiamo vissuto per una settimana circondati da artisti e dalla musica. Non potevamo chiedere di meglio, per questo consigliamo a tutti gli artisti emergenti di proporsi e partecipare a questa bellissima iniziativa di Musica Contro le Mafie.

Negli ultimi anni avete calcato diversi palchi in giro per l’Italia: siete riusciti a trovare altri modi per esprimervi e per vivere quelle emozioni in questo periodo?

No, è impossibile sostituire l’emozione che ti da suonare dal vivo con un pubblico davanti, per questo ci rifiutiamo anche di fare le dirette.

Qual è il vostro più bel ricordo legato ai live?

In realtà noi ricordiamo bene e con piacere tutti i live fatti fino ad ora, ma l’apertura dell’Uno Maggio di Taranto è, sicuramente, tra i live più emozionanti e che più ci rappresenta sia per le tematiche trattate, sia per il luogo in cui viene svolto.

In questo ultimo periodo state ottenendo diversi riconoscimenti: avete vinto diversi contest, in ultimo quello di Verona In Love e il vostro pezzo verrà presentato a Casa Sanremo. Vi sentite sulla giusta strada?

Sentiamo che il percorso è quello giusto, ma c’è da lavorare ancora più di prima. Siamo molto soddisfatti del percorso che, da soli, stiamo facendo.

Cosa vi aspettate per il futuro?

Di suonare più di prima, di lavorare più di prima e di accorciare la distanza tra noi.

Avete altri pezzi in uscita? Volete darci qualche anticipazione?

Abbiamo dei pezzi in cantiere, ma non possiamo ancora dirvi nulla! No spoiler <3
- Baci da tutt*-

Biografia

Le cose importanti sono una band divisa tra Lazio e Toscana, fondata nel 2017 dalla cantante Giada, spinta da una forte esigenza di raccontare e raccontarsi. Tra i vari cambi di componenti e sperimentazioni varie, la band raggiunge il giusto equilibrio con lʼattuale formazione: Giada (voce e chitarra), Ylenia (chitarra), Umberto (basso), Matilde (batteria). Iniziano, così, a girare lʼItalia affiancando Guest di un certo livello nel panorama Nazionale (Fabrizio Moro, Giorgio Canali & Rossofuoco, Riccardo Sinigallia, Maria Antonietta, Omar Pedrini e molti altri...), collaborando con diverse realtà che, inevitabilmente, segneranno il percorso della band. Il 21 Luglio vincono il contest per Arezzo Wave, rappresentando così la regione Lazio, nella finale che si terrà a Novembre 2020Le cose Importanti sono la vita di tutti i giorni, le cui vicissitudini ed amarezze meritano di essere condivise.

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Blog: Rocktargatoitalia.eu

Di: Nadia Mistri

 

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"A fondo": l'intervista a Cranìa

Il 29 gennaio è stato pubblicato "A fondo", il secondo singolo della cantautrice bresciana Cranìa: le sonorità, caratterizzate da suoni cupi, sono contrapposte alla voce dell'artista, lasciata nuda e cruda. Il testo racconta di un rapporto corrosivo, ma non abbastanza da lasciarsi travolgere e mettersi al secondo posto. Abbiamo intervistato Cranìa per scoprire qualcosa in più sulla sua musica. 

Come nasce il tuo progetto musicale? L'ambiente urbano milanese, in contrapposizione alle Valli bresciane, come ha influito sulla tua formazione?

Il progetto è nato una volta arrivata a Milano, più precisamente, nel 2017, anno in cui ho iniziato un percorso di scrittura quotidiano, stimolata anche dai corsi di songwriting che ho seguito alla Mirò Music School. È stato proprio il mio trasferimento a farmi prendere maggiore coscienza di chi sono e chi voglio essere, musicalmente parlando.

Quali sono le tue principali influenze musicali?

Sono cresciuta ascoltando il cantautorato genovese, in particolare Tenco e Bindi, in commistione a Lou Reed. Con la laurea in musicologia, ho apprezzato la musica delle origini e la classica, mentre ora, nella mia playlist, non possono mancare Ry X, Bon Iver e i London Grammar.

"A fondo" è il tuo secondo singolo, preceduto da "Stomachion", entrambi caratterizzati da un forte intimismo. Sono effettivamente frutto di un tuo viaggio interiore?

Assolutamente sì, sia a livello sonoro, che testuale. Per quanto riguarda il sound, i due singoli, insieme al resto della produzione, nascono da una lunga ricerca, portata avanti con il produttore Maurizio D’Aniello, per identificare al meglio la mia personalità musicale. Sonorità ambient, alternative ed elettroniche supportano e caratterizzano testi in cui sono presente in tutto e per tutto, anche quando sono un prestito preso dalla vita di altri, da libri, film o semplicemente dettagli che mi ispirano.

Le immagini del videoclip risultano evocative e in grado di restituire in modo particolarmente vivido le sonorità del pezzo: com'è nata l'idea?

Sono contenta che sia arrivato questo. È “A fondo” stesso che mi ha suggerito la dimensione visiva: i suoni che ricordano i movimenti dell’acqua, la profondità e il tono scuro dell’arrangiamento, il testo viscerale sono stati dettagli importanti per la resa del videoclip.

Hai già altre canzoni in cantiere? Vuoi darci qualche anticipazione?

Certo! Non avrei iniziato a piantare le mie prime bandiere sul pianeta musica se non avessi continuità. Con il mio team, stiamo ragionando all’EP e costruendo quelli che saranno i concerti. Aspettatevi qualcosa di “alternativo”!

 

Biografia

Francesca Cominassi, in arte Cranìa, è una cantautrice classe ‘92. Nata e cresciuta in Valle Camonica, tra le montagne della provincia di Brescia, nel 2017 si trasferisce “un po’ per caso” a Milano. Durante una cena con amici in vacanza a Pietrasanta, viene a conoscenza della Mirò Music School. È così che, dopo questi giri cittadini e aver conseguito la laurea in musicologia, approda a Sedriano (MI). La direttrice Rosa, con il suo fiuto sensitivo, la catapulta nel corso di scrittura: da quel momento non riesce più a smettere di creare. “Stomachion”, uscito il 30 ottobre 2020, è il singolo di debutto, che dà il via ad un progetto cantautorale a tinte alternative, ambient, elettroniche.
Il nuovo brano di Cranìa dal titolo “A fondo” è disponibile in radio e in digitale dal 29 gennaio.

 

Blog: Rocktargatoitalia.eu

Di: Nadia Mistri

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BON IVER - COMPENDIO DI UN PROFETA DELLA MUSICA CONTEMPORANEA

Cari Visionari, ricevo da un giovane che mi legge e (spesso) mi suggerisce dei contemporanei da ascoltare questo articolo e sono felice di ospitare questo suo pezzo nella mia Rubrica.

Questa la Visione di Andrea!

BON IVER - COMPENDIO DI UN PROFETA DELLA MUSICA CONTEMPORANEA

Chi o cosa fa di un’artista un vero artista? Domande enormi su concetti le cui risposte molto spesso risultano banali e la società attuale può svilirne il significato. Penso che un vero artista sia colui che sa scavare dentro di sé, la propria sofferenza - senza di essa l’arte potrebbe non esistere - e riemergerne con una propria voce, chiara e tangibile. Ma soprattutto, una volta che quella voce è stata acquisita e fatta propria, distruggerla e costruirne una nuova innovandosi costantemente. Rimanendo ancora sé stessi.

Questo sono i Bon Iver: innovazione e contemporaneità. Ne ha fatta di strada Justin Vernon dal lontano 2007 quando, separatosi dalla sua compagna e affetto da mononucleosi, si ritira nella baita innevata di suo padre in Wisconsin dove partorisce quel capolavoro folk fino ad ora inarrivabile che è For Emma Forever Ago. Un esordio dove il candore è capace di sciogliere gli inverni più rigidi. Giornate scandite da legna accettata, cacciagione mattutina e litri di birra. Il ritorno all’essenzialità, l’abbraccio e la cura della propria anima partoriscono un lavoro trascendentale. Da lì il successo inaspettato e planetario, che lo consacra come nuovo Messia del cantautorato americano. Ma non ha mai voluto il successo come lo intendiamo noi, gli è capitato quasi per caso. Canzoni frutto del dolore e del non essere quello che tutti vorremmo essere a un certo punto della nostra vita lo hanno catapultato sulla scena internazionale.

Ma non era più lì. Nel 2011, diventata una vera e propria band, Justin Vernon pubblica l’autocelebrativo Bon Iver, Bon Iver; un album corale e ricco di sonorità che spazia dal folk al post-rock a ballads di ispirazione marcatamente anni ’80, che non sfigurerebbero in un disco di Peter Gabriel. Holocene, uno dei singoli trascinanti del disco, ha dentro di sé il ritornello/strofa simbolo di quello che è ora e di cui si vuole liberare:

And once I knew I was not magnificent

Lo canta con disarmante bellezza, in un crescendo emotivo. No, io non sono un Profeta, non sono un Messia, ma semplicemente Justin. Umano e quindi imperfetto. Il disco fa incetta di premi tra cui due Grammy, lanciando definitivamente i Bon Iver tra i grandi della scena mondiale.

Philosophize your figure

What I have and haven't held

You called and I came, stayed tall through it all

Fall and fixture just the same thing

Nel 2016, cinque anni dopo il disco omonimo, Justin Vernon pubblica 22, A MIllion il suo album più audace e sperimentale. A detta di chi scrive questo è l’album della svolta, il punto di non ritorno, nonché il loro capolavoro avanguardista come lo era stato Kid A diciotto anni fa per i Radiohead.

La voce di Justin Vernon rimane il perno, il fulcro da cui tutto deriva. Sono i Bon Iver, ma allo stesso tempo non lo sono più. La sua voce è filtrata da vocoder- il suo ingegnere del suono Chris Messina costruisce un prototipo che esalta il suo baritono/falsetto - glitchata, frammentata e ricomposta. I titoli delle canzoni talmente criptiche che anche un professore universitario di semiotica avrebbe difficoltà a comprendere: 22 (OVER SOON), 33 “GOD”, 29# Strafford APTS e 8 (circle) sono pezzi di rara bellezza. Destrutturando di nuovo sé stessi per creare un qualcosa di nuovo, i Bon Iver sono arrivati a un punto di non ritorno nella loro storia discografica.

Nel frattempo il progetto prosegue e si allarga, creando collaborazioni con chiunque il ragazzone proveniente da Eau Claire, Wisconsin si sentisse stimolato e ispirato: nomi che vanno da Kanye West (suo grande estimatore), Eminem, James Blake e molti altri. Ha creato i Volcano Choir, i Big Red Machine e la piattaforma PEOPLE, una community dove lui e i suoi colleghi musicisti possono condividere materiale inedito e collaborare a nuove produzioni.

Ho avuto la fortuna di assistere alla loro unica data lo scorso 17 Luglio al Castello Scaligero di Villafranca. La band mancava in Italia da sette anni e di strada ne è stata percorsa. Location suggestiva come poche al mondo, ha accolto diecimila persone dentro le sue mura medievali per un evento sold out da mesi. Puntuali alle 21:15, in pieno tramonto, il gruppo entra in scena. Il set up è essenziale, funzionante al mood che il concerto sta per creare, con uno schermo in fondo al palco a proiettare i video e luci con teste remotate sul palco. Si inizia con Perth, e meglio non si potrebbe iniziare. Vernon arpeggia la Gibson, trasportandoci nel suo mondo, con le due batterie che partono con il loro incedere marziale. Grande canzone post-rock. Vernon e soci dividono lo spettacolo in due atti, si ritirano nelle quinte per una ventina di minuti per poi riapparire solo lui con la acustica: è il momento di Skinny Love, una delle canzoni più coverizzate negli ultimi anni, cantata con l’abbacinate emotività che la caratterizza. Rientrano tutti, e la seconda parte della performance sarà un crescendo sempre maggiore, riuscendo nella non facile impresa di suonare tutto il meglio dei loro tre dischi. Mi giro attorno e tutto il pubblico attorno a me proveniente da mezza Europa è silenzioso e attento, coinvolto con catarsi al misticismo di ciò che stanno vedendo e sentendo. A fine esibizione tutti in visibilio, e Justin Vernon sentitamente ringrazia commosso. Concerto perfetto.

Meno di due settimane e a sorpresa i Bon Iver pubblicano il loro quarto album sulle piattaforme digitali e non il 30 Agosto (che rimane la data delle copie fisiche). A quest’opera i collaboratori si sprecano, da James Blake a Aaron Dessner dei The National, da Moses Sumney a Bruce Hornsby dei The Grateful Dead. Il gruppo si è allargato, e oltre alle collaborazioni esterne si può dire che i Bon Iver non sono più una band ma un vero e proprio collettivo. Questo quarto disco, “i,i” è il suo nome, non si allontana di molto dalle sonorità del suo predecessore, ma accorpa in modo fluido e linfatico tutte le sonorità che il gruppo ha ricercato in questi anni -folk, elettronica, post-rock, r’n’b e soul - facendolo diventare quindi il loro disco più completo e armonioso.

In una recente intervista, Justin Vernon ha dichiarato che “i,i” chiude un metaforico ciclo artistico in cui ogni disco è associato alle stagioni, partendo dall’inverno di For Emma Forever Ago e arrivando all’autunno di quest’ultimo. Una fine quindi, e probabilmente un nuovo disco. Non si sa se dopo quest’ultimo lavoro e il tour che segue il progetto Bon Iver finirà, ciò che però sappiamo è che la musica di Justin e soci è luce salvifica, raggi di purezza capaci di perforare qualsiasi nube si presenti nel mondo e nella nostra vita quotidiana. E sì, ne abbiamo davvero tanto bisogno.

di Andrea Giacchetta

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