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ANNO MUSICORUM MMXX parte II di Massimiliano Morelli

   Chi di voi ha avuto la possibilità di leggere la parte prima di questo mio ANNO MUSICORUM MMXX e, sfidando eroicamente la mia disarticolata articolazione, è pure riuscito ad arrivare alla fine dell’articolo, sarà già a conoscenza del fatto che avevo deliberatamente lasciato aperto il sonoro cerchio, nondimeno lasciando intendere che, dato che i dieci lavori (otto LP più uno e un EP) da me citati in quella oltremodo succulenta occasione non rappresentano che una percentuale –per quanto luminosissima– infinitamente piccola del quasi infinito firmamento musicale di questo appena conclusosi 2020, avrei magari, col tempo, riacceso il PC e, cuffie nelle orecchie, ripreso a illuminarvi lungo l’aurale cammino ripartendo, o forse no, dal punto in cui m’ero giocoforza dovuto defilare . . . quel tempo è giunto e veniamo dunque al punto. Il 25 dicembre, un anno dopo la pubblicazione di Jesus Is Born, il gruppo gospel Sunday Service Choir (Los Angeles, California, USA), sotto lo stesso moniker meno Choir, rende più solenni e contemplativi i toni e i colori rilasciando a sorpresa un enigmatico EP –12 minuti circa– dall’ancor più enigmatico titolo Emmanuel (“Dio è con noi” il suo significato secondo la cartella stampa che accompagna l’uscita) e di divina luce –e voce–, opportunamente, quasi quasi si tratta: apparentemente ispirato da musica antica (leggasi: sacra) e latina (!) e interamente composto e prodotto dal ben più famoso se non famigerato nonché spesso redento Kanye Omari West, l’extended play in questione raccoglie cinque nuove rare e rarefatte tracce al limite della rivisitazione in chiave quasi-contemporanea del canto gregoriano e della musica liturgica— cinque tracce tanto eloquenti nei titoli quanto inequivocabili nei modi e nelle intenzioni il cui tema/leitmotiv religioso, spirituale, e forse apocalittico (leggasi: rivelatore) può davvero diventare il modo migliore per salutare a modo e dire addio a un’annata che dei modi e delle intenzioni ivi riportati e qui acclusi, per l’appunto, s’è rivelata pressoché carente se non addirittura scevra. Amen. Rimanendo ancora a Los Angeles ed egualmente liturgici ma invertendo ora le croci, ci accingiamo di converso ad addentrarci nei meandri infernali del sottosuolo californiano e vagare, perduti, per le tenebre più buie, profonde, e profane possibili del panorama musicale odierno: il 28 agosto i Cultus Profano tanto eloquenti e inequivocabili quanto le angeliche voci della funzione domenicale di cui sopra, ma al contrario– pubblicano l’implacabile e meravigliosamente canonico Accursed Possession, la loro pertinentemente appellata second offering— un trionfo in e di altisonanza stilistico-concettuale, tecnica, e scrittura; uscito sotto la gelida egida della Debemur Morti Productions e comprensivo di sette composizioni grondanti acciaio bollente, old school, e magia nera, questo nuovo LP dell’ormai comprovato duo (Strzyga, voci e chitarre; Advorsus, batteria e voci) losangelino riprende con dovute dovizia e devozione la ri-lettura dei principali testi sacri della second wave del black metal di matrice nordeuropea iniziata col debutto discografico ufficiale (Sacramentum Obscurus, 2018) e ne comprende e poi estende il nero messaggio fino a traslarlo, giustappunto, nelle sette offerte –sette sacrifici, sette rituali– che lo compongono e rendono un grimorio di note e di parole più che perfetto sia per l’adorazione del Diavolo (!) che per l’esorcizzazione del diabolico 2020. Horns up, dico io! Ora, se ancora non siete stati asfissiati, tramortiti da tutto l’incenso e da tutto lo zolfo finora sparsi e consumati, è arrivato il momento di dimenticarci per un po’ di acquasantiere e pentacoli e, per mezzo del nostro fedelissimo portale spaziotemporale, cambiare genere, continente, mese e così approdare a Bristol (Inghilterra, Regno Unito) addì 25 settembre: basso e batteria a martello, granitici come il granito, scandiscono una simil-marcia (post-)punk che non suona dissimile da una chiamata alle armi— gli IDLES (tutto maiuscolo) pubblicano Ultra Mono, il loro terzo album, e l’opener, giustamente intitolata War, ci esorta senza perdere battuta a riprendere e indossare giacca di pelle, t-shirt sgualcita, jeans neri stretti, stivali militari ed essere pronti ad assaltare pogando la giungla d’asfalto e cemento mediatico e non dell’anno da poco passato; registrato in Francia nel 2019 e supportato da niente meno di cinque singoli, impegnato ma non impegnativo, il disco si conferma come uno dei migliori del suo tempo e del suo genere (post-punk ad oltranza, Mastro Talbot?) e riconferma in stile, nell’ascolto passivo, tutta l’efficacia della band in qualità di tonico e corroborante per il corpo mentre, in quello attivo, di stimolante per l’intelletto e per lo spirito. Up (post-)punks to arms! Siamo quindi pronti per volare a Edmonton (Alberta, Canada) per un viaggio a ritroso nel tempo ma nel futuro del pop: il 3 aprile il duo futurepop Purity Ring (Megan James, voce e parole; Corin Roddick, musica e produzione) rilascia il meraviglioso, contemporaneamente fluido e compatto, sensualissimo in tutti i sensi WOMB (tutto maiuscolo) e da allora, non inverosimilmente, incubi, sogni, paure, e desideri di molte ragazze alle prese con, per esempio, l’approcciarsi della maturità sessuale –pandemia inclusa, vista la situazione mondiale– potrebbero non essere (stati) più quelli di prima; ora, cosa c’entro io, di fatto, con periodi, preoccupazioni, e aspirazioni d’una giovane donna d’oggi? Tutto, ribadisco e grido, se a cantarne l’esperienza è la voce di Megan James! Scritto e prodotto per intero dalla band stessa, questo terzo e più maturo lavoro ci accompagna lungo un possibile viaggio, sia nell’accezione letterale che in quella metaforica, al centro del grembo (womb in inglese) delle protagoniste delle varie canzoni— un viaggio tematico talmente intriso di viscere, umori e liquidi corporei, organi, ossa, e pelle che non sfigurerebbe se incorporato nel concept di un album d’una band death metal tra le più esplicite; tanto eteree quanto a volte funeree, leggere come l’aria e ponderose come l’oceano, poetiche ma anche crude(li), le dieci canzoni di questo dei Purity Ring, per concludere, varcano le soglie dell’eccellenza nell’incastro, strato dopo strato, tra voce naturale e musica artificiale, tra parola e immagine in un susseguirsi di impressioni il cui costante passaggio sembra essere un rito— un rito di passaggio, e possiamo quindi passare il testimone al prossimo disco tornando negli States in pieno autunno. Avevo poco fa scritto viscere e death metal, giusto? Rochester (New York, USA), 23 Ottobre: gli Undeath esordiscono col loro primo full-length Lesions Of A Different Kind e le lesioni riportate dall’ascoltatore potranno pure appartenere, come quelle nel titolo, a un probabile differente tipo, ma tutta la consolidata solidità e tutta la consistente insistenza del genere sono a maggior ragione presenti e garantite; comprendente dieci tracce relativamente brevi ma decisamente strutturate, se a un primo distratto ascolto il disco, ingannevole, può suonare come il tributo di alcuni compagni di scuola, raggruppatisi per l’occasione in una band, ai loro soliti stranoti musicisti preferiti –c’è tutta la vecchia, ehm, scuola e non solo–, servirà davvero poco all’orecchio meno stanco –meno annoiato, meno corrotto da sé stesso e dal tempo– per coglierne, dalla (de)composizione ed esecuzione delle singole canzoni fino alla produzione del lavoro tutto, quelle peculiarità e pregevolezze, passioni ed energie, credenziali e referenzialità che ne fanno un capolavoro di debutto— e giova davvero alla band, insisto, che i Glen Benton Trey Azagthoth del passato sembrino semidei antropomorfi scesi sui nostri palchi da chissà quale ancestrale tempio mentre i giovani membri degli Undeath moderni idolatri con lo smartphone in mano che da sotto quei palchi scattano foto e, urlando a squarciagola, inneggiano ai loro idoli. Devoti, non derivativi, freschi, talentuosi, contemporanei. Ci siamo— nostalgia del futuro o futura nostalgia? Marilyn Manson, in qualità di big, nel precedente AM MMXX ci aveva dato forza e coraggio e ora, a forza di coraggio, siamo pronti a rompere le catene e oltrepassare, più che abusivamente, il confine. Certo, fare uscire –il 27 marzo, per esser precisi– in un anno di terrore e reclusione un disco disco-pop con una tracklist più che trasparente e singoli che da basso a batteria passando per chitarre e tastiere trasudano contatto fisico, passione, (mal d’)amore, e sesso suona, e in tutti i sensi, quasi come un ossimoro pop, per l’appunto; ma, in difesa della femmina alfa (No matter what you do, I'm gonna get it without ya/I know you aint used to a female alpha, dal ritornello della canzone che dà il nome al long playing) che lo ha partorito, Future Nostalgia era stato concepito, scritto, e registrato ben prima della crisi mondiale che è andata a colpirne l’anno d’uscita. Disco –dove disco può e deve essere letto dance, electro, synth, funk– nel cuore e nell’anima e pop –quello grosso, che rimanda alle Nostre Signore e alle Lady Gaga del globo globalizzato– nel corpo e nella mente, il secondo album di Dua Lipa (Londra, Inghilterra, Regno Unito) reinterpreta e riscrive le regole del gioco raccogliendo undici inediti –undici hit mondiali– così ben scritti, arrangiati, e prodotti da far vacillare, se non crollare, tutta la mascolinità –o presunta tale– auditiva dei vari bellimbusti esperti tutto timpani pompati e cravatta aurale che ancora pensano d’aver ascoltato e capito tutto; del resto, basta ascoltarlo per sentire la fallacia delle proprie presunzioni, Future Nostalgia essendo, oltretutto, una legittima e riuscita dichiarazione d’intenti in un odierno mercato (leggasi: l’industra dello spettacolo, quella che contempla numeri e denari come intelligenza, lungimiranza, presenza, talento, capacità imprenditoriale) di stenti artistici e incertezze discografiche— un manifesto di rivalsa e d’affermazione contemporaneo la cui voce . . . appunto, che voce! Prim’ancora dei soldi (investiti e gudagnati, si capisce), prim’ancora del successo (conseguito e mantenuto), prim’ancora dello status di (nuova) icona –diva– del pop; ancora prima e alla base di tutto questo ci sono solamente due cose e tanto inscindibili quanto imprescindibili: voce e canzone. In Dua Lipa, si sappia, abbiamo entrambe e nel migliore dei mo(n)di pop possibili. Faremo finalmente calare il sipario sull’ANNO MUSICORUM MMXX, se del mio stile non siete plausibilmente già sazi o dallo stesso stati straziati, in grande stile coi Shabazz Palaces (Seattle, Washington, USA) per la scoperta dei quali, circa dieci anni fa, ringrazierò sempre e per sempre la mia celebrity crush (il mio, nemmeno a dirlo, idolo Julian Casablancas) e che il 17 aprile rilasciano The Don of Diamond Dreams, il loro quinto LP di cui non scriverò assolutamente nulla –ma che andrete a cercare subito e ascolterete mentre rileggerete l’articolo da capo– andando così a chiudere il cerchio senza concludere il discOrso (è l’ultima, suvvia) e aprendomi, cuore e orecchi com’è d’uopo in tali istanze, a tutte le vostre numerose e dovute raccomandazioni e rimostranze— stavolta, sì, ho veramente esagerato.

Perdonami due volte, e perdonami davvero, Maestro Pelizza!

Massimiliano Morelli

Milano, 19 01 2021

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"Stai con me", il nuovo singolo di Oana

Stai con me è il nuovo singolo di Oana


"Stai con me" è il nuovo singolo di Oana, misteriosa cantautrice che aveva di recente esordito con il brano Dentro e Fuori, con la sua inconfondibile malinconia elettronica che è diventata il suo marchio distintivo. Qui, Oana sembra volerci dire che il tempo non tollera sentimentalismi, ma è compagno severo del momento in cui spandiamo il primo respiro sul mondo. Probabilmente succede a tutti, di incontrare la persona giusta al momento sbaglio, o quella sbagliata al momento giusto. Allora bisogna raccogliere le forse e saper lasciar andare, anche quando in realtà vorresti gridare fortissimo: Stai con me!
 
E per infinito che ci può sembrare un momento buio, diventa inesistente rapportato all'eternità, diventiamo piccoli, possiamo dire mai esistiti. Ecco quindi il tempo non esiste, è una dimensione soggettiva, uno dei tanti costrutti mentali nei quali ci rifugiamo. Perché alla fine, quando ci giriamo indietro, la sensazione è qualcosa tipo...
è successo davvero? Era reale?


Tutto è offuscato e diventa leggero. Stai con me!

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Sono Oana.
Una, nessuna, centomila”.
Ho un unico desiderio: la catarsi.
Credo nell’arte come strumento essenziale per la liberazione dalle forme ripetitive del quotidiano. Ho sentimenti anticonvenzionali, ma provo rispetto reverenziale per la musica.

Sono nata nel ’92, non importa dove.
Ho fatto il Classico e poi ho lavorato nei bar (cioè ci lavoro ancora).

A 25 anni ho mollato il conservatorio ed ho iniziato a scrivere la mia musica, poi ho conosciuto Mr. Blackstar ed insieme abbiamo iniziato a lavorare al mio primo EP, “I FIORI DEL MALE”.
 
Sul web
 

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Di: Nadia Mistri

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"Milano nasce celtica" il nuovo libro di Tito Livraghi

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Che cosa sappiamo sui Celti?

E sulla fondazione della città di Milano?

Abbiamo mai sentito parlare delle dracme padane?

E nell'avveniristico quartiere di CityLife,

a cosa fanno riferimento le oltre 100 stelle colorate incastonate nella pavimentazione di piazza Burri?  

 

Milano nasce celtica

il nuovo libro del noto medico scrittore milanese

Tito Livraghi

ci ricorda da dove veniamo

e ci conferma che la Storia

può essere davvero appassionante

quando la si sa raccontare.

 

Milano nasce celtica – Recensione 14 Gennaio 2021

 

 

 

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Di: Nadia Mistri

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I corsi, in diretta su Zoom il sabato mattina dalle 10.00 alle 13.00, affronteranno i principali elementi della drammaturgia cinematografica e di quella seriale: dall’ideazione di una storia alla sua strutturazione in un racconto compiuto e coerente, con un tema riconoscibile, un conflitto forte e un protagonista interessante che affronti l’avventura più adeguata ai suoi obiettivi, e ai suoi bisogni.

 

SCRIVERE SCENEGGIATURE PER IL CINEMA
con Enrico Saccà
dal 30 gennaio al 27 febbraio 2021, il sabato ore 10.00-13.00

 

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dal 6 marzo al 3 aprile 2021, il sabato ore 10.00-13.00

 

Quota di iscrizione: 200,00€ per ogni corso (totale 400,00€)
Offerta pacchetto Sceneggiatura online: 350,00€


Iscrizioni entro il 26 gennaio

 

di: Nadia Mistri

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