IL RITORNO DELLO SPETTRO
IL RITORNO DELLO SPETTRO
«E gli occhi dei poveri riflettono,
con la tristezza della sconfitta,
un crescente furore.
Nei cuori degli umili maturano
i frutti del furore e s'avvicina
l'epoca della vendemmia.»
John Steinbeck “Furore”
Non so se qualcuno di voi ha mai letto il capolavoro di Steinbeck “The Grapes of Wrath” (I Grappoli dell’Ira) del 1939. In Italia, uscì nel 1940 con il titolo di “Furore” e subì la censura fascista. Se non l’avete ancora letto, colmate questa lacuna: oltre ad essere il capolavoro dello scrittore americano Premio Nobel nel ’62, è un romanzo molto educativo e, purtroppo, oggi molto attuale. Dal romanzo fu tratto un film che uscì già l’anno successivo alla pubblicazione per la regia di John Ford e interpretato da un meraviglioso Henry Fonda che presta il volto al protagonista, Tom Joad.
La trama è semplice: una famiglia come molte altre perde la fattoria in Oklahoma a causa delle tempeste di sabbia che rendono il terreno arido e non più coltivabile ma, anche, perché le banche non rinnovano i prestiti e si prendono la loro terra. La famiglia Joad inizia un esodo verso la California, vista come una sorta di Terra Promessa, alla ricerca di sopravvivenza, lavoro e migliori condizioni di vita. Quello Stato non si rivelerà essere “il paese del latte e del miele”. E’ un’umanità dolente che attraverso la Route 66 compie il viaggio dal Midwest fino alla costa Ovest. La storia di Tom Joad si chiuderà con lui in fuga dopo aver ucciso un poliziotto e con l’immagine tenera e terribile di una donna (Rosaharn) che allatta un uomo stremato per la fame dopo aver partorito un bimbo morto. Una sorta di “Pietà”.
Oltre al già citato film, il testo di Steinbeck ha ispirato uno dei più grande cantautore americano (direi il “padre” di tutti i cantautori americani insieme a Pete Seeger) che scrisse una lunghissima ballata che dovette dividere in due parti. La leggenda narra che fu proprio a casa di Seeger che il cantautore si mise una notte alla macchina da scrivere con una bottiglia di vino e scrisse la ballad. La mattina il suo ospite trovò molte cartelle dattiloscritte, Woody addormentato e la bottiglia vuota.
Ma non è finita qui. L’epopea dei Joad ispira un erede di Guthrie: Bruce Springsteen. Il boss scrive un album dalle grandi influenze country e folk ma non parla più degli Oklahomers della fine degli Anni Trenta. L’esodo è da sud a nord e i Tom Joad degli anni Novanta sono i braccianti messicani che cercano di entrare in USA.
Quelle condizioni di vita, l’egoismo delle banche, la grande truffa globale della finanza, gli esodi della povera gente affamata sono ora più che mai attuali.
Quello spettro è tornato e non aleggia solo sui paesi più poveri o indebitati. Per citare un altro grande poeta: ”non domandarti per chi suona la campana, suona sempre per te”.
di Paolo Pelizza
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