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INCANTATORI DI SERPENTI.

INCANTATORI DI SERPENTI.

Non ci occupiamo quasi mai, come sa chi legge questa rubrica, di punk, di hardcore e/o di metalcore … Conosciamo i fondamentali: dai precursori New York Dolls, ai seminali Sex Pistols (con MacLaren e Branson), ai Ramones, a The Jam ed a The Clash. Il nostro interesse su band e artisti più contemporanei ha virato verso chi aveva rielaborato questa forma rendendola più fruibile, meno da “due soldi” e, anche se volete, più mainstream. Il nostro interesse risale ad un paio di anni fa quando abbiamo cominciato ad ascoltare cose più di nicchia e un po’ diverse da quelle che conoscevamo. Così scopriamo alcuni artisti di successo che hanno ripreso il genere e lo hanno contaminato, riportato alle origini, raffinato, distorto e trasformato. Abbiamo ascoltato i My Chemical Romance, i Green Day (qualcuno potrebbe dire: era ora, Paolo!) e gli Avenged Sevenfold. Per questi ultimi ammetto di avere un piccolo debole.

Bene, nella nicchia la mia amica di Rock My Life, Graziella Ventrone, si avventura a presentarmi una band italianissima che si chiama BrokenDolls. Il nome mi evoca il ricordo della prima esperienza di Malcolm McLaren, già nichilista e situazionista, a New York di portare nella musica un genere che era proprio di un movimento che era più orientato alla letteratura e alle arti figurative. Creare una frattura con quello che c’era prima: una disruption principalmente contro i musicisti fighetti ed in particolare il prog, così di moda allora. Bene, penso e mi immergo nella lettura della cartella stampa che mi ha inviato. Leggo che il prossimo 29 aprile uscirà il loro nuovo album dal titolo SnakeCharmer, l’incantatore di serpenti per l’appunto. Scopro anche che prima di questo, hanno all’attivo altri tre album (No Ice in My Drink,  Two Fiftynine e Wolves Among Sheep) e un EP(Carrillon Infernale).

La band si forma quando un tizio chiama un suo amico e gli dice che vuole mettere su un gruppo musicale e che gli serve un cantante. L’altro risponde che lui non sa cantare ma accetta di parlarne perché gli si dice che ad aspettarlo c’è una cassa di birra e una bottiglia di whisky. Da lì in poi i BrokenDolls producono ma soprattutto “mordono” i palchi in Italia e in Europa. Confesso che confido in Graziella perché me li porti a Milano: dai video visti, il termine “mordono il palco” è approssimato per difetto.

Veniamo al nuovo disco. Sicuramente, più contaminato con il metal classico non rinuncia ad essere energetico ed energizzante ma concede più spazio alla parte melodica, oltre che ai riff heavy. L’amalgama allontana il disco da vecchi cliche’ del punk (a nostro avviso) un po’ desueti se non riconducibili ai classiconi. L’ascolto del disco dura 26 minuti e, alla fine, ne vuoi di più. Molto belle le chitarre sostenute da una rocciosa base ritmica e dalla voce dello scalmanato frontman David Lee Ross che ti trasporta dentro alla storia delle canzoni con il timbro di uno che ha in gola una palla chiodata. Lo stesso dichiarerà: “Amiamo profondamente la scena punk rock/action rock scandinava della fine degli anni '90 ma volevamo mescolarlo con le nostre influenze personali che spaziano dal rock and roll al classico metallo. Ovviamente non stiamo reinventando la ruota qui, ma penso che suoniamo, nel bene e nel male, come nessun'altra band sulla scena".

In attesa che anche voi lo possiate ascoltare (Luxnoise Records e Tornado Ride Records) dichiaro i miei brani preferiti. Il primo è I Love Myself for Hating You di cui ho apprezzato molto il tiro e (ammetto) ho trovato curioso il titolo. Il secondo è Weer All Crazee Now forse il sunto più preciso di tutte le esperienze dichiarate da David, insieme a Teachin’ the Teachers. Preferisco non anticipare nulla per non rischiare spoiler! Posso solo dirvi che questi incantatori di serpenti hanno davvero incantato il vostro amichevole visionario.

In conclusione, il rock è vivo, vegeto e vitale e anche noi siamo messi piuttosto bene con gruppi planetari ma anche con chicche che stanno portando aria fresca al sistema. O quantomeno, ci danno la speranza che non esisteranno solo belatori da auto-tune che seguono la religione del denaro e non quella dell’arte, della crescita e del sogno di un mondo migliore.

di Paolo Pelizza

© 2022 Rock targato Italia

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Sex Pistols: borchie, spille da balia, provocazione

Sono bastati tre anni e un solo album per segnare la storia della musica: i Sex Pistols hanno sconvolto, e scandalizzato, rendendosi indimenticabili. Hanno scardinato le regole del rock’n’roll classico, imponendo un nuovo genere, il punk rock. Non solo ritmiche veloci, suoni violenti, grezzi, a tratti sgradevoli, e testi dal contenuto provocatorio e volgare: la subcultura punk era contraddistinta anche da un’estetica precisa, fatta di spille da balia, pantaloni di pelle e t-shirt strappate. I Sex Pistols, insieme al loro manager Malcolm McLaren, hanno fatto da apripista al movimento punk, creando un precedente che ancora oggi influenza artisti e designer.

La storia

Tutto ha inizio al civico 430 di Kings Road, nella boutique Too Fast To Live Too Young To Die, di proprietà di Malcolm McLaren e della compagna Vivienne Westwood. Aperto nel 1971, in pochi anni era diventato un luogo di ritrovo per i londinesi più alternativi e ribelli. Ed è proprio qui che due anni dopo Steve Jones, Paul Cook e Wally Nightingale, della neonata band The Strand, incontrano il loro futuro manager.

Malcolm McLaren, fresco dall’esperienza con i New York Dolls, inizia subito a lavorare per la band: trova una sala prove, nel pub Crunchy Fog, e, dopo che Nightingale decide di lasciare il gruppo, provina e inserisce Johnny Rotten e Glen Matlock - commesso nella sua stessa boutique - rispettivamente come bassista e come cantante. Così, il 6 novembre 1975, debuttano a un concerto organizzato al St. Martin’s College of Art di Londra, ma con un nuovo nome: Sex Pistols. Il concerto si chiude dopo soli quindici minuti: un’impiegata della scuola non poteva sopportare un altro secondo di quei suoni caotici e violenti, per di più a massimo volume. Il pubblico però ne è rimasto affascinato ed entusiasta. Il punk rock e la musica dei Sex Pistols non avevano niente a che vedere con il rock progressivo e il pop degli anni Settanta: mentre gli Emerson, Lake & Palmer e Rick Wakeman erano in rotazione su tutte le radio, i Sex Pistols finivano sulle copertine dei giornali per aver dato vita a un movimento ribelle, selvaggio, rivoluzionario.

La loro attitudine aveva attirato l’attenzione di molti. Grazie al successo riscosso riescono a organizzare il loro primo tour inglese e a firmare un contratto discografico con la EMI. Questa fama improvvisa ha portato la band a adottare comportamenti sempre più estremi, causando anche tensioni interne; infatti, in occasione dell’ultima data Glen Matlock lascia il gruppo, sostituito poco dopo da Sid Vicious.

Nel 1977 l’ennesimo affronto agli inglesi più conservatori: God Save The Queen. A soli quattro giorni dall’uscita la BBC l’aveva bandita per “cattivo gusto” a causa del suo testo estremo e irriverente, ma non solo. L’oltraggio più grande riguardava le tempistiche: era stato pubblicato durante l’anno del giubileo d’argento, ossia il venticinquesimo anniversario dall’ascesa al trono della Regina Elisabetta. Le critiche non erano in grado di fermare il movimento, ma, al contrario, lo alimentavano. Infatti, cavalcando l’onda del successo, pubblicano il loro primo e unico album Never Mind the Bollocks, Here's the Sex Pistols: con oltre 200.000 copie, è stato il disco più venduto nel Regno Unito nel 1977.

La band però era arrivata a un punto di non ritorno. Durante il tour negli Stati Uniti si erano ripresentate le vecchie tensioni, accentuate dai problemi di tossicodipendenza di Sid Vicious. Dopo l’abbandono di Rotten, i Sex Pistols erano rimasti senza un frontman. Sid aveva così deciso di intraprendere la carriera da solista, incidendo il suo primo e ultimo album: pochi mesi dopo l’accusa e l’arresto per l’omicidio della compagna Nancy Spungen, il 2 febbraio 1979 muore a causa di un’overdose. Paul Cook e Steve Jones invece hanno continuato la loro carriera come turnisti e - insieme ad altri due componenti - hanno fondato gli Sham Pistols, progetto durato solo pochi mesi.

Sex Pistols Experience | The Sex Pistols Experience performi… | Flickr

Vivienne Westwood: la madrina del punk

I Sex Pistols sono passati alla storia per la loro musica, arrabbiata e violenta, che risultava ancora più incisiva e radicale attraverso la loro estetica: capelli colorati, spille da balia, svastiche, pantaloni di pelle, t-shirt strappate. La mente creativa dietro a tutto questo era Vivienne Westwood, compagna di Malcolm McLaren. I due avevano deciso di aprire una boutique nel quartiere di Chelsea, allo storico 430 di Kings Road, che cambierà diversi nomi e stili nel corso degli anni. Nasce come Let it rock, passando poi a Too Fast To Live, Too Young To Die e successivamente SEX. Nella sua prima versione la boutique vendeva abbigliamento per teddy boys, ma, nel 1972, dopo che il compagno era diventato il manager della band glam punk New York Dolls, la Westwood aveva iniziato a disegnare abiti eccentrici e provocatori.

Infatti, grazie alla breve ma intensa collaborazione con il gruppo statunitense, i due avevano imparato molto; dopo poco tempo, infatti, Malcolm aveva reinterpretato in chiave inglese quello stile sovversivo e irruento che avrebbe contraddistinto l’estetica dei Sex Pistols prima e del movimento punk poi. Gli stessi componenti erano stati scelti tra i frequentatori più fedeli di SEX: Glen Matlock era un commesso, John Lydon si era fatto notare grazie al suo stile e, in particolare, con una maglietta home made che riportava la scritta “I hate Pink Floyd”. Anche Sid Vicious era stato selezionato da McLaren tra i frequentatori della boutique, non tanto per le sue abilità musicali quanto per il suo stile e la sua personalità.

I capi indossati dalla band erano firmati Vivienne Westwood, la quale assimilava e fondeva influenze diverse. Il chiodo in pelle, adottato in precedenza da band rock come Led Zeppelin e Rolling Stones, veniva personalizzato con catene, scritte spray e spille da balia sopra a pantaloni in latex o PVC, provenienti dal mondo del BDSM.

Le stampe sulle t-shirt, che riportavano parole violente, svastiche o seni femminili, erano considerate volgari e immorali, in perfetto stile Sex Pistols. La loro musica influenzava e veniva influenzata a sua volta dalla moda: ad esempio, lo stesso nome “Sex Pistols” era stato ispirato a una maglietta venduta in boutique; d’altra parte la canzone God Save The Queen era stata la chiave di interpretazione per le t-shirt con il ritratto della regina.

File:Vivienne Westwood by Mattia Passeri BnW.jpg - Wikimedia Commons

Lo stile punk oggi

L’estetica punk ha subito alcune modifiche nel corso degli anni successivi, mutando e diversificandosi in ulteriori sottocategorie: hardcore punk, skate punk, anarcho punk. A partire dai Novanta si è sviluppato poi il movimento grunge, caratterizzato da camice di flanella, anfibi Dr. Martens, Converse All Star, capelli lunghi.

E Vivienne Westwood? Dopo l’avventura con i Sex Pistols, ha deciso di abbandonare il mondo del punk. Con la collezione Pirate, presentata nel marzo del 1981, ha segnato l’inizio di un nuovo capitolo, dedicato alla riscoperta della storia della moda e della tradizione.

Nonostante la conclusione del progetto, la designer, così come i Sex Pistols e Malcolm McLaren sono stati in grado di segnare la storia della musica e della moda in pochissimi anni, aprendo la strada a nuove subculture e ispirando le band di oggi, sia nella musica che in termini di stile.


Blog: Rocktargatoitalia.eu

Di: Nadia Mistri

 

Credits: Copertina - Immagine 1 - Immagine 2

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