Le cose più belle, i luoghi più mitici ed evocativi sono messi sempre più a rischio da una volontà di progresso che è ammantata di innovazione, di nuovo a tutti i costi, di un futuro che nessuno ha chiesto o vuole ma che dobbiamo subire, inesorabilmente.
L’importante è sottoporsi a cambiamenti inutili ma che servono a far fare cassa a qualcuno e privano tutti di un pezzo della propria vita, della propria identità e della storia.
Così Gianfelice Facchetti, in un libercolo che si legge in un paio d’ore stabilisce che lo stadio Giuseppe Meazza a San Siro, Milano è un posto pieno di storia e di storie. Un luogo impregnato di leggenda nello sport ma, anche, nella musica, nell’intrattenimento … un punto di riferimento pulsante della città.
Mentre si discute se abbatterlo, ristrutturarlo e/o dargli un’altra destinazione d’uso, Gianfelice ne racconta le storie, la leggenda e le leggende ma, soprattutto, ci restituisce l’anima appassionata e passionale di generazioni di milanesi passati attraverso guerre, industrializzazione, tifo calcistico e musica.
Così si determina un testimone non un semplice contenitore. Di più … Un monumento sul cui destino, purtroppo, decideranno uomini piccoli e danarosi.
Non fraintendetemi, Gianfelice da galantuomo, non si schiera, si limita a portarci dentro alla narrazione.
Il suo “C’Era Una Volta a San Siro” edito da PIEMME è una raccolta di eventi, aneddoti ed emozioni senza alcuna volontà di giudizio, senza volerne sapere più degli altri (dote rara di questi tempi).
La delicatezza della sua penna e la grandezza delle storie, tuttavia, ci rende partigiani, ci fa alzare a tutela di uno dei pochi pezzi di città che resta come testimonianza di un mondo che è stato fatto di sfide, di conflitti, di romanticismo e di amore per la città più grande e bella del mondo. Una città calvinista, aperta agli altri, coraggiosa, etica e lontana anni luce dagli stereotipi che, pure, hanno voluto appiccicare ai suoi cittadini.
Milano può rinunciare a un nuovo stadio high tech, come può evitare serenamente di diventare la texture per gli esercizi di stile di architetti eccitati da grattacieli sempre più imponenti, forse per compensare altre mancanze ma non può rinunciare a San Siro, come noi milanesi non possiamo impedirci di avere un gran cuore.
di Paolo Pelizza
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