“La mia musica ha sempre voluto misurare la distanza tra la realtà e il sogno americano”
Questo è ciò che dice Bruce Springsteen, uno dei più rappresentativi artisti rock esistenti. Considerato come il connubio delle figure di Elvis Presley e Bob Dylan, che sono stati anche due dei suoi punti di riferimento, fra cui spiccano anche i Beatles e i Rolling Stones, ma anche gli Animals, gli Who e i tratti folk dei Byrds e quelli soul della Motown e Stax.I suoi testi, che affrontano i temi della vita quotidiana della società americana degli ultimi, vale a dire dei proletari, degli immigrati e dei diseredati, sono stati paragonati alle storie degli storici storyteller americani, paradigmi della società dati da un occhio che osserva da una postazione privilegiata, come quasi un narratore esterno che si sposta in un corpus dalle valenze di un grande romanzo americano, non per forza autobiografico ma ambientato in luoghi e situazioni vissuti sulla pelle di autore e pubblico. E in più i metaforici riferimenti alle figure bibliche, usate non tanto per la valenza teologica ma per la forte carica emotiva intrinseca, uniti al topos della fuga, in continua evoluzione dai primi lavori per approdare alla volontà di abbandonare l’insicurezza finanziaria e l’inequità sociale, alla ricerca di condizioni di vita migliori, collegata al concetto di sogno americano originario. Nel complesso, i suoi testi mostrano ogni faccia degli Stati Uniti, fino a quella sconfitta e a quella maledetta, non perdendo però mai quel messaggio di speranza del realizzare quei desideri individuali e collettivi.Famoso per le coinvolgenti e lunghissime esibizioni dal vivo, l’autore di “Born to Run”, “Darkness on the Edge of Town”, “The River” e “Born in the USA”, ha all’attivo 20 Grammy vinti e un Oscar per il contributo alla distribuzione della cultura americana nel mondo, e si è sempre esibito con l’accompagnamento della E Street Band, che anche con il nuovo progetto, partito a gennaio 2016, è sul palco con lui.È partito il 16 gennaio, a Pittsburg, il “The River Tour 2016”, in concomitanza con l’uscita del cofanetto “The Ties That Bind : The River Collection”, riedizione speciale con libri, DVD, inediti dell’album del 1980. Il tour americano di 24 date si sposterà poi in Europa, arrivando anche in Italia il 3 luglio, per la sesta volta a San Siro a Milano, e il 16 luglio a Roma, per la prima volta al Circo Massimo.
Noi di Rock Targato Italia vogliamo stuzzicare l’attesa di rivedere Springsteen in Italia, condividendo con voi 10 curiosità sul cantautore del New Jersey, e regalandovi al termine la visione del videoclip di uno dei suoi grandissimi successi!
- Il soprannome “The Boss” secondo alcuni deriva dal fatto che fosse lui a distribuire il compenso alla fine della serata fra i musicisti. Veniva usato solo dai membri della sua band e dallo staff, fin quando un giornalista non sentì per caso quell’appellativo e lo diffuse fra i media
- Lo stesso soprannome è stato ironicamente usato dal presidente Barack Obama nel 2009, durante la consegna alla Casa Bianca dell’Oscar ricevuto da Springsteen : “I’m the president, but he’s The Boss”
- In “Born to Run” cerca di imitare la voce di Roy Orbison, e per la creazione dello stesso album si basa sulla tecnica usata dal produttore Phil Spector nell’album “Wall of Sound”
- Durante la composizione di “Darkness on the Edge of Town”, si appassiona al rockabilly grazie a Robert Gordon, finendo per comporre diverse tracce di rock ballabile che però non inserisce nel disco, ma che finiranno nell’antologia di inediti del 2010 “The Promise”
- È uno dei personaggi della musica popolare a cui sono stati dedicate più biografie, saggi critici e tesi universitarie, superando persino i miti di Elvis Presley e Bob Dylan, grazie anche alla sua scrittura cinematografica
- Dopo “Darkness on the Edge of Town”, venne definito il cantante dei “blue collar”, ovvero dei collari blu, degli operai, riprendendo l’espressione dei “colletti bianchi” e cambiandogli colore in linea con le tute da operaio da loro indossate. Per questo si guadagnò il titolo di “working-class hero”, ovvero “eroe della classe lavoratrice”, per le sue storie di vita quotidiana, di approfondimento dei problemi che affliggevano le famiglie americane, prendendo spunto dalla sua famiglia e dagli amici d’infanzia
- Fino all’attuale tour l’album “The River” era stato eseguito live integralmente solo una volta, nel 1999 al Madison Square Garden di New York City
- Nel 1997, al termine di un concerto a Napoli, i fan iniziarono a urlare così tanto alle finestre del teatro che Sprinsteeng si affacciò al balcone e iniziò a suonare dando vita a un secondo concerto in strada, replicando ciò che già a Roma, nel 1988, aveva fatto a tarda notte
- “Hungry Heart”, il primo singolo estratto da “The River”, venne scritto in una notte in cui Bruce avrebbe dovuto comporre una canzone per i Ramones. Il titolo è tratto da un verso dell’Ulysses di Tennyson “for always roaming with a hungry heart”. Per avere un’intonazione vocale più alta la voce di Bruce venne leggermente accelerata, e fece rimanere il singolo il più venduto fino al successo di “Dancing in the Dark”.
- “The River”, omonimo brano dell’album del 1980, vanta un’esibizione live di 11 minuti che si apre con il racconto di Bruce sul rapporto controverso fra lui ed il padre, sul viaggio che porta dall’infanzia alla maturità che si realizza con la lettera per il Vietnam, mentre poi il testo del brano si ispira all’esperienza reale della sorella Virginia e del cognato, sposatisi per la gravidanza di lei a 17 anni.
Ed eccoci alla fine della nostra carrellata di curiosità! Vi lasciamo all’ascolto di Burn to Run e vi consigliamo di affrettarvi a prendere i biglietti, se non volete perdervi il grande evento che di certo metterà in scena il working-class hero Bruce Springsteen.