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LA BALLATA DI UN VECCHIO VISIONARIO.

LA BALLATA DI UN VECCHIO VISIONARIO.

 

“O convitato!

Quest'anima è rimasta

sola sopra un enorme mare, enorme;

così sola, pareva che persino

Dio non ci fosse.”

Da La Ballata del Vecchio Marinaio di Samuel Taylor Coleridge

 

“Quelli che non vogliono ragionare, sono bigotti,

quelli che non possono, sono degli sciocchi,

e quelli che non osano, sono degli schiavi.”

di Lord George Gordon Byron

 

Amico mio,

Siamo qui,

Povere anime su un pianeta.

Quello che abbiamo.

Ancora chiusi o semi-chiusi nelle nostre case circondate dalla milizia.

Sessantamila nuovi sceriffi.

Come nelle città degli appestati nel Cinquecento.

Colpevoli di coltivare la nostra umanità.

Untori di umani affetti.

Malati di solitudine.

Eppure chi governa il mondo sapeva che sarebbe arrivato il virus a fare da spartiacque tra la nostra arroganza e la nostra fragilità.

Lo hanno detto cinque anni fa.

Ma loro operano qui e ora. Nella e per la contingenza.

Loro sono i migliori tra di noi, forse.

Non hanno trovato niente di meglio da fare che imporci una terapia medievale.

Prima hanno spacciato a tutti quanti dispositivi da far morire di invidia il capitano Kirk.

Quelli con cui mediamo la realtà, incapaci di viverla realmente.

Quelli che spacciano la verità.

Gene! Noi seguiamo i protocolli della Flotta Stellare.

O il Bianconiglio.

Peccato essere mancanti del motore a curvatura: adesso, serviva!

E poi?

Ci adegueremo a passare da una paura all’altra?

Tessuto cicatriziale per ferite mentali.

E’ il nostro Ian che ci dice di fare del nostro meglio e un passo indietro.

Play It Again!

Dov’è Sam?

Lo facciamo senza commensali, senza compagni di bevute … A che serve, old boy?

Cosa occorrerà delle nostre vite, del nostro lavoro, dei nostri affetti …

Raccoglieremo i frammenti.

Vite già messe alla prova da una modernità iniqua, da una realtà distorta.

Dove vanno i frammenti?

Nel vetro o con l’umido?

Di più, vecchio mio.

Rifiuteremo il debole e il malato, il cinese  e il lombardo.

Allontaneremo pensieri diversi da quello del Ministero della Verità che ci parla puntuale nel prime time.

Circondati da gendarmi e rovine, lo sguardo verso un futuro avvolto nelle nebbie.

Quale futuro?

Solo il tempo che passa.

Tranquilli! Andrete in vacanza! Ci hanno detto. Allora, perché agitarci?

Agitatevi pure ma a quattro metri e mezzo di distanza!

Il fumo negli occhi.

Chiediamo scusa. Facciamo ammenda per quella birra sui Navigli. Non dovevamo berla … Dovevamo ammalarci nelle case di riposo e negli ospedali e morire in casa, in silenzio.

Non bisogna disturbare il manovratore.

E’ reato dispiegare le ali, figurarsi provare ad alzarsi da terra.

Solo l’uccello del malaugurio può librarsi alto.

Lui sa già volare!

“Criminali.”

Tuona il borgomastro contro la fotografia presa con il teleobiettivo.

In stato di confusione mentale ed istituzionale,

Noi in stato di emergenza sociale, ci occultiamo nel pantano della speranza.

Stiamo nascosti senza convinzione.

Chi urlerà?

“Tana! Liberi tutti?”

O quasi.

Rinchiusi ascoltiamo chi cantava di libertà.

Rinchiusi leggiamo chi scriveva di libertà.

Rinchiusi sentiamo storie di ribelli.

Inchiodati allo schermo dallo scienziato da prima serata, mentre altri diecimila pretendono i loro dannati quindici minuti.

Innegabili, inesorabili, inutili oracoli.

Increduli  e paralizzati dalla paura del nemico invisibile.

E’ lui?

Una particella fatta di aminoacidi e poco altro?

Amico mio, io ne riconosco altri: visibili ad occhio nudo!

Atterriti dalla guerra che imperversa fuori.

Forse …

Nel silenzio di un bombardamento di niente.

Pallottole intangibili sempre fuori bersaglio.

Un silenzio delicato come tuono.

State lì. – ci hanno detto - Non è comodo il divano?

Come un barile vuoto per un naufrago, signore!

E, intanto, attenti obbediamo alle prescrizioni.

Condannati senza processo, né possibilità di appello a trovare noi stessi.

Intanto, lasciamo decidere chi porta avanti la narrazione, respirando atmosfere artificiali,

I trovatori della malattia, della Cura e del terrore esogeno.

Il nuovo clero.

Ma non era cauta e scettica la scienza, Signor Torquemada?

Imprigionati da governanti padri, saggi come profeti, lungimiranti come veggenti, misericordiosi come santi.

Forse, dentro alle migliaia di versioni …

… Migliaia di sacerdoti officianti il rito.

E con loro i nuovi Dei. Quelli che ci daranno il vaccino o la cura.

Attendiamo che ci liberino, più stupidi e schiavi.

Il tempo verrà adesso.

E ci diranno: ne siamo fuori!

Fuori!

L’importante è non leggere tra le righe.

Non datevi pena, non servono indovini.

Saremo tutti vivi (o quasi) nei nuovi focolai veri o presunti.

Se la vostra coscienza è in coma, è ok.

Non fatevi pregare e spegnete il lume.

State in casa lo stesso … Qui fuori è un brutto mondo.

Il nuovo mantra, verrà lanciato alle diciotto … come sempre, no?

Aspettiamo trepidi di essere salvati o ingannati ancora,

Mentre il pendolo oscilla,

Mentre il nulla indotto ha già avvolto tutte le cose,

Mentre le parole fanno il loro lavoro da sole.

 

di Paolo Pelizza

© 2020 Rock targato Italia

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I DUBBI DI NOI PRIMATI OVVERO COME UN VIRUS SALVERA’ LA MUSICA (E, FORSE, L’ UMANITA’).

I DUBBI DI NOI PRIMATI OVVERO COME UN VIRUS SALVERA’ LA MUSICA (E, FORSE, L’ UMANITA’).

Ci siamo trovati con Antonio Chimienti, mio collega su questa testata web e autore degli interessanti (e tecnici) articoli de Il Dubbio delle Scimmie.

Antonio Chimienti è nato a Torino nel 1967. Studente del Conservatorio G. Verdi e Direttore di Musica Leggera dell’Esercito, è fondatore, musicista e produttore musicale presso la Mediterranean Records (con il partner Paolo Mescoli. oltre duecento artisti registrati), nonché vincitore di 6 Golden Reels ed ex titolare dello studio Il Cortile). E’ stato sponsor Roland insieme a Lucio Dalla ed Elton John nel 1988. Ha realizzato colonne sonore, l’inno della Juventus Football Club e quello del Torino (par condicio!), è stato finalista al New York Film Festival e selezionato alla 50esima Biennale di Venezia. Suo hit selling score 600k+ per Concerto Grosso e Profano. Attualmente sta producendo Libera (Michela Sala, al secolo), scoperta da Pietro Cassano, e a fine maggio (maggio 2020) pubblicherà un remix di Musica Musica cantato da Salvatore Mazzella (il più autorevole interprete di Pino Daniele).

Visio: Bentrovato Antonio e grazie per aver accettato il nostro invito.

Antonio: Grazie a voi.

Visio: Entrando subito nel vivo, so che tu hai un’opinione sul “prima” e sul “dopo” nel mondo della musica. Dove prima e dopo sono intesi con l’avvento della “rivoluzione digitale”.

Antonio: Innanzitutto, bisogna dire che ci sono due ragioni: una culturale e una economica. Per quanto riguarda la prima bisogna dire che la produzione musicale prima era molto più orientata alla ricerca. Esisteva una vera sperimentazione che passava attraverso l’evoluzione sociale, quella culturale e le utopie ma che riconosceva la nostra umanità, la nostra parte più profonda. Per questo le composizioni erano più “difficili” da ascoltare ma toccavano le nostre corde in maniera più importante. D’altronde, la musica è il linguaggio universale. Poi sono cambiati anche gli attori. Una volta, produttori e discografici erano esperti della materia, non uomini marketing. Gli artisti, dentro a quel modello di business, trovavano supporto, consigli e la possibilità di fare la loro musica. Oggi, il lavoro è quello di intercettare quello che funziona e copiarlo. Di solito, lo si copia male. Purtroppo, oggi c’è anche il problema dell’economia. Oggi fanno tutti musica gratis o quasi. E la fruiscono anche gratis! Il discografico non intercetta più talenti, tendenze o messaggi e, non avendo le competenze, deve investire su più artisti. Se prima capiva che quello era l’artista giusto e ci investiva cento euro, attualmente, investe un euro su cento sedicenti artisti e vede come va. Negli anni Settanta e Ottanta, per registrare una linea di basso, si chiamavano diciotto bassisti… le produzioni costavano molto… Spesso oggi si affidano, addirittura, al pubblico per decidere su chi puntare. Così, però, non ci si evolve.

Visio: Premettendo che il mercato è cambiato secondo modelli che non sono gestiti da chi ha le competenze necessarie ma da companies enormi che sono entrate a gamba tesa e senza invito nel settore, cosa bisogna fare oggi per recuperare?

Antonio: Questo periodo di stop, più o meno totale, ci offre un’opportunità per fermarci a riflettere. Ti faccio un esempio. Quanti amici hai risentito dopo anni, durante il lockdown?

Visio: Non so… ma, di sicuro, una decina.

Antonio: Vedi! Non eri più compresso nelle tue responsabilità professionali, nelle tue abitudini quotidiane e, questo, ti ha fatto tornare in mente persone ed eventi significativi del passato. Così hai sentito il bisogno di riprendere rapporti, di capire com’era andata a questi altri, se avevano la tua stessa percezione… e l’hai fatto usando la scusa di sapere come stavano durante questo periodo. Succederà anche nella musica… Facendo quattro chiacchiere durante il nostro primo incontro “virtuale” ci siamo ricordati di quando si andava a sentire la musica da Mariposa…

Visio: Mi ricordo, certo! Ogni tanto ci andavo quando “saltavo” la scuola. C’erano quelle colonnine con le audiocassette e le cuffie.

Antonio: Quelle con la spugna morbida arancione!

Visio: Bé… In molti casi c’erano solo tracce di quella! In altri casi, l’arancione era un ricordo…  Altro che prendersi il Covid (ridiamo)! Era una stagione straordinaria, però. C’erano molte uscite, la qualità generale era alta.

Antonio: E’ vero! Si andava là, si ascoltava un disco e lo si comprava. Poi lo portavi a casa e prima di capirlo lo dovevi ascoltare venti volte. Solo dopo averlo capito, ti piaceva. Oggi, tutti devono capire subito oppure non aver nemmeno bisogno di capire. Prova a far ascoltare Aqualung (album capolavoro dei Jethro Tull, N.d.R.) ad un teenager! Ti risponderà: cos’è questa robaccia? Perché è abituato ad una produzione di cose molto simili tra loro, piatta, facile. In questo periodo si possono scoprire cose interessanti, si può scoprire che si ha ancora voglia di fare ricerca, di produrre, di mettersi in gioco e di sperimentare. Quando qualcosa o qualcuno ti mette di fronte alla tua fragilità, tendi a comprendere che il tempo è limitato e la posta in gioco è più alta rispetto a quella a cui ti hanno abituato. Nella musica, con le tecnologie attuali potremmo ulteriormente alzare l’asticella, non fare il contrario. Sono fiducioso che succederà anche in molti altri ambiti della nostra vita.

Visio: Cioè, ci hanno mentito…

Antonio: Non lo so. Prima chiamavano Monet per farsi fare un quadro. Correvano un rischio in due: l’artista e chi gli faceva da mecenate. Oggi, sono convinti che i fenomeni esploderanno da soli e che i mercati si autoregoleranno. Quello che hanno ottenuto è che pochissimi riescono a farci battere il cuore, a toccare le note più profonde… ma questa produzione di maniera finirà presto. Spogliati di tutto, siamo uguali perché gioiamo e soffriamo per le stesse cose. Prima di tutto, siamo umani.

di Paolo Pelizza con Antonio Chimienti

© 2020 Rock targato Italia

P.S.: Mentre scriviamo è purtroppo scomparso Florian Scheinder, co-fondatore del gruppo musicale elettronico (o di musica cosmica, se vi piace di più) rivoluzionario: Kraftwerk. David Bowie li definì il suo gruppo preferito. Sia il Duca Bianco sia molti altri musicisti sono stati “contagiati” dalla loro musica. Nell’unirci in un abbraccio alle persone che gli volevano bene, siamo in dovere di ringraziarlo per i regali che ci ha fatto. Grazie Florian, ci mancherai.

P.P.S.: Nelle scorse settimane, causa Covid-19, ci dicono che ha definitivamente chiuso il negozio di dischi Mariposa (che citiamo in questo pezzo) e che già aveva trovato una nuova sede in centro a Milano dopo essere stato per gli anni importanti della formazione di almeno tre generazioni (tra cui la mia!) in Porta Romana. Perdere un pezzo così fondamentale della storia della città, un luogo di diffusione della cultura, è un peccato mortale.

 

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ESSERE E TEMPO.

  ESSERE E TEMPO.

 

“A chi importa

Se un’altra luce

Si spegne

In un cielo di milioni di stelle

Tremola, tremola

A chi importa quando il tempo

Di qualcuno si esaurisce

Se un momento

È tutto quello che siamo

O più breve, più breve

A chi importa se un’altra luce si spegne?

A me, sì.”

Mike Shinoda

Il filosofo Martin Heidegger mi scuserà se prendo “in prestito” il titolo della sua opera fondamentale. Credo che, mai come oggi, ci sia bisogno di pensatori dentro alla confusione che stiamo vivendo. Abbiamo bisogno molto più di loro che di chi ci sciorina opinioni casuali. Perché (ammettiamolo!) nessuno ci sta capendo nulla. Dal laureto all’Università di Google con la quinta elementare ai premi Nobel, sembra ci sia una gara… poi, mirando al bersaglio grosso, qualcosa si colpisce quasi sempre. Io avrei, comunque, qualcosa da eccepire sul metodo.

Mai come adesso ci sarebbe bisogno di chiarezza (visto che per le verità è prestino), magari mettendo davanti ad ogni allocuzione: “Secondo le scarse evidenze scientifiche in nostro possesso, possiamo dire…”

Il virus è nuovo. Non si può minimizzare, né drammatizzare prima che si sappia veramente come si comporta e come ci dovremo comportare noi. Non si può nemmeno sciorinare teorie a caso, vestendole di correttezza. Personalmente, non è questo che mi preoccupa di più.

Questa emergenza perseguiterà l’umanità per generazioni. Si potrebbe utilizzare il momento per cambiare le regole del gioco, per renderlo più giusto ed umano. Potrebbe essere un’occasione, anzi, quella giusta. Non succederà mai. Come abbiamo visto, egoismi e interessi particolari vincono sulla pelle del popolo e dei popoli. Dentro al gioco, com’è in ogni gioco, ci sono pochissimi che vincono e molti che perdono.

Questa volta sarà molto più dura e porterà con sé conseguenze di vario genere: una crisi economica senza precedenti, una sospensione di diritti e libertà fondamentali, un ulteriore pericoloso rigurgito nazionalistico e una diffidenza (se non, addirittura, ostilità) verso il nostro prossimo.

Salto a piè pari la crisi economica perché se ne stanno occupando già troppo (e troppo male) in tanti. Sembra che il capitalismo dal volto umano sia tanto utopico quanto vulnerabile. Questo new deal lo realizzeranno indebitandoci ulteriormente, fornendo ai giocatori altre debolezze su cui speculare. Non so cosa mi sono aspettato… Ma io sono un visionario e un ingenuo.

Sul problema delle sospensioni provvisorie di libertà e diritti, però, un’idea ve la racconto (ne ho già scritto). Al di là del fatto che siamo in emergenza sanitaria, bisogna dire che viviamo in uno strano paese. Pensate a tutti quei dispositivi che sono stati codificati per gestire situazioni straordinarie e vengono usati sistematicamente (il decreto, la fiducia, la carcerazione preventiva… per fare degli esempi). Questi strumenti, che dovrebbero essere l’extrema ratio, sono diventati, in modo naturale, procedure quotidiane e vengono utilizzati nell’interpretazione più ampia (in taluni casi, distorta). Non so voi, ma io sono spaventato dal fatto che qualunque nuova introduzione nata per contrastare il virus poi “muti” e divenga fatto compiuto e consuetudine. Di più, sono atterrito che quegli strumenti cambino funzione. State tranquilli che di scuse ne trovano tante ma, la prima, sarà ancora una volta una maggiore sicurezza. E’ la madre di tutti gli alibi. Ha il grande vantaggio di funzionare e di convincerci a consegnare nelle mani di altri i nostri destini, le nostre libertà e i nostri diritti… Se con il terrorismo non è andata un granché bene, vedrete che con la pandemia faranno meglio. Se pensate che esageri pensate a questi ultimi due mesi. Pensate all’applicazione che vogliono imporci…

Ad aggravare la situazione, c’è una stampa che, a parte sciorinarci i “bollettini di guerra”, ci racconta storie (spesso false) di cataste di bare (poi rivelatesi di altro drammatico evento), suggerisce che bisogna urlare all’untore lombardo (chi mette la bandierina sul balcone prenda atto che l’Italia non esiste!), testimonia i tracciamenti con elicotteri e termo-scan di chi fa jogging. Queste non sono mie elucubrazioni: sono fatti successi e documentati.

In geopolitica: la centralità del soggetto “Stato-Nazione” rispetto a quello di “federazione”, acuita dalla situazione, torna ad essere volontà egemonica e nazionalismo. Sui balconi e nelle dichiarazioni della nostra classe dirigente c’è sempre un certo compiacimento nell’indulgere nel nazional-popolare-populista. E’ cresciuto un sentimento di odio nei confronti di chi non ci vuole dare un assegno in bianco, del cosiddetto fronte rigorista. As usual, la colpa di qualcuno deve pur essere. E’ vero, tuttavia, che l’Europa non ha fatto nulla per contrastare il suo stato di nata morta. Non ha provveduto a fare qualche piccolo cambiamento (che ne so… trasformare la BCE in una vera banca centrale… stendere una Convenzione europea che si riconosca nei valori laici della democrazia e non in radici religiose o trascendenti…). Lo stato dell’arte è che, sotto la spinta di realtà più grandi e, forse, più importanti di lei, la povera Europa partecipa al gioco in ordine sparso alimentando così, appunto, nazionalisti, xenofobi, inimicizie e forze centrifughe. Siccome non c’è limite al peggio nell’economia globalizzata, esiste anche una competizione nell’allearsi con chi, in questo momento, è messo meglio di noi: Cina e Russia, su tutti. Paesi che non brillano certo per rispetto di diritti fondamentali e libertà. Su questo tema, c’è chi urla all’ipotesi fantasiosa e priva di fondamento (l’acquisto di porzioni del nostro debito pubblico da parte dei cinesi sta diventando più che una teoria geo-politica bizzarra) e chi grida “vergogna”. Questi urlatori dovrebbero ricordarsi di un accordo tra gli USA di Bush Jr. e la Cina e di un piccolo affaire tra un cancelliere tedesco e un colosso russo, in periodo di embargo della Federazione Russa da parte dell’UE. E’ vero, non era poi così piccolo!

Penso, anche, che la situazione sociale diventerà molto calda alla riapertura (quella vera … non le fasi 2, 3 e 4 che sono fumo negli occhi!) con molte persone che perderanno il lavoro e saranno certamente impossibilitate a trovarne nella congiuntura. Penso, anche, che le vertenze di questi e di quelli che sono già stati ridotti ad una semi-povertà prima del Covid 19 non saranno tanto pacifiche.

Non aiuta nemmeno la “dialettica” che si usa nello sforzo contro il virus. E’ un linguaggio bellico, filologicamente errato. Infatti, il nostro nemico è organico ma è molto controverso il fatto che sia una forma di vita (come, ad esempio, il batterio) o meno. Di fatto non può replicarsi se non all’interno di una cellula ospite, tanto è inabile. I messaggi e le informazioni date in questa modalità portano ad aggravare la situazione di incertezza e panico. Poi, come in ogni guerra che si rispetti, c’è la propaganda: chi ricorda la guerra di movimento? Quando si arretrava, soverchiati da forze più numerose, mica si poteva parlare di ritirata!!! Qui ci vogliono convincere a colpi di ce-la-faremismo e andrà-tutto-benismo. Come spesso accade, è stata una ragazzina ad aprire gli occhi per prima, dichiarando: io non ci credo che andrà tutto bene, mi hanno costretto a scriverlo i miei genitori. Lucida e onesta.

Per tornare al nostro filosofo tedesco, il Covid-19 ci ha relegato in vite esclusivamente esistentive. Non possiamo che occuparci della nostra sopravvivenza. Se usciamo a comprare il pane e vediamo qualcuno che si avvicina, istintivamente ci allontaniamo perché è potenzialmente un pericolo per la nostra salute. Stiamo elaborando un meccanismo che tende a solitudini da autoconservazione. Gli psicologi ci dicono che questo periodo lascerà strascichi, soprattutto, tra bambini e giovani, ma gli adulti non sono immuni (parola abusata… Non si chiama così il nuovo “guinzaglio” elettronico che ci vogliono imporre?) a danni significativi. Quindi, in molti, stiamo elaborando comportamenti anti-sociali che avranno conseguenze con vari gradi di gravità quando torneremo alla normalità… se così si può dire. Pensate a chi ha perso una persona cara senza più vederla … Pensate al carico di dolore e frustrazione che ci porteremo dentro e, conseguentemente, all’insensibilità che ne potrà scaturire. Ci stiamo consegnando ad esistenze meccanicistiche che avranno scarso valore esistenziale, prive di componenti emotive e poco incisive nel nostro appartenere ad una società.

Esistenze rivoltate dentro ad un tempo che perderà di significato. Un tempo sospeso e vuoto. Più che dei problemi economici esogeni, di questo dovremo occuparci, riappropriandoci della nostra umanità, recuperando l’empatia sopita, rive e di uno scopo che non sia la semplice sopravvivenza.

di Paolo Pelizza

© 2020 Rock targato Italia

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I VIRUS DELL’OGGI, QUELLI DI DOMANI, L’ARTE E GLI ARTISTI, LA MUSICA E LA “GUERRA”

I VIRUS DELL’OGGI, QUELLI DI DOMANI, L’ARTE E GLI ARTISTI, LA MUSICA E LA “GUERRA”

Ovvero quattro chiacchiere con ROBERTO BONFANTI

Bentornati alle Visioni. In questo pezzo vi proponiamo una bella e lunga chiacchierata con Roberto  Bonfanti. Roberto, oltre a essere un decano della Giuria del contest di Rock targato Italia e a curare le recensioni dei migliori album italiani su questo stesso sito, è un giornalista, uno scrittore e un artista. Se qualcuno volesse urlare allo scandalo perché noi si parla di noi, sappia che è proprio vero! E’ un uso privatistico delle Visioni ma, credo che conoscerci meglio sia simpatico e forse utile anche per i nostri lettori. Sull’utilità sto, ovviamente, scherzando!

Visio: Ciao Roberto e grazie per aver accettato il nostro invito. In realtà, l’idea di questa nostra chiacchierata è di Francesco (Caprini, N.d.R.).

Roberto: Allora ci inchiniamo al suo volere (ridiamo).

Visio: Allora chi è Roberto Bonfanti? A noi risulta: giornalista, scrittore, artista, giurato e collaboratore di Rock targato Italia …

Roberto: Io ho cominciato a collaborare con Kronic, una fanzine cartacea che inizialmente si occupava di metal e si chiamava Suburbia, poi si sono aperti prima al goth, poi all’elettronica e al pop rock. Io ho cominciato a collaborare nel 2001. Era una delle prime webzine musicali: all’epoca c’eravamo noi, Music Boom e Rockit oltre a Rockol che è un’istituzione.

Visio: Tu ti occupavi della parte italiana?

Roberto: Sì, molte delle produzioni indie italiane di allora passavano sulla mia scrivania.

Visio: Tu nasci come giornalista, quindi e poi scrittore e artista. Io ricordo di avere recensito anche un tuo romanzo su questa stessa rubrica. Raccontaci un po’.

Roberto: Dopo Kronic, avevamo aperto un’etichetta musicale che è andata malissimo …

Visio: Ci puoi dire cosa è successo?

Roberto: E’ che eravamo delle teste di cazzo. Si chiamava “Ilrenonsidiverte”… Abbiamo fatto quattro album e poi abbiamo capito che non era roba per noi. Facevamo fatica a gestire i rapporti umani… soprattutto con l’ambiente circola attorno al mondo della musica. Sai, io venivo da qualche anno di Kronic, durante i quali ero un punto di riferimento per i gruppi, nell’area pop-rock-indie eravamo in pochi … Finito il mio scopo, la gente è un po’ sparita e mi sono trovato a capire che erano relazioni utilitaristiche da parte degli artisti …

Visio: Come spesso succede nell’incapacità di fare gruppo. Ma torniamo alla scrittura.

Roberto: Tutto nasce dal fatto che io ho sempre scritto racconti. Quando si è chiusa l’esperienza dell’etichetta, per rimettere insieme le idee, ho deciso di riprende i miei racconti e li ho pubblicati in una raccolta che si intitolava: Tutto Passa Invano. Da lì è iniziata la voglia di mettersi in gioco. Questo libricino è finito nelle mani di un piccolo editore che si chiamava Falzea che era distribuito da RCS (allora). Ho cominciato a lavorare più seriamente così è nato il mio primo romanzo: L’Uomo A Pedali (2009). Per quanto riguarda l’artista … E’ Francesco che mi definisce così … (ridiamo).

Visio: Qualche volta, Francesco aggiunge o toglie … Preso dalle sue presentazioni centrifughe qualche cosa rimane al centro, qualcosa d’altro viene sparato ai margini. Poi, leggendoci ci rimprovererà.

Roberto: In realtà, quando si è trattato di presentare il mio romanzo intitolato Alice (quello che tu hai recensito), siccome nel salottino culturale delle letture o in quello delle presentazioni in libreria non ci stavo comodissimo, mi sono inventato non uno spettacolino … più una performance durante la quale leggevo parti del libro in modo più teatrale, meno convenzionale. Stando sul palco con un mio stile.

Visio: Parliamo della tua esperienza nel contest di Rock targato Italia.

Roberto: Per me collaborare con Rock targato Italia è stata una bella chiusura del cerchio. Quando io ho cominciato ad  interessarmi di rock italiano erano gli anni Novanta e c’erano band come Litfiba, Timoria, Negrita, CSI, etc.

Visio: Molti di questi passati per Rock targato Italia …

Roberto: Tutti passati o come ospiti o, addirittura, lanciati dal concorso. Ai tempi sentivo e leggevo spesso il nome di Francesco e di Rock targato Italia. All’epoca c’erano le riviste, c’era Il Mucchio Selvaggio, c’era Tutto Musica del nostro amico Fausto Pirito e lì, mentre collaboravo con Kronic, li ho voluto incontrare e ho preso a collaborare con quella realtà. Pensa … Ho fatto la prima volta il giurato nel lontano 2001. Poi ho ripreso in tempi più recenti.

Visio: Parliamo del concorso.

Roberto: Quello che vedo è che c’è sempre molto entusiasmo ma, spesso, non molta consapevolezza. Capisci che artisti, anche di talento, non hanno molto l’idea di come ci si muove … Un’idea precisa ce l’ha data il comportamento dei musicisti durante la quarantena. In un periodo come questo, dove stanno succedendo un sacco di cose e tutte gravi, uno deve scegliere se essere un artista o un intrattenitore. Ho letto un post di Mauro Ermanno Giovanardi, il cantante dei La Crus, che è molto contrario ai concerti sui balconi o in streaming perché molti hanno voluto cavalcare l’onda, in modo autoreferenziale.

Visio: Bé, uno dei problemi non è proprio la visibilità?

Roberto: Certo. In fondo tutti cerchiamo, in qualche modo, visibilità. Però occorre stare molto attenti al messaggio che si trasmette. Il “vatuttobenismo” dilagante rischia di diventare un’arma anestetica pericolosa. Un po’ come le associazioni di categoria che a ogni decreto si limitano a tentare di elemosinare qualche spicciolo in più per la loro categoria di riferimento anziché provare a guardare la problematica in modo più ampio e magari, tutti insieme, tentare di rovesciare il tavolo e cambiare le cose in modo più radicale. Mi è piaciuto molto, parlando di un personaggio legato a Rock targato Italia,  Riccardo Autore che sta lanciando una serie di video,  facendo profonde riflessioni sul momento. Ha, anche, intervistato il sindaco del suo paese. Questa roba dei concertini in streaming è un accodarsi, estraniandosi dalla realtà.

Visio: In tempi non sospetti, Damon Albarn, ha parlato di selfie music. Una concentrazione su sé stessi senza o con scarso impegno rispetto a quello che succede intorno. Secondo lui l’artista ha delle responsabilità in relazione alla società.

Roberto: E’ esattamente quello che sta succedendo, in modo ancora più estremo. E’ il grande limite del rock emergente. Si diventa i burattini del sistema …

Visio: E’ il tema di quelli che scrivono poesie sotto le bombe … E’ quando le bombe smettono di cadere il momento, per usare una metafora, di scriverle. Se no, si cade nel tranello dell’”attualistico” e non si riesce ad essere critici in modo efficace.

Roberto: Si corre il rischio della instant song che tra due settimane non ha più senso …

Visio: Abbiamo virologi che, ormai, sono le nuove star della TV che hanno detto tutto e il contrario di tutto che escono con gli instant book … Cosa fai??? … privi i musicisti di questa possibilità (ridiamo)?

Roberto: Vero! Oggi si sta istituendo il Ministero della Verità … Quando quelli che si ergono come paladini contro le fake news sono i primi a diffonderle! Sono state le grandi testate giornalistiche a spacciarci immagini di repertorio di centri città molto frequentati, suggerendo che è così che si rispetta il lockdown … Pile di bare del 2013 di Lampedusa, spacciate come quelle di Bergamo (e ovviamente non sto assolutamente insinuando che la tragedia di Bergamo sia falsa. Ho diversi amici da quelle parti e so bene quanto la zona sia stata colpita. Parlo del modo in cui i media hanno cercato, all’interno della tragedia, la spettacolarizzazione del macabro per generare ulteriore ansia). L’assioma secondo il quale, più o meno esplicitamente, siamo ancora costretti a casa perché c’è qualcuno che non rispetta le regole. E’ dividi et impera. Ci spingono ad occuparci di quante volte il nostro vicino esce col cane … il Sud contro gli untori del Nord che ha sostituito quella contro quelli cinesi. Ci mettono gli uni contro gli altri.

Visio: E’ il punto. Cosa resterà di questi dispositivi liberticidi, di queste limitazioni? Al di là della gestione dell’emergenza… Cosa rimarrà di questa volontà di controllo delle persone.

Roberto: E’ un punto molto spinoso … Il pericolo è che stiamo creando un’emergenza democratica. Sta diventando vietato anche farsi delle domande. E sono gli artisti che sono deputati a farle! E’ legittimo governare a colpi di DPCM? Non è uno strumento nato per questo. Abbiamo un’informazione ufficiale fatta per creare panico e che spinga l’opinione pubblica a consegnarci nelle mani di chi governa … I casi che abbiamo citato prima dovrebbe portare alla chiusura di questi giornali. Il virologo che dice che il rischio in Italia è zero e poi diventa, senza soluzione di continuità, il più allarmista del mondo!

Visio: Parliamo un po’ di musica … Qualche nome di band o di artisti dell’indie rock italiano, che ti hanno fatto battere il cuore ultimamente? Anche emergenti ...

Roberto: La domanda è molto difficile … Io non ho ancora capito cosa vuol dire indie … Se prendi nomi come Paolo Benvegnù, Giorgio Canali, Filippo GattiGiulio CasaleRiccardo Sinigallia …  che sono, secondo me, alcuni dei più bravi. E’ gente che ha fatto dischi bellissimi, in un contesto vagamente normale sarebbero i nomi importanti …

Visio: In Italia esiste il miracolo del mainstream … La maggior parte degli attori della scena mainstream nascono e muoiono lì. Gli altri se sono passati dall’indie, diventano mainstream facendo cose radicalmente opposte.

Roberto: Sugli emergenti, ci provo. Ultimamente mi è piaciuto molto l’album di Lorenzo Del Pero che è un giovane. Grande vocalità e testi lirici, profondi ed evocativi.

Visio: Un altro regalo per i miei lettori?

Roberto: L’anno scorso a Rock targato Italia abbiamo premiato gli RCCM, molto politici che fanno un post rock asciutto. Sarebbe interessante chiedere loro cosa ne pensano della realtà attuale.

 Visio: Adesso cosa stai ascoltando?

Roberto: I Non Voglio Che Clara hanno fatto un bellissimo album che ho recensito. Ma faccio fatica a considerarli degli emergenti, visto che sono in giro da vent’anni.

Visio: Dai! Regalaci qualche altra chicca italiana … come sai tu sei la mia nemesi! Io mi occupo più di grandi classici anglosassoni e, solo, grazie a te e a Rock targato Italia, frequento l’indie italiano.

Roberto: Ti sorprendo … Sto ascoltando Murubutu, un rapper molto particolare. Ha scritto un album sull’Inferno di Dante. Tra l’altro, è anche insegnate di italiano e, quindi, maneggia molto bene la materia.

Visio: Concludiamo con i tuoi progetti per il futuro.

Roberto: Sto lavorando ad un nuovo romanzo ma i tempi non saranno maturi prima di un paio d’anni. Almeno credo …

Visio: Grazie Roberto!

di Paolo Pelizza con Roberto Bonfanti.

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