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The New Abnormal [The Strokes] recensito da Massimiliano Morelli

The New Abnormal [The Strokes]

recensito da

Massimiliano Morelli

Diciannove anni dopo Is This It, i The Strokes incontrano e fanno incontrare l’arte di Jean-Michel Basquiat (copertina) e Rick Rubin (produttore)— diciannove anni dopo il clamore mai scemato, le sigarette, e tutte le parole non dette, parlano loro, gli (ora) adulti –The Adults Are Talking, opener del qui recensito The New Abnormal–, e la musica (non) cambia: silenzio in sala e nei forum, i cinque ragazzi (s)pettinati di New York sono tornati. Sfatiamo subito un mito: contrariamente alle credenze popolari, nessuno dei dischi rilasciati dalla band da dopo First Impressions Of Earth (2006) ha sancito il “return to form” tanto caro a, e talora dichiarato da, taluna stampa di settore angloamericana per il semplice fatto che il misfatto non sussiste: se non si può dir smagliante ché qualcuno magari s’offende, la forma dei The Strokes non è mai apparsa smagliata e tanto lo stato di salute degli album nel tempo quanto il tempo stesso ne sono testimoni autorevoli e difficilmente confutabili. Ma certa critica –come spesso il pubblico meno attento e/o coinvolto–, accelerata e resa schizofrenica dall’avvento di internet in avanti, il più delle volte dimentica o ritratta, quando per contro farebbe meglio a ricordare e, piuttosto, riconsiderare coscienziosamente, soprattutto se l’arte di combinare suoni e parole trattata (la cui qualità –leggi anche: successo–, forse poiché intrinseca, sembra sempre essere inversamente proporzionale alle risorse investite per conseguirla) nasce proprio dall’incontro dei cinque musicisti il cui rapporto con la (loro) musica viene costantemente percepito come idiosincratico e quello interpersonale quantomeno disfunzionale. Donde il bipolarismo, oscillante tra l’ostentazione del (finto) disincanto –disinteresse?– e il return to form di cui sopra (salvo poi negare tutto e il suo contrario), che colpisce e definisce da almeno quattordici anni a questa parte l’approccio critico (!) di detta stampa ogni qual volta si tratta di recensire la nuova uscita della band. The New Abnormal presenta in risposta, laddove i The Strokes avessero davvero bisogno di rispondere a qualcuno a riguardo, molti meno incisi e tra parentesi di questa mia recensione e già dalle prime note (la sopracitata The Adults Are Talking –“Ci incolperanno, crocifiggeranno, e svergogneranno/non potremo farci nulla se siamo un problema”– verrà facilmente ricordata come la miglior opener di questa primavera 2020) si evince che, nuovamente, musica e tempo vinceranno su tante delle parole che stanno proliferando in rete sin da quando la release del disco era stata annunciata e i primi singoli hanno iniziato a circolare. Avrete sicuramente letto, “Andatevi a (ri)ascoltare Comedown Machine.”; nel 2013, a proposito di Comedown Machine, avevano scritto, “(ri)Ascoltatevi Angles (2011).”; e, col prossimo album, puntuali come il giorno e la notte, ma senza più sapere a questo punto se si tratti effettivamente di giorno o di notte, vi rimanderanno al ritorno agli antichi fasti che era stato The New Abnormal, così compiendo il miracolo ultimo della stampa musicale contemporanea: il return to form a posteriori— orrore! E allora noi, che verosimilmente stiamo leggendo queste righe pressoché a ridosso della data d’uscita del disco (10 aprile 2020), avendo perciò un grande vantaggio spaziotemporale su tutte le psicosi dissociative del caso, non dobbiamo fare altro che scollegarci dalla rete e, ascoltandolo, gioire delle gioie e dei dolori che le n(u)ove canzoni che lo costituiscono hanno da darci. E, permettetemi, quando son dolori, sono meravigliosi: “Mi hai colpito come un accordo/Sono un brutto ragazzo/Resistendo la notte/Solo dopo il crepuscolo/Mi hai implorato di non andarmene/Affondando come una pietra/Usami come un remo/E portati a riva”, intona Julian Casablancas nel primo ritornello di At The Door, interpretando il suo peculiare ermetismo contemporaneo (e scrivo ermetismo assumendomi tutte le responsabilità che devo assumermi) con una profondità sonora e di intenti così persuasiva che, se ancora mi si volessero perdonare i giochi di parole, lascia davvero poco margine all’interpretazione altrui— i The Strokes sono presenti, qui e ora, e ancora una volta pronti a riaffermarsi come tali. Ma se non ci è dato decifrare un qualsivoglia prodotto artistico al fine di comprenderlo, quantomeno non da subito, alcuni passaggi di The New Abnormal suonano dunque talmente ispirati (“Non riesco a crederlo/Questa è l’undicesima ora/Psichedelico/La vita è un viaggio così divertente/Ercole, le tue fatiche non sono più richieste/È come una finzione”, dal ritornello di Eternal Summer) che ascolto dopo ascolto il suono avrà presto vinto sul significato, lasciando al tempo –e, auspicabilmente, senza più l’incombenza di schizofrenie di sorta– l’onere di risolverne l’enigmaticità. Certo, a quarant’anni compiuti (sia Casablancas che chi scrive sono del 1978) abbiamo Selfless (“La vita è troppo corta/Ma vivrò per te”) e Why Are Sundays So Depressing (“Voglio il tuo tempo/Non farmi domande/Di cui non vuoi/La risposta), sicuramente più riservate e posate, dal click ponderato e le chitarre coscienziose, laddove a ventitré avevamo avuto, tutto sesso, capelli, e nicotina, le sfrontate e strafottenti The Modern Age e Last Nite; ma del resto è anche fisiologico, e a quaranta non si fuma, pardon, suona come a venti— e meno male, aggiungerei:  Brooklyn Bridge To Chorus (Voglio nuovi amici ma loro non vogliono me/Si divertono un po’ ma poi non fanno altro che andarsene/Sono loro? O forse tutto io?/Perché i miei nuovi amici non sembrano volermi”) e Bad Decisions (“Prendere decisioni sbagliate/Prendere decisioni sbagliate/Sto prendendo decisioni sbagliate con te”), dall’incedere, soprattutto la seconda, tutto sommato non dissimile da quello pseudo-post-punk e quasi decadente di alcuni pezzi di Room On Fire (2003), lo confermano elegantemente e senza tema di smentita. Su una cosa, però, quei tanto finora da me stimmatizzati giornalisti musicali hanno ragione e bisogna dargliene atto: The New Abnormal è, tra le altre cose, un vero e proprio trionfo di autocompiacimento (in Not The Same Anymore –“Non sei più lo stesso/Non vuoi più giocare a quel gioco/Saresti più credibile come finestra che come porta/Gli estranei implorano/Diventa così facile ignorare/Proprio come la ragazza della porta accanto”–, ad esempio, i The Strokes suonano come gli Arctic Monkeys di Tranquillity Base Hotel & Casino che vogliono suonare come i The Strokes) e di citazionismo oltranzista al limite della più sfacciata ruberia, tanto che gli autori delle melodie originali, laddove riprodotte e “incorporate”, vengono giustamente citati nei songwriting credits. Ma le canzoni, e il suono, e i testi— e Julian Casablancas! “O Julian, Julian, wherefore art thou Julian?”, cinguetterebbe oggigiorno un’ipotetica Giulietta senza tempo (incidentalmente, l’ex moglie di Casablancas si chiama proprio Juliet...) rapita dalla suadente e piaciona autoreferenzialità lirico-sonica di tali sonetti pop. Wow. Suonare come sé stessi pur prendendo in prestito in maniera del tutto esplicita, quasi pornografica: è anche in questo, oltre al resto, che il compiacimento autoreferenziale dei The Strokes trionfa a sua volta e, finalmente, completa e chiude il cerchio magico. “Ascolta una volta, non è la verità/È solo la storia che ti racconto”, precisa Casablancas nella prima strofa della conclusiva Ode To The Mets (apparentemente nessun riferimento ai New York Mets oltre al titolo) per poi rimarcare, nell’ultimo ritornello dell’album prima dell’outro/gran finale, “È l’ultimo adesso, ve lo posso promettere/Scoprirò la verità quando sarò tornato”; e quale miglior chiusura per The New Abnormal se non quella che potrebbe non solo essere la canzone più bella del disco ma, di fatto, la summa di tutta una mitologia prettamente nordamericana che da sempre informa e influenza la dialettica dei The Strokes— quale miglior modo di chiudere The New Abnormal, dicevo, il disco che noi che siamo arrivati a questo punto della recensione stiamo ascoltando e ascoltando e ascoltando e ascolteremo ancora.

Massimiliano Morelli

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4 album (+1) per aprile 2020: Non Voglio Che Clara, Benvegnù, En Roco, Pay e, The Howling Orchestra.

4 album (+1) per aprile 2020:

Non Voglio Che ClaraBenvegnù, En Roco, Pay, The Howling Orchestra.
articolo di Roberto Bonfanti

Servono certezze, in questi giorni confusi in cui tutto è caotico e il futuro sembra un enorme punto interrogativo. Per fortuna, se la vita e la politica le certezze sembrano volercele togliere sempre di più, la musica continua a concedercene qualcuna. Dunque, tanto vale godersi almeno queste.

I Non Voglio Che Clara ci hanno abituati da parecchio tempo a sfornare dischi bellissimi alternati a lunghi periodi di silenzio. “Superspleen vol.1”, il nuovo disco che arriva a sei anni di distanza dal suo predecessore, non fa eccezione e conferma in pieno l’eleganza che è da sempre il marchio di fabbrica della band: canzoni piene di fascino, accarezzate da un caldo retrogusto anni ’60 e giocate attorno a un pop d’autore dalle atmosfere malinconiche e dall’intrigante verve narrativa che rende ogni brano una sorta di mini romanzo.

Su Paolo Benvegnù c’è ben poco da dire. L’ex leader degli Scisma è un autentico monumento della musica alternativa italiana: una sorta di essere di luce che dispensa classe e purezza in ogni cosa che fa. Il nuovo album intitolato “Dell’odio dell’innocenza” è l’ennesimo tassello prezioso di una discografia importante e ci presenta un Benvegnù in grande forma che ci regala undici tracce intrise di quel rock d’autore poetico, ombroso ed evocativo che è da sempre il marchio di fabbrica dell’artista lombardo.

Anche i genovesi En Roco sono ormai una certezza e da vent’anni portano avanti con grande coerenza il loro percorso. “Per riconoscersi” è il nuovo passo del cammino della band ed è probabilmente la loro prova più diretta e sfaccettata: undici canzoni in cui i musicisti liguri non rinnegano assolutamente le loro radici sempre ben piantate nella tradizione cantautoriale tanto cara alla loro città natale ma, al tempo stesso, provano a sporcare maggiormente il loro sound concedendosi l’acidità di nuove venature che spaziano fra il rock e un pizzico di funk.

I Pay si possono considerare a pieno titolo un pezzo di storia del punk italiano più fresco e irriverente eppure, dopo quasi venticinque anni di onorata carriera, sembrano avere ancora l’entusiasmo degli esordienti. “Va proprio tutto bene”, il nuovo album della band varesina, è un bel condensato di canzoni immediate, divertenti, ironiche ma intelligenti al tempo stesso. Punk nel senso più essenziale, puro e apparentemente leggero del termine.

Nonostante su queste pagine abbia sempre preferito citare prevalentemente band che cantano in italiano, parlando di certezze mi sembra giusto dedicare un po’ di attenzione all’esordio di The Howling Orchestra, nuovo progetto musicale in cui confluisce l’esperienza di musicisti già membri dei Gea, degli Spread e dei Lana. “Spirituals” è un album ruvido e profondamente americano in cui suoni acustici e sonorità elettriche si impastano con grande sicurezza all’interno di un interessante viaggio fra rock, folk e venature blues.

Roberto Bonfanti
[scrittore e artista]

www.robertobonfanti.com

blog rocktargatoitalia.it

 

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008 - Tabula Rasa di Antonio Chimienti

008 - Tabula Rasa

di Antonio Chimienti

Davvero non so da dove cominciare. 

Unica cosa chiara è non soffocare più dentro di me i pensieri.

Premesso che non è un articolo sulla musica ed ancora che mi sono domandato sé potessi permettermi di scrivere al di fuori della destinazione che Rock Targato Italia mi ha incaricato mi autorizzo a scrivere di questo momento storico che certamente ci ricorderemo.

Come al solito voglio informare  e riassumere perché le cose possano indicare una strada a chi la cerca

 

I pensieri occupano continuamente il loro spazio nella nostra mente e vi sì trovano anche quando noi non lì scorgiamo. Hanno una loro vita propria, sì riproducono e sì costruiscono vicendevolmente  appoggiandosi e reggendosi uno con l'altro. Quando raggiungono una forma interessante la nostra coscienza ce lì presenta attendendo un nostro eventuale lascia passare per espatriarli nella realtà di questo mondo.

Sono frammenti all’inizio che a seconda della nostra sensibilità possono essere visibili o continuare ad esistere dentro di noi , ma senza svelarsi.

Voglio parlarvi di questi frammenti.

  • FORTUNA 

A pranzo mangio ogni giorno in un ristorante dove alcuni commensali come me nel tempo hanno fatto amicizia e sì scambiano un saluto o un commento della giornata, là dove la lunga frequentazione del luogo lo ha edificato ci sì permette di consumare il momento del caffe spostandosi nel tavolo del vicino ormai una consuetudine. L’espressione “FORTUNA-VIRUS” è emersa per la prima volta qui parlando con Michelangelo T. un noto comunicatore e sociologo di fama mondiale ed anche titolare di una ancora più nota accademia di comunicazione. Lo avevo già pseudo rato dentro di me il concetto di utilità di questo Virus , ma non mi era apparso con chiarezza fino a quando accompagnato da una risata Michelangelo lo ha definito. Il concetto che cercavo di mettere a fuoco era “Fortuna”.

  • FRAGILITÀ’

La sera quando non ho impegni con la palestra o lo studio verso le 21, in macchina mentre raggiungo casa, ascolto Radio rai 1. Ogni giorno alle 20,58 , con lo stesso effetto che sortirebbe l’apparizione di un’alce nell’ascensore, in una trasmissione di 3 minuti intitolata” Ascolta sì fa sera” un uomo o donna di tre chiese diverse ( cattoliche, evangeliche ed ebraiche) espone riflessioni per poi svanire accompagnata da una bellissima colonna sonora d’archi barocca (Alles, was ihr tut mit Worten oder mit Werken (BuxWV 4) ).

La voce quella sera recita”... ci siamo resi conto di quanto siamo fragili e che l'esistenza non è legata alla potenza , ma alla fragilità. Tutto questo ci darà del grande aiuto , ma non subito , ma nel tempo….”

L’espressione “FRAGILITÀ’” era la parola esatta che metteva a fuoco dentro di me tutta quella serie di emozioni che stavo ascoltando da giorni alla televisione, in famiglia, con i miei clienti , con i miei amici.

Oggi poi accadono tre cose che mi spingono a decidermi finalmente a scrivere queste righe.

  • NATURALITÀ

Il mio amico Francesco C. posta su facebook delle foto raffiguranti una delle più ancestrali immagini della nostra esistenza. Un gregge di pecore su un campo di erba verde con accanto una cascina,  immagine accompagnata dalla frase che mi ha lasciato il “segno” : “transumanza, un ricordo dell’infanzia che rivivo con immenso piacere….”. “NATURALITÀ’”

Per meglio essere preciso il RITMO NATURALE è l'espressione  di quello che nella mia mente sì stava facendo largo. Quello che tutti stiamo sperimentando è VIVERE più lentamente. RITROVARCI su un divano con i nostri cari ritrovandoli . CONFRONTANDOCI davvero con persone che ci sono tanto vicine da non poter ingannare come riusciremmo a fare invece  con avventori privi di esperienza sulla nostra vera persona pur di contabilizzare una gratificazione (quasi inutile). E quando è che cresciamo se non quando qualcuno ha il coraggio di dirci veramente quello che siamo? E chi se non ci ama davvero può avere questo coraggio pur sapendo che ci potrebbe perdere?

E cosa dire del cibo? Stiamo mangiando finalmente a casa. Stiamo mangiando tutti meglio giusto? Questo non lo trovate più naturale? E state dormendo di più giusto? Anche questo sta dando i suoi frutti. NATURALITÀ° dei tempi , della nutrizione, dei rapporti.

Non mi stupirei se ci fosse anche un incremento delle nascite.

  • SPIRITUALITÀ

Avevo aperto questo foglio bianco per cominciare a scrivere quando con curioso tempismo mi chiama al telefono mia cugina Angela P. da Napoli. Mi dice che erano diversi giorni che mi pensava. Mi invita a collegarmi ad un gruppo di preghiera allestito su internet.  Non ho molto tempo per questo , ma lei sa che non diniego mai nulla a prescindere, ma la cosa interessante viene quando la informo che stavo proprio per cominciare a scrivere questo mio intervento, nel senso che stavo abbassando il dito sul primo tasto della mia tastiera quando ho dovuto richiamarlo a me per sollevare la cornetta del telefono e quindi le domando: “ ma tu cosa ne pensi di tutto questo?”:

Lei mi risponde :” eravamo diventati tutti troppo presuntuosi e pericolosi per gli altri, troppo individualisti proprio quando eravamo pronti a giurare di essere tutti uniti ed interlacciati uno con gli altri. La venuta di un Cristo può essere realizzabile solo quando tutti noi siamo pronti a riceverlo”. In altre parole sé non siamo organizzati non possiamo ospitare in casa un elefante… dobbiamo fare dei cambiamenti alla struttura della nostra casa se vogliamo poterlo avere davanti ai nostri occhi ogni mattino che ci svegliamo. 

L’elefante è ciò che amiamo dentro di noi, ciò che ci dà felicità. Non fermatevi ai nomi , non fatevi trattenere da quello che avete visto nella vostra esistenza innaturale, rivolgete lo sguardo dentro di voi. Lì non ci sono nomi, ma solo idee altresì chiamate sensazioni o illuminazioni o intuizioni. Dobbiamo organizzarci meglio sé vogliamo materiarizzale.

  • RESPONSABILITÀ

La terza cosa che stamattina è avvenuta è una telefonata con Claudio D.P.

Lui è un grande Imprenditore , mio allievo ed amico.

Le sue palestre sono chiuse con gravissime conseguenze per le molte maestranze di cui è responsabile per non parlare degli affitti stellari che pendono come carichi sospesi legati ad una catena ormai arrugginita come quella della economia e burocrazia italiana. Ma lui è anche un ottimo amministratore e mi ha confermato che riuscirà a pagare ancora tutti gli stipendi. Per farvi capire la gravità pensate sé Lui non potesse… vi immaginate queste centinaia di  persone con quali soldi potrebbero andare a comperare le uova? Dai pensateci..a quanti di voi sta accadendo? La sentite la paura cazzo? Pensate che i soldi da parte che Claudio possiede si siano automaticamente accantonati o che un qualche eroe sì sia presentato con pistola in mano tutti i fine mesi obbligando Claudio-one ( così io lo chiamo) a metterli da parte? Raccontandogli che un giorno sarebbe potuto arrivare una catastrofe sotto forma di invisibile virus …? Beh sì in effetti è andata così “ Solo che non è un supereroe qualsiasi, in questi momenti si capisce che non ce lo hanno tutti, anzi proprio pochi. E’ molto raro si chiama RESPONSABILITÀ.

Ma attenzione lo scoop è che la responsabilità non te la devi procurare, non la devi far crescere e non la devi invidiare negli altri. DEVI SOLO DECIDERE DI UTILIZZARLA.

Tutti la abbiamo. Solo la pura a rinunciare ai nostri desideri dai deboli la può uccidere. Ma lei non morirà mai. Basta attivarla. E’ un istante e subito dopo ci sì sente molto più vivi e belli di prima.

Bene ora la parte che più mi sta a cuore.

So benissimo che molti di voi non capiranno. Penserete ed una astrusità, ad una forzatura della logica, forse ed una vera pazzia o qualcosa di simile, ma l’idea di sottrarre a qualcuno che lo può recepire,  quanto scriverò ora, mi obbliga a farlo. Se avessi gli indirizzi di questi ultimi giuro scriverei solo a loro senza disturbare tutti gli altri, ma non posso quindi procedo.

In compenso sarò breve, brevissimo per non urtare tutti. Ma coloro che sì ritroveranno in questa piccola cerchia possono contattarmi per maggiori delucidazioni.

  • Le Malattie

Sé tutto quello che ho scritto sopra vi ha colpito positivamente sappiate che è solo , in definitiva merito solo di un qualcuno. La causa da cui tutto è scaturito è solo una. Sé pensate che sia un caso allora cominciate ad abbandonare la lettura. Sé pensate che sia un bene  tutto questo che sta succedendo … allora continuate a leggere. Sé tutto questo è un bene, se tutto questo era auspicabile, sé vi sta piacendo e lo trovate salvifico per la vostra mente , i vostri sentimenti e la vostra anima allora dovete ringraziare qualcuno di certo. Questo qualcuno sì è organizzato veramente bene, sì perché sé lo avesse fatto parzialmente non vi sarebbe apparso con questa chiarezza. Pensate questo problema solo esistente in Australia… tempo 12 ore e ve ne sareste dimenticati. Invece no tutto il pianeta ( state tranquilli anche l’Australia) ecco perché i miei figli dicono che questa è storia e noi ci siamo dentro. Chi è questo qualcuno?  No, non è come pensate….:) Ho detto che non mi dilungherò e quindi la risposta è : la MALATTIA. 

La Malattia come essere vivente e tra parentesi il più evoluto di tutte le forme di vita esistenti. Superiore non solo a noi che siamo più evoluti solo delle piante e meno evoluti degli animali, ma esseri senzienti molto più evoluti anche degli stessi angeli che noi talvolta accettiamo come essere superiori a noi. Ve l’ho detto che sarebbe stato complicato. 

Comunque solo ancora una frase logico scientifica perché là dove un animo non preparato corre a nascondersi è proprio dietro la logica che userà come scudo per tutto quello che non ha il coraggio guardare fisso negli occhi. 

Questo che segue è quello che ho messo insieme per parlare ai miei studenti di Kick Boxing o clienti sull’esistenza dell’”oltre”, al fine di raggiungere un proprio IO più evoluto e forte di prima.

L’evoluzione di ognuno di noi la misuriamo in felicità. Quando abbiamo compiuto un’azione bella o migliore di ieri, o ancora siamo riusciti in un qualcosa a cui tenevamo molto  cii compiacciamo. Siamo felici e ci ripromettiamo di ripetere questa bellissima esperienza. 

Siamo felici di essere riusciti e ci promettiamo che da questo risultato non torneremo indietro, semmai ora sappiamo che potremo raggiungere lo step successivo.

Per esempio siamo riusciti a rispondere alla nostra mamma con  amore piuttosto che a farla piangere? 

Siamo felici. 

Siamo riusciti a vincere la pigrizia e fare quella cosa che volevamo fare da tempo? 

Siamo felici

Siamo riusciti a usare pazienza o accondiscendenza nei confronti di una persona che proprio non ce la faceva ed avere la forza di capire per ignoranza , età o vergogna? 

Siamo felici

Quale è fra le cause che ci vengono in mente quella che ci ha fatto fare qualcosa da cui è derivato un momento di felicità?

Un bacio? mhhh ce lo siamo levato subito…. ora vi domando : quando avete avuto l’ultima febbre e siete stati nel letto MALATI per una settimana che cosa vi siete detti passandovi una mano sulla fronte? “Che bella è la vita”, ecco che cosa vi siete detti. E cosa ancora vi siete ripromessi di fare come voto allorché una persona che voi amate ( o purtroppo amavate) stava morendo o stesse perdurando in uno stato di gravissima malattia o salute? Che sé fosse guarito… voi promettete che avreste fatto…….? Un grande cambiamento , qualcosa di difficile che aveva bisogno di una grande occasione per farvi trovare la forza di compierla, ma che la malattia vi stava spingendo a compiere. 

Ecco neanche l’amore può tanto. 

Se foste un naufrago su un'isola o l’uomo zero del pianeta vi sarebbe molto facile confermare tutto questo. 

Ecco perché il prete in punto di morte vi fa la domanda: ” ti penti?”. Perché basta un attimo di vita per capire tutto e finalmente imparare e capire quello che dovevamo afferrare in una vita intera. 

Mi fermo qui.

Aveva ragione Michelangelo ( ? Michelangelo?) a proposito del  FORTUNA VIRUS e grazie della clemenza: in Lombardia ad oggi 740 morti su 10 mln di cittadini : 0.0074%. 

Grazie ancora o pensavate che fosse gratis anche questo?

008 - Tabula rasa di Antonio Chimienti

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Olden, I Rumori Di Via Silvio Pellico, Sudestrada, Bugo e Paolo Saporiti.

4 album (+1) per marzo 2020:

Olden, I Rumori Di Via Silvio Pellico, SudestradaBugo e Paolo Saporiti.

articolo di Roberto Bonfanti

Ci sono cose che sono destinate a ritornare ciclicamente. Ritornano ogni tot anni, con implicazioni sempre più fantasiose, gli allarmismi di vario genere e il relativo panico collettivo. Ritornano periodicamente i tentativi demagogici di modificare la Costituzione. E ritornano sempre gli anni ’70, gli ’80, i ’90 e ultimamente persino gli anni ‘00. In questo eterno ritorno, proviamo a iniziare questo mese di marzo consigliando quattro album che sembrano legarsi idealmente a quattro diversi decenni.

Occorre togliersi il cappello di fronte al lavoro enorme che ha fatto in questi mesi la VRec label: dopo due album importanti come le nuove uscite di Max Zanotti e di Lorenzo Del Pero, l’etichetta veneta prosegue il suo percorso all’interno della canzone d’autore più profonda e inquieta dando alle stampe il nuovo disco di Olden. “Prima che sia tardi”, prodotto artisticamente da Flavio Ferri dei Delta V, è un concept album dalle sonorità cupe e dall’approccio narrativo decisamente anni ’70, in equilibrio fra rabbia sociale, speranza e intimo disincanto. Un lavoro elegante e incisivo al tempo stesso, capace di mettere in musica il linguaggio del romanzo distopico e di giocare in modo interessante con i chiaroscuri sia sul piano sonoro che su quello emotivo.

I milanesi I Rumori Di Via Silvio Pellico hanno gli anni ’90 tatuati nel dna. I loro riferimenti però, come testimonia anche il nuovo album intitolato “Trascendere respirare esistere”, non vanno verso il fragore delle chitarre distorte ma affondano nel lato più intimo e spiazzante del decennio del grunge: canzoni d’autore destrutturate, sperimentazioni a bassa fedeltà, sprazzi di rock minimale, filastrocche poetiche quasi sussurrate, paesaggi sonori dilatati e schegge di introspezione crepuscolare. Un progetto affascinante e personale da ascoltare con la giusta cura.

Partono senza dubbio dagli anni ’80, i romagnoli Sudestrada, ma il loro album d’esordio intitolato “Microclima” è un vero viaggio fra sapori, odori e riferimenti culturali apparentemente lontani fra loro. A fare da ago della bussola c’è sempre il pop sintetico più ricercato, caldo e “intellettuale” ma lungo la strada ci si imbatte in paesaggi diversi, dalla malinconia da estate anni ’80 a un calore mediterraneo venato dal vento del Nordafrica passando per i richiami a Murakami e i ricordi di Tween Peaks. Un album fondamentalmente pop ma capace di esprimersi con un linguaggio contaminato e ricercato al punto giusto.

Ho avuto la fortuna di seguire musicalmente Bugo fin da quando, all’alba degli anni zero, vagava fra i circolini di provincia come una scheggia impazzita intrisa di ironia surreale, elettronica lo-fi e folk acustico. A distanza di vent’anni è ovvio che il Bugo di quell’epoca non può più esistere ma fa piacere, dopo un lungo periodo interlocutorio, vedere l’artista novarese trovare finalmente un equilibrio pop con il nuovo album intitolato semplicemente “Cristian Bugatti”. Il Bugo di oggi è un artista che sa mettere insieme canzoni freschissime e ben scritte in cui la ritmica orecchiabile e la melodia trascinante si sposano con testi capaci di coniugare sincerità, leggerezza e desiderio di tornare raccontare il mondo che lo circonda come un cantastorie di provincia in chiave decisamente pop.

Aggiungiamo anche questa volta un jolly alla rosa dei quattro album consigliati inserendo un album live atipico, considerato che siamo abituati a vedere i dischi dal vivo soprattutto come momenti celebrativi firmati da artisti arcinoti. Paolo Saporiti ha scelto invece di pubblicare “Acini live” semplicemente per dare testimonianza di un suo periodo artisticamente felice a distanza di ormai un paio di anni dall’ultimo lavoro in studio e, di fatto, l’album riesce, con i suoi arrangiamenti asciutti e le sue atmosfere intime e inquiete, a trasmettere benissimo il carisma di Saporiti, il fascino della sua voce e l’intensità poetica delle canzoni. Una bella testimonianza del talento di un artista di spessore che si muove ormai da diversi anni, con eccellenti risultati, nel nostro sottobosco musicale.

Roberto Bonfanti
[scrittore e artista]

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