Hanno segnato la storia della musica, ispirato migliaia di giovani artisti, rivoluzionato il genere rock, ma non solo. Grazie al loro successo e alla fortissima copertura mediatica, i Beatles hanno ispirato e influenzato lo stile di un’epoca. Si pensi all’abito nero o al taglio a caschetto: come la loro musica, anche il loro stile immediatamente riconoscibile ha fatto la storia, tanto da rimanere impresso nell’immaginario collettivo ancora oggi.
Moda e musica sono sempre state due forme d’arte in grado di influenzarsi a vicenda: quello dei Fab Four è uno degli esempi più tangibili di questo rapporto. Dati i dieci intensissimi anni di carriera, non è possibile però codificare in modo univoco il loro stile; così come la loro musica, anche l’abbigliamento ha subito un’evoluzione, una crescita, forse anche un processo di liberazione. A partire dalle prime esibizioni ad Amburgo del 1960 fino ad arrivare all’ultimo celebre concerto del 1969, è possibile delineare quattro – o meglio cinque – fasi distinte dello stile della band.
FASE ZERO – The Hamburg days (1960 – 1962)
17 agosto 1960: una nuova band – formata dai giovanissimi John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Pete Best e Stuart Sutcliffe – si esibisce sul palco dell’Indra Club di Amburgo. Questo è il primo di 281 concerti, lunghi, estenuanti e sottopagati, ma che saranno fondamentali per la loro crescita artistica e personale.
Questi però non sono i Beatles che conosciamo oggi, sia per quanto riguarda la formazione che l’abbigliamento. La band si presentava sul palco indossando t-shirt, polo, stivali da cowboy e giacche di pelle nera; il primo a adottare il chiodo fu il bassista, Stuart Sutcliffe, prendendo spunto dallo stile della sua fidanzata, Astrid Kirchherr, nota per essere sempre vestita con abiti di pelle. Ben presto anche gli altri membri del gruppo seguirono le sue orme, restituendo al pubblico un’immagine coesa e precisa, che ben si addiceva alla loro musica e alla loro attitudine sfrontata. Fino a quel momento, infatti, la giacca di pelle era indossata dai personaggi ribelli interpretati da James Dean e Marlon Brando.
Camminando per le strade di Liverpool già si potevano notare i primi risultati di questo periodo di gavetta: tantissimi ragazzini avevano cominciato a indossare il chiodo, imitando lo stile della band. I Beatles hanno inserito nell’immaginario rock la giacca di pelle come simbolo di ribellione, adottato da decine di band negli anni successivi.
Dopo due anni di intensissimo lavoro i Beatles decidono di tornare a Liverpool. Dal 1962 iniziano a fare sul serio: assumono Brian Epstein, al tempo rivenditore di dischi ed elettrodomestici, come loro manager, che, grazie alle sue conoscenze, riuscirà a concludere un contratto discografico con la EMI Production Music. Nelle loro prime prove nella sala d’incisione di Abbey Road riconosciamo la vera formazione dei Fab Four: John Lennon e George Harrison alla chitarra, Paul McCartney al basso e Ringo Starr alla batteria; infatti, su richiesta del produttore George Martin, Pete Best era stato sostituito prima ancora di iniziare a incidere.
Brian Epstein però non si era limitato a introdurre la band sul mercato musicale: il progetto Beatles era stato curato nel minimo dettaglio, a partire dalla loro presenza sul palco, dall’approccio ai media – naturale, ironico ma al tempo stesso sfrontato – fino ad arrivare alla loro immagine.
A quell’epoca suonavano nei locali di Liverpool con vestiti piuttosto sciatti, giacche di pelle nera e jeans, e si presentavano sul palco in modo disordinato, ma si divertivano da morire. Non credo che si sarebbero presi la briga di cambiare, perché i giovani inesperti non sono molto bravi a presentarsi come si deve nei luoghi giusti.
Il manager li aveva quindi trascinati dal sarto inglese Ben O’Don, che confezionò la loro prima uniforme: i Beatles nelle loro canzoni, così come nelle loro diverse apparizioni, facevano trasparire una fortissima sinergia, che doveva essere riproposta anche a livello estetico, attraverso l’abbigliamento e il taglio di capelli, rigorosamente a caschetto con frangia. Restituivano al pubblico un’immagine pulita: completo sartoriale con giacca e pantalone – in nero o colori neutri – e camicia bianca.
La copertina del loro primo album, Please Please Me, pubblicato il 22 marzo del 1963, sancisce questa prima fase. Ma perché adottare un’immagine così pulita e raffinata per uno dei gruppi rock più rivoluzionario di sempre? Il loro stile era ispirato alla sub-cultura mod – abbreviativo di modernism – nata negli anni Cinquanta e spopolata in Inghilterra nel decennio successivo. I ragazzi mod ascoltavano musica soul, jazz e R&B ed erano contraddistinti da un look curato e innovativo. In questo modo, non solo parlando ma anche vestendosi come “uno di loro”, la band era in grado di raggiungere la nuova generazione in modo più diretto e genuino.

FASE DUE - Help! (1964 – 1966)
Nel 1963 esplode la Beatlemania. Tutti impazzivano per quei quattro ragazzi così giovani, naturali e sfrontati. Erano sui giornali, nelle televisioni, nelle radio inglesi e non solo. Parte della loro popolarità era dovuta alle tournée, organizzate prima nelle città inglesi e scozzesi e successivamente in altre capitali europee – tra le quali anche Roma – e non, come New York e Tokyo.
Per la band sono stati tre anni molto intensi, dai quali ne sono usciti esausti; oltre alle tournée in giro per il mondo si erano dedicati anche alla registrazione di due film – A Hard Day's Night e Help! – e all’incisione di tre nuovi album: Beatles for Sale, Help! e Rubber Soul. In questi lavori traspare tutta la loro stanchezza e necessità di scrivere musica diversa, non più pop e leggera – atta ad attirare il pubblico – ma più seria e vicina al loro personale punto di vista sul mondo.
Più la loro musica e i loro testi si facevano profondi, così anche il loro stile diventava rilassato e informale. Il codice estetico si stava sempre più allontanando dall’immagine fresca e pulita da boy band. Infatti, a partire dal 1965 abbandonano il completo sartoriale: mantenendo sempre una certa coordinazione, ognuno di loro si era orientato verso un look casual composto da jeans, dolcevita e giacca in camoscio o cotone. Bisogna ricordare che, così come i Beatles, anche molti altri giovani si stavano avviando a uno stile più rilassato, rompendo con le generazioni precedenti e rivoluzionando in pochi anni il codice d’abbigliamento dell’epoca, meno legato al capo sartoriale, ma più orientato verso i prodotti industriali, quali jeans e t-shirt.

Questo primo passo verso uno stile più casual e informale ha posto le basi per la terza fase, durante la quale i Beatles si sono sentiti liberi di sperimentare, sia a livello musicale che d’immagine. I quattro componenti del gruppo hanno passato due interi anni negli studi di registrazione, dando alla luce quelli che da tutti sono considerati i massimi capolavori dei Beatles: Revolver, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e Magical Mystery Tour. Sono anni di rinnovamento e sperimentazione: nei testi, in cui vengono approfondite tematiche importanti – quali le tasse, la politica e la morte – ma anche nelle sonorità, che si arricchiscono di strumenti indiani e artifici, dati dalla riproduzione di nastri al contrario. I Beatles sono finalmente liberi di esprimersi, senza filtri né condizionamenti da parte del mercato discografico.
La band, durante questo periodo di libertà, riproponeva anche a livello visivo le suggestioni orientali, avvicinandoli sempre più al mondo hippie, del quale si erano fatti portavoce con il loro inno All You Need Is Love. Ogni look era un’esplosione di colori: camicie fiorate in seta, pattern psichedelici ed etnici – come il Paisley persiano – tuniche, caftani, completi dalle tinte sgargianti. Ogni componente si stava riappropriando della propria personalità anche a livello stilistico; alcuni avevano abbandonato il taglio a caschetto, altri portavano barba e baffi. Ognuno di loro declinava in modo personale lo stile hippie, attraverso capi, materiali e fantasie diverse. Infatti, è proprio in questi anni che John Lennon adotta i suoi iconici occhiali da vista tondi.

FASE QUATTRO – Abbey Road (1968 – 1970)
Questo processo di riappropriazione della propria individualità a livello musicale raggiunge il suo apice in White Album, pubblicato nel 1968 a seguito di un viaggio a Rishikesh, in India. Mai come prima un disco dei Beatles era stato composto da canzoni così diverse: in ogni brano era riconoscibile la cifra stilistica del suo autore. La musica rifletteva la progressiva perdita di coesione tra i membri, dovuta dalle tensioni create all’interno della band derivate delle loro diverse prospettive. In fondo non erano più dei diciottenni, ma uomini adulti, ognuno con la propria individualità.
Nasce così il bisogno di un “ritorno alle origini”. L’idea era di incidere pezzi più sinceri e spontanei, raccolti in due album: Get Back, che verrà recuperato nel 1970 e pubblicato sotto il nome di Let It Be, e lo storico Abbey Road, l’ultimo realizzato prima dello scioglimento definitivo.
Ancora una volta, il loro percorso artistico ha influenzato la loro immagine. Ognuno aveva sviluppato un suo stile personale: John Lennon portava capelli lunghi, occhiali tondi e grossi cappelli, Paul McCartney era contraddistinto da completi sartoriali e da un’immagine pulita, George Harrison in abiti casual – come i pantaloni a zampa di elefante e blue jeans - e Ringo Starr indossava capi più eleganti, a tratti dandy. La necessità di tornare alle origini si dimostrava anche nella scelta degli abiti e nel codice estetico, più ordinato e composto rispetto agli anni passati.
Quest’ultima fase ha segnato l’inizio di un nuovo percorso per ogni componente della band, che negli anni ha potuto sperimentare e sviluppare una propria personalità, sia attraverso la musica che con la moda. Nonostante il progetto musicale dei Beatles sia durato solo dieci anni, il loro è stato un percorso intenso, ricco di sperimentazioni e influenze diverse, che ha segnato per sempre la storia della musica, ma non solo.
Di: Nadia Mistri
Blog: Rocktargatoitalia.eu
Credits: Copertina - Immagine 1 - Immagine 2 - Immagine 3